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La geografia e le potenzialità di Expo 2020

Expo 2020 Dubai sarà la prima Esposizione dell’area MENASA (Middle East, North Africa and South Asia), accenderà i riflettori sul potenziale di un’area del mondo che conta circa 2,3 miliardi di persone e su una geografia di 192 Paesi partecipanti.

Era il 27 novembre 2013 quando, durante la 154° Assemblea Generale del Bureau International Des Expositions (BIE), gli Emirati Arabi Uniti, con una vittoria schiacciante su Brasile, Russia e Turchia, che avevano candidato rispettivamente San Paolo, Ekaterinburg e Izmir, si sono aggiudicati la 170° edizione dell’Esposizione Universale, con il claim ‘Connecting Minds, Creating the Future’. Expo 2020 Dubai sarà la prima Esposizione dell’area MENASA (Middle East, North Africa and South Asia), accenderà i riflettori sul potenziale di un’area del mondo che conta circa 2,3 miliardi di persone e su una geografia di 192 Paesi partecipanti. Per la prima volta, infatti, e per volontà degli organizzatori, ogni singolo Paese avrà un proprio padiglione, vetrina del meglio da esibire.

Passeggiare tra i Padiglioni di Expo 2020 Dubai, sarà, dunque, un utile esercizio per misurare le ambizioni degli Emirati Arabi e leggere in filigrana le dinamiche geopolitiche lungo il filo degli avvenimenti che si sono inanellati negli otto anni trascorsi dal giorno della vittoria. Nel distretto dell’Opportunità (uno dei tre grandi temi conduttori, insieme a Mobilità e Sostenibilità), oggi non passano inosservati, ad esempio, i Padiglioni di Qatar e Israele. In questo lasso di tempo, come noto, si è consumata la crisi aperta nel 2017 da Arabia Saudita, Emirati Arabi e Bahrein, insieme all’ Egitto, e relativa interruzione delle relazioni diplomatiche che ha colpito il Qatar fino alla Dichiarazione di inizio anno di Alula. Nel 2019, inoltre, gli Emirati Arabi hanno proclamato l’anno della Tolleranza, che ha fatto da cornice al viaggio di Papa Francesco ad Abu Dhabi, prima visita di un Pontefice nella Penisola Arabica, e ha preparato, anche a livello di sensibilità collettiva, le con-dizioni per gli Accordi di Abramo, premessa alla normalizzazione delle relazioni tra Israele, Emirati Arabi Uniti e altri paesi del Golfo.

Il Padiglione Italiano si trova invece tra i distretti di Opportunità e Sostenibilità, tema cruciale di Expo 2020 Dubai e dell’Agenda emiratina, determinata ad accordare il mantra della diversificazione economica nazionale al trend globale della transizione energetica. È anche a questo che contribuiscono le major italiane dell’energia presenti nel Paese coinvolte nel processo di conversione. E vale la pena ricordare che in questi ultimi anni, gli Emirati hanno dato vita ad alcuni dei più grandi solar park al mondo e hanno scommesso anche sull’energia nucleare con il Barakah nu-clear power plant, l’impianto a zero emissioni di carbonio, la cui seconda unità è appena stata col-legata alla rete elettrica. Nel 2015, inoltre, nell’eco-città di Masdar City, alle porte di Abu Dhabi, è sorto il quartier generale dell’IRENA, l’Agenzia internazionale delle Energie Rinnovabili, prima organizzazione intergovernativa che ha sede in Medio Oriente, presieduta, peraltro, dall’italiano Francesco La Camera. Senza contare che quest’estate, instancabili tessitori diplomatici, gli Emirati hanno anche formalizzato la propria candidatura per ospitare la COP28 (UN Conference on Cli-mate Change) nel 2023, dopo l’Egitto che si è proposto per la COP27 il prossimo anno.

Oggi gli Emirati estendono la loro influenza dal choke-point di Hormuz a quello di Bab el-Mandeb, attraverso cui transitano rispettivamente il 20% e il 4% di barili di greggio al giorno, dal Corno d’Africa alle terre libiche, e rafforzano sempre più le sinergie con la Cina, principale acquirente di petrolio nella regione e interlocutore di primo piano nel settore cruciale dell’intelligenza artificia-le. E in questi otto anni anche il volto degli Emirati è cambiato. Ad Abu Dhabi, Saadiyat Island, la cosiddetta “isola del soft power emiratino”, colleziona senza sosta simboli iconici delle connessioni internazionali, dalla cupola del Louvre alla New York University, alle scuole internazionali (sono 725 quelle distribuite su tutto il territorio nazionale, settore in cui gli Emirati sono leader mondiale), al Guggenheim che è in costruzione, così come l’Abrahamic House: una moschea, una chiesa, una sinagoga frutto del Documento sulla Fratellanza Umana firmata nel 2019 da Papa Francesco e dal Grande Imam Ahmed Al-Tayeb. Sei anni fa a Dubai è sorta l’Agenzia spaziale Emiratina che ha tenuto a battesimo il lancio della sonda Al-Amal verso l’orbita di Marte. E pro-rio in questi giorni, un articolo del The National, principale quotidiano nazionale, forse anche per effetto della suggestione retorica del Giubileo d’Oro che cade proprio quest’anno, domanda malizioso se Expo Dubai non farà del Burj Khalifa la nuova tour Eiffel, quale erede della Legacy storica dell’Esposizione Universale.

Insomma, da quel “lontano” novembre del 2013 tanta acqua è passata sotto i ponti. E il recovery dalla pandemia (previsto dal Ministero dell’Economia fino al 4% nel 2021) vuole correre veloce, di pari passo con un continuo rafforzamento dello stance diplomatico. Non è passato inosservato, in-fatti, che nelle ore in cui andava in scena la crisi dei sottomarini nucleari Aukus, il 15 e il 16 set-embre, a due settimane dall’apertura dei cancelli di Dubai, il principe ereditario degli Emirati Mohammed bin Zayed Al Nahyan è volato prima a Parigi e poi a Londra. I comunicati ufficiali han-no riportato note sul rafforzamento della cooperazione (dal Louvre di Abu Dhabi ai tanti dossier economici) in un caso e sull’investimento emiratino di 10 miliardi di sterline (13,8 miliardi di dollari) nel Regno Unito, su un ampio ventaglio di settori, a partire dalle energie rinnovabili, nell’altro. Un beau geste nei confronti dei francesi e un assist importante al governo di Londra, che ha visto erodere fortemente gli investimenti interni dal sì alla Brexit nel 2016. È in quelle ore, tra l’altro, che l’account Twitter di Expo 2020 Dubai immortala a Downing Street il Principe emiratino con il primo ministro inglese Boris Johnson. Al polso il braccialetto verde della Sostenibilità di Expo 2020 Dubai. Quello arancione, simbolo dell’Opportunità, è apparso poco prima nello scatto con Macron. “Don’t put all your eggs in one basket” - ammonisce, in effetti, un vecchio adagio inglese.

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