Nel Sahel il fervore rivoluzionario e la retorica non bastano a risolvere i problemi finanziari dei paesi membri dell’AES. Per questo motivo, i governi di transizione di Mali, Niger e Burkina Faso stanno esplorando fonti alternative di finanziamento. In particolare, Mali e Burkina Faso stanno sondando la possibilità di un’adesione ai BRICS, segnalando questa intenzione alla Russia. Il ministro degli Esteri maliano, Abdoulaye Diop, ha manifestato l’interesse di Bamako a unirsi al blocco delle economie emergenti in un’intervista all’agenzia russa “Novosti”, precisando però che non è stata ancora presentata una richiesta formale. In seguito, il primo ministro del Burkina Faso, Kyelem de Tambela, ha espresso una volontà simile all’ambasciatore russo a Ouagadougou, Igor Martynov, affermando che l’adesione ai BRICS potrebbe aiutare a “contrastare il dominio del dollaro e dell’euro” e a favorire “un commercio internazionale più equo”. Tuttavia, queste dichiarazioni sembrano più espressione di speranze o di un eccessivo ottimismo verso i BRICS, legate soprattutto al desiderio dei paesi dell’AES di ottenere maggiore prestigio internazionale e di rafforzare la cooperazione, in particolare per i finanziamenti – obiettivo, questo, che potrebbe rimanere insoddisfatto.
Parallelamente, i paesi dell’AES stanno adottando strategie alternative di finanziamento, come la pressione sulle compagnie minerarie. Un esempio di questa tendenza è stato il fermo temporaneo di alcuni dipendenti della compagnia canadese Barrick Gold. Le autorità maliane non hanno fornito spiegazioni pubbliche per il fermo, che si è risolto attraverso trattative riservate tra il governo e l’azienda. Barrick Gold aveva criticato l’introduzione del nuovo codice minerario voluto dal governo di transizione, che consente allo stato di ottenere fino al 30% dei ricavi dai progetti minerari. La compagnia detiene l’80% delle società che gestiscono il complesso minerario di Loulo-Gounkoto, al confine con il Senegal, e aveva già segnalato divergenze con il governo. Il caso Barrick Gold evidenzia la necessità del Mali di reperire liquidità, esigenza condivisa dai governi di Niger e Burkina Faso, anche a fronte dei debiti che Bamako ha dovuto contrarre per finanziare i servizi di base e per pagare i servizi dell’Africa Corps (ex Wagner Group).
Il Ciad, invece, ha intrapreso un percorso più agevole verso la stabilizzazione del debito pubblico, grazie al sostegno emiratino. Il governo di N’Djamena ha ottenuto un prestito di 300 miliardi di franchi CFA (circa 500 milioni di dollari) dall’Abu Dhabi Development Fund. Il presidente ciadiano Mahamat Déby ha annunciato l’accordo dopo un viaggio negli Emirati Arabi Uniti, dove ha incontrato il presidente Mohammed bin Zayed. Questo prestito, uno dei più significativi nella storia del Ciad, rappresenta il 15% del budget nazionale per il 2024 e gode di condizioni particolarmente favorevoli, con un tasso d’interesse dell’1% e una durata di 14 anni. Questo finanziamento certifica l’importanza strategica del Ciad per gli Emirati e premia la strategia di riduzione del debito intrapresa dal governo Déby, orientata verso l’adesione al Common Framework del G20 e che ha già portato alcuni importanti risultati in tal senso. Resta da vedere quanto il governo ciadiano riuscirà a impiegare efficacemente il prestito. Il piano di N’Djamena, infatti, è ambizioso e prevede la costruzione di infrastrutture chiave e il miglioramento dei servizi di base, ma comporta anche un alto rischio di corruzione e disfunzioni amministrative che potrebbero comprometterne il successo nel lungo termine.
Sul fronte dell’insurrezione armata, il mese ha visto l’intervista di Hamadoun Kouffa, uno dei leader del JNIM e capo della katiba Macina, una brigata del gruppo qaedista composta prevalentemente da esponenti Peul. Le parole di Kouffa evidenziano cambiamenti significativi nelle dinamiche dell’insurrezione nell’ultimo anno. Innanzitutto, la repressione operata dal governo di transizione e dal Wagner Group ha spinto parte della popolazione a sostenere il JNIM, soprattutto nel centro e nel nord del Mali. Kouffa ha inoltre dichiarato che il JNIM sta estendendo le sue azioni verso i paesi costieri dell’Africa occidentale, in particolare Ghana, Togo e Benin. Kouffa ha affermato che il JNIM è disposto a negoziare con i governi del Sahel e con “chiunque lo desideri”, precisando però che l’applicazione della Shari’a
rimane un requisito fondamentale per il gruppo. Le sue parole riflettono un aggravamento dell’insurrezione, che ormai si sviluppa su due fronti: nel centro, dove i gruppi jihadisti combattono contro il governo di Bamako e i mercenari russi, e nel nord, dove i gruppi armati tuareg hanno già respinto due offensive delle forze governative.
Dinamiche e conseguenze alla luce della battaglia in Mali. L’analisi di Giorgio Cella
Negletti dai governi del Sahel, i Peul trovano nella militanza jihadista uno strumento di protesta. Per ogni stato della regione la combinazione tra politiche e dinamiche del conflitto produce risultati diversi. Così l’etnia meno politica diventa quella geopoliticamente più rilevante
L’attuale fragilità del Mali rischia di aumentare il grado di instabilità della regione. L’analisi di Alessandro Giuli
Capo di stato | Colonnello Assimi Goïta |
Capo del Governo | Choguel Kokalla Maïga |
Forma Istituzionale | Repubblica Semipresidenziale |
Capitale | Bamako |
Potere Legislativo | Assemblea Nazionale unicamerale (147 seggi) |
Potere Giudiziario | Corte Suprema (composta da 19 membri organizzati in 3 camere civili e una camera penale); Corte costituzionale (composta da 9 membri) |
Ambasciatore in Italia | Aly Coulibaly |
Area Totale | 1.240.192 km2 |
Terra | 1.220.190 km2 |
Clima | Da subtropicale ad arido; caldo e secco (da febbraio a giugno); piovoso, umido e mite (da giugno a novembre); fresco e secco (da novembre a febbraio) |
Risorse Naturali | Oro, fosfati, caolinite, sale, calcare, uranio, gesso, granito, energia idroelettrica, bauxite, minerale di ferro, manganese, stagno e depositi di rame sono conosciuti ma non sfruttati |
Sintesi Economica | L’economia del paese dipende dall'estrazione dell'oro e dalle esportazioni agricole per le entrate; il cotone e l'oro costituiscono circa l'80% dei proventi delle esportazioni; circa l'80% della forza lavoro è impegnata nell'agricoltura e nella pesca; è fortemente dipendente dagli aiuti esteri |
Pil | $19.14 miliardi (Dic. 2021) |
Pil pro capite (Parità di potere di acquisto) | $2228 (Dic. 2021) |
Esportazioni | $5.05 miliardi (2020) |
Export partner | Emirati Arabi Uniti 58.4%, Svizzera 29.7%, Australia 5.61%, Burkina Faso 0.83% (2020) |
Importazioni | $3.86 miliardi (2020) |
Import partner | Senegal 21.4%, Cina, 12.1%, Francia 10.4%, Emirati Arabi Uniti 6.06%, India 4.35% (2020) |
Interscambio con l'Italia | $ 68,5 milioni (2021) |
Popolazione | 20.741.769 (2022 est.) |
Tasso di crescita della popolazione | +2,95% (2022 est.) |
Etnie | Bambara 33,3%, Fulani (Peuhl) 13,3%, Sarakole/Soninke/Marka 9,8%, Senufo/Manianka 9,6%, Malinke 8,8%, Dogon 8,7%, Sonrai 5,9%, Bobo 2,1%, Tuareg/Bella 1,7%, altri maliani 6% |
Lingue | Francese (ufficiale), Bambara 46,3%, Peuhl/Foulfoulbe 9,4%, Dogon 7,2%, Maraka/Soninke 6,4%, Malinke 5,6%, Sonrhai/Djerma 5,6% |
Religione | Islamica 93,9%, Cristiana 2,8%, Animista 0,7% |
Urbanizzazione | 45,4% (2022) |
Alfabetizzazione | 35.5% (2022) |
Indipendente dal 1960, la Repubblica del Mali è uno stato dell’Africa Occidentale. Confina a nord con l’Algeria, a est con il Niger, a sud-est con il Burkina Faso, a sud con la Costa d’Avorio, a ovest con il Senegal, a sud ovest con la Guinea, e a nord-ovest con la Mauritania. La popolazione ammonta a circa 20 milioni di persone, divisa in nove gruppi etnici circa. La lingua ufficiale è il francese.
Il Mali è un paese cerniera tra l’Africa sub-sahariana e il Maghreb, da secoli attraversato da rotte commerciali di importanza strategica non solo per il commercio interafricano e dell’area del Mediterraneo Allargato. Il proliferare dei traffici illeciti nell’area, insieme all’esacerbarsi delle tensioni interetniche nel paese, è sfociato nella guerra civile del 2012, i cui effetti destabilizzanti si sono propagati in tutta la regione del Sahel.
L’interscambio tra Italia e Mali è stimato in 68 milioni di euro nel 2021. Nel 2017, il Ministero dell’Ambiente Italiano ha avviato una cooperazione con la repubblica del Mali per il contrasto al cambiamento climatico. A causa del conflitto armato in corso e della presenza di importanti flussi migratori che dalla Libia sfociano direttamente nel canale di Sicilia, il Mali ricopre una rilevanza strategica per la sicurezza dell’Italia.