Siria: il ruolo di Qatar e Arabia Saudita nella riforma di esercito e polizia
La leva finanziaria può aiutare Doha e Riyad ad accrescere la loro influenza nel Levante e, indirettamente, la loro stessa sicurezza. Il punto di Eleonora Ardemagni
Qatar e Arabia Saudita hanno iniziato a contribuire alla riforma del settore militare e di sicurezza della Siria. Un percorso che richiede cautela, date le molte insidie ma anche le opportunità: le monarchie del Golfo lo stanno affrontando guardando, anche, alle esperienze acquisite nel vicino Libano. La prima lesson learned da Beirut è che gli aiuti finanziari possono trasformarsi in un vettore di cooperazione militare e di sicurezza: dal 2022, il Qatar contribuisce al pagamento degli stipendi dei soldati dell’esercito libanese (Lebanese Armed Forces, LAF). Anche a Damasco, il ´nodo stipendi` e, più in generale, il costo economico della Security Sector Reform (SSR) potrebbe offrire alle monarchie del Golfo ulteriori opportunità di cooperazione e influenza nel Levante.
Polizia e sicurezza interna: le mosse qatarine e saudite
In novembre, una delegazione del Ministero degli Interni siriano ha visitato l’Accademia di Polizia del Qatar https://sana.sy/en/politics/2275360/, a margine di una conferenza di settore a Doha. Già in primavera, il ministro degli Interni siriano si era recato nella capitale qatarina per incontrare una delegazione delle forze di sicurezza interne dell’emirato, per discutere del “rafforzamento della cooperazione di sicurezza e di polizia https://www.newarab.com/news/syria-qatar-security-officials-meet-damascus”.
Su questo fronte, anche l’Arabia Saudita si sta muovendo, pur con maggior riserbo di Doha. Dopo aver incontrato il ministro degli Interni saudita a Riyadh, l’omologo di Damasco ha confermato lo stretto coordinamento https://english.aawsat.com/gulf/5160541-syria%E2%80%99s-interior-ministry-stresses-cooperation-saudi-arabia-combat-crime-terrorism d’intelligence nonché di capacity-building con l’Arabia Saudita, in particolare su contrasto al narcotraffico e terrorismo. Nel corso del viaggio a Riyadh per la Future Investment Initiative Conference di ottobre, il presidente Ahmed Al-Sharaa è stato ricevuto dal ministro degli Interni saudita https://english.aawsat.com/gulf/5202475-saudi-arabia-syria-discuss-bolstering-ties-security-cooperation, con il quale ha discusso temi di sicurezza e prospettive di cooperazione.
Riyadh e l’addestramento dell’esercito siriano: contenere la Turchia, consolidare il vantaggio sull’Iran
In ottobre, il ministro della Difesa siriano ha annunciato che ufficiali dell’esercito di Damasco si trovano attualmente in Arabia Saudita https://thearabianmirror.com/saudi-arabia-syrian-officers-training/ per ricevere addestramento avanzato nei college militari del regno. La notizia segue di poche settimane l’accordo di training militare fra Siria e Turchia https://www.reuters.com/world/middle-east/syrians-use-turkish-military-barracks-attend-military-academies-turkish-ministry-2025-10-30/. Secondo l’intesa, Ankara fornirà a Damasco anche supporto tecnico. L’addestramento dell’esercito siriano da parte della Turchia è già iniziato e si svolge in territorio turco, presso basi e caserme delle forze armate di Ankara. Inoltre, un primo gruppo di cadetti siriani viene attualmente formato in accademie militari della Turchia e tra di loro ci sono anche poliziotti https://www.middleeasteye.net/news/syrian-military-cadets-begin-schooling-turkey.
Per Doha e Riyadh, partecipare agli sforzi di riforma dell’esercito e della polizia della nuova Siria significa perseguire obiettivi geopolitici e, insieme, di sicurezza nazionale. Da un lato, cooperare nei settori strategici della difesa e della sicurezza permette a qatarini e sauditi di esercitare influenza a Damasco mediante un comparto-chiave, limitando lo (stra)potere della Turchia, prima alleata di Al-Sharaa. Sul piano regionale, le monarchie del Golfo possono così consolidare la rinnovata influenza nel Levante a discapito dell’Iran e, in parte, della Russia, dopo la caduta del regime siriano di Bashar Al Assad e l’offensiva israeliana contro Hezbollah in Libano. Con uno sguardo, in prospettiva, anche alla’ipresenza di Israele lungo il confine siriano (Golan).
Dall’altro lato, Qatar e Arabia Saudita intendono svolgere un ruolo nella costruzione delle nuove istituzioni della Siria per rafforzare la loro stessa sicurezza, proteggendo i loro confini da due minacce: il terrorismo di matrice jihadista e il traffico di droga. Nelle monarchie del Golfo, in particolare in Arabia Saudita, la lotta alla diffusione di stupefacenti, provenienti soprattutto da Siria e Libano, è diventata una vera priorità di sicurezza nazionale: il captagon, fonte di finanziamento per l’allora potere damasceno e per Hezbollah, fu proprio tra i dossier che spinsero Riyadh a riavviare relazioni diplomatiche con il regime di Assad nel 2023, reintegrandolo nella Lega Araba. In tema di contrasto al terrorismo, le monarchie (compresa la Giordania) condividono un forte interesse al contenimento delle milizie di “Stato islamico” ancora attive in Siria – nonché degli scontri etnici e settari – affinché la transizione siriana porti a una reale stabilizzazione del paese. Infatti, nella prospettiva delle monarchie del Golfo, la stabilizzazione della Siria è funzionale alla cooperazione economica e, indirettamente, alla sicurezza del Golfo stesso.
I costi economici della SSR siriana e la ´lezione` libanese: una leva d’influenza per le monarchie.
In tale contesto, Qatar e Arabia Saudita possono contare su una leva d’influenza per essere determinanti anche nel settore militare e di sicurezza di Damasco: quella finanziaria. Infatti, per la nuova Siria di Al Sharaa, la ricostruzione di esercito, polizia, intelligence e forze di sicurezza comporta, e comporterà, ingenti risorse finanziarie. Infatti, l’integrazione dei tanti miliziani nelle forze regolari dello Stato, oppure la legalizzazione di alcuni gruppi armati come forze regolari o paramilitari, o il ritorno degli ex combattenti alla vita civile, sono scenari accomunati da costi economici importanti.
Il tema della sostenibilità finanziaria della SSR https://www.ispionline.it/en/publication/security-sectors-mena-economics-governance-crisis-35920, spesso sottovalutato nei ragionamenti sul disarmo dei gruppi armati, è un punto dirimente. Lo è, in particolare, nel caso attuale della Siria. Infatti, il nuovo potere di Damasco ha fin qui proceduto a istituzionalizzare https://www.iiss.org/research-paper/2025/10/from-fragmentation-to-integration-prospects-for-security-sector-reform-in-post-assad-syria/ sotto il Ministero della Difesa molti dei gruppi armati attivi, invece di procedere all’integrazione degli ex combattenti su base individuale: un percorso, quest’ultimo, più complesso ma teoricamente più efficace per costruire un esercito coeso e professionale. Sebbene i fattori che concorrono alla riuscita del processo di SSR siano molti, la ´tenuta` istituzionale di un esercito, in una società frammentata e in presenza di attori armati non statali come nel caso siriano, dipende anche dalle risorse economiche a disposizione.
A questo proposito, le monarchie del Golfo posso trarre insegnamento dall’esperienza di supporto all’esercito del vicino Libano. Mediante gli aiuti finanziari e alimentari alle LAF, il Qatar si è ritagliato un ruolo-chiave nelle dinamiche politico-militari libanesi, pur non occupandosi direttamente di addestramento/formazione. Infatti, dal 2022 Doha contribuisce al pagamento degli stipendi dei soldati libanesi, a cui lo Stato non riusciva più a garantire salario e sostentamento quotidiano data la profonda crisi finanziaria di Beirut. Inoltre, dal 2021 l’emirato degli Al Thani fornisce mensilmente aiuti alimentari alle LAF https://www.reuters.com/world/middle-east/qatar-supports-lebanons-army-with-60-million-state-news-agency-2022-06-30/. Per esempio, in aprile, dopo la visita a Doha del presidente libanese Joseph Aoun, il Qatar ha donato https://www.thenationalnews.com/news/gulf/2025/10/09/lebanons-army-chief-visits-qatar-for-talks-on-military-co-operation/ all’esercito libanese 162 veicoli militari e 60 milioni di dollari per il pagamento degli stipendi dei soldati.
Anche l’Arabia Saudita è pronta a riaffacciarsi sulla scena della diplomazia militare per il Libano, consapevole che il rafforzamento dell’esercito di Beirut è un elemento necessario – seppur non sufficiente – al disarmo di Hezbollah. Entro la fine del 2025, Riyadh dovrebbe ospitare una conferenza https://breakingdefense.com/2025/09/as-lebanese-military-prepares-to-disarm-hezbollah-france-supports-saudi-conference/ internazionale, co-presieduta con la Francia, a sostegno delle LAF. Lo sforzo si colloca nel quadro di una precedente iniziativa franco-saudita per l’esercito libanese, che non ha fin qui prodotto risultati concreti. Infatti, nel 2016 l’Arabia Saudita aveva bloccato https://www.bbc.com/news/world-middle-east-35614917 un pacchetto di aiuti militari alle LAF del valore di 3 miliardi di dollari: l’assegno, utile all’acquisto di armi francesi, era stato annunciato nel 2013 per contrastare i gruppi jihadisti attivi sul confine libanese-siriano. Tuttavia, i dubbi derivanti dall’ (allora) persistente forza di Hezbollah, e poi la mancata condanna del governo di Beirut all’attacco contro l’ambasciata saudita a Teheran, avevano arrestato l’iniziativa.
Il ruolo di Qatar e Arabia Saudita in Siria: prospettive
Nel 2025, Qatar e Arabia Saudita hanno iniziato a fornire, con il supporto dello United Nations Development Programme (UNDP), sostegno finanziario al settore pubblico siriano https://www.thenationalnews.com/business/economy/2025/09/25/saudi-arabia-and-qatar-pledge-89-million-to-support-syrias-public-sector/: il primo assegno di 89 milioni di dollari permetterà alla Siria di pagare gli stipendi pubblici per tre mesi. Al momento, l’accordo non copre i lavoratori del settore militare e della sicurezza, ma potrebbe essere utilizzato come modello per il futuro.
Le necessità finanziarie della Siria, insieme al metodo di integrazione ´per gruppi` fin qui seguito da Damasco per ricostruire le forze di sicurezza e difesa, offrono spazi di influenza alle potenze regionali, a cominciare dalle monarchie del Golfo. Su questo fronte, Qatar e Arabia Saudita hanno iniziato a giocare la loro partita strategica in un contesto, quello siriano, competitivo e non privo di incognite.