L’Italia rafforza il partenariato con l’Uzbekistan
Dal 9 all’11 novembre il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha effettuato una visita di stato in Uzbekistan. Nell’incontro a Taskent con il presidente Shavkat Mirziyoyev è stato confermato l’interesse ad approfondire le relazioni bilaterali, elevate nel giugno scorso (in occasione della visita del presidente uzbeko in Italia) al rango di partenariato strategico. Sono stati firmati una serie di accordi nei campi di scienza, tecnologia, sport, innovazione, istruzione pubblica e sull’esenzione dall’obbligo di visto per breve soggiorno per i titolari di passaporto diplomatico. Il partenariato tra Italia e Uzbekistan dovrebbe ora svilupparsi con un dialogo strategico a livello di ministri degli Esteri, potrebbe tenersi la prossima primavera parallelamente a una Conferenza Italia – Asia centrale nel formato “1+5”. Di particolare interesse lo sviluppo infrastrutturale della regione centrasiatica, anche nell’ambito del progetto Global Gateway dell’UE che include l’utilizzo della Trans-Caspian International Transport Route (TITR) o “Corridoio di Mezzo” per il trasporto delle merci tra l’Estremo Oriente e l’Europa evitando il passaggio attraverso la Russia. Si è parlato anche della situazione dell’Afghanistan. Come ha affermato l’ambasciatore d’Italia a Tashkent, Agostino Pinna, l’Uzbekistan ne ha una conoscenza approfondita e “chiede attenzione alla questione umanitaria e sostegno alla sua posizione pragmatica, ben sapendo che il prossimo anno l’Italia avrà la presidenza di turno del G7”. Il presidente Mattarella ha concordato sulla necessità che l’Afghanistan “non sia dimenticato”, ribadendo la preoccupazione dell’Italia per la situazione dei diritti umani e in particolare per la condizione delle donne sotto il regime dei talebani. Prima di visitare due città simbolo dell’antica Via della Seta, Samarcanda e Khiva, il presidente è intervenuto alla sessione conclusiva del seminario “Direzione 4.0: collaborazione tra Istruzione e Innovazione per la Trasformazione dell’Industria dell’Uzbekistan” alla Turin Polytechnic University in Tashkent – l’università nata nel 2009 dalla collaborazione tra il Politecnico, UzAvtosanoat (il principale gruppo automobilistico del paese), General Motors e il Ministero dell’Istruzione Superiore uzbeko con l’obiettivo di formare ingegneri qualificati con gli stessi standard del Politecnico in Italia e sostenere lo sviluppo industriale dell’Uzbekistan.
Riuniti ad Astana e a Tashkent i vertici di OTS e ECO
Il 3 novembre si è svolto ad Astana il decimo summit dell’Organizzazione degli Stati Turchici (Organization of Turkic States – OTS), nata nel 2009 tra i paesi turcofoni, che attualmente conta quali membri permanenti la Turchia, l’Azerbaigian, il Kazakistan, il Kirghizistan e l’Uzbekistan, e come osservatori il Turkmenistan, l’Ungheria e l’autoproclamata Repubblica Turca di Cipro del Nord (la cui soggettività internazionale è stata riconosciuta dalla sola Turchia). Il presidente del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev ha presieduto il Consiglio dei Capi di Stato dell’organizzazione, al quale hanno partecipato i presidenti Recep Tayyip Erdoğan della Turchia, Shavkat Mirziyoyev dell’Uzbekistan, Ilham Aliyev dell’Azerbaigian, Sadyr Japarov del Kirghizistan, il primo ministro dell’Ungheria Viktor Orbán, l’ex presidente del Turkmenistan Gurbanguly Berdimuhamedow (padre dell’attuale presidente Serdar e definito ufficialmente “Protettore” del paese) e il segretario generale Kubanychbek Omuraliev. Le parti hanno espresso la volontà di rafforzare la collaborazione nei fora internazionali e nei settori legati alla sicurezza, con un più stretto legame tra le rispettive forze armate e industrie della difesa, oltre che nel contrasto al terrorismo, al traffico di stupefacenti e alle migrazioni illegali. Si è discusso di come migliorare la cooperazione anche in vari altri campi, fra i quali quello economico-commerciale e degli investimenti, con un’attenzione particolare ai progetti infrastrutturali e logistici (come il “Corridoio di Mezzo”), e si è concordato di promuovere maggiormente il comune patrimonio linguistico e culturale turcico. Infine, è stato deciso di concedere lo status di osservatore alla Economic Cooperation Organization (ECO), che oltre agli stati turchici comprende Iran, Pakistan e Afghanistan (la cui partecipazione è di fatto sospesa dal ritorno al potere dei talebani). A sua volta, il 9 novembre l’ECO ha tenuto a Tashkent il suo sedicesimo summit. Rappresentate dai capi di stato o di governo, le parti hanno discusso la cooperazione economica intraregionale, con un’attenzione specifica sui settori commerciale, dei trasporti, infrastrutturale, energetico, industriale, IT, agricolo, della protezione dell’ambiente e delle risorse idriche. Rispetto all’assenza dell’Afghanistan dal vertice, è stata evidenziata l’opportunità di “non lasciare solo il paese di fronte ai problemi odierni” e di “coinvolgerlo attivamente nel processo di integrazione regionale”.
In Kazakistan e Uzbekistan l’inviato speciale dell’UE sulle sanzioni
Il 28 novembre l’inviato speciale dell’Unione Europea per l’attuazione delle sanzioni, David O’Sullivan ha discusso ad Astana con membri del governo del Kazakistan la necessità che non vengano eluse le sanzioni imposte alla Federazione Russa. O’Sullivan ha notato cambiamenti positivi rispetto alla sua visita nel paese dell’aprile scorso, con una diminuzione di alcune merci riesportate in Russia ritrovate sul fronte di guerra, ma ha avvertito che la quantità di riesportazione di altri beni a duplice uso è aumentata. Il vice primo ministro del Kazakistan, Serik Zhumangarin, ha ammesso che sono state effettuate riesportazioni verso la Russia e ha affermato che più di un centinaio di merci sono state poste sotto controllo speciale. Come ha dichiarato O’Sullivan, mentre l’UE rispetta la decisione di stati terzi di non allinearsi alle sanzioni, “è anche vero che per paesi come il Kazakistan, che desiderano commerciare con l’UE e attrarre investimenti, acquisire notorietà come luogo per eludere le sanzioni non fa bene alla reputazione, o alla probabilità che vi si voglia investire”. La riesportazione dal Kazakistan verso la Russia di prodotti utilizzati per armi, tra i quali circuiti integrati, chip, schede di memoria e lettori ottici, ha un valore di circa 200 milioni di euro l’anno. L’obiettivo dell’inviato speciale è discutere con i diversi paesi “come possono evitare che la loro giurisdizione venga utilizzata come piattaforma per l’elusione delle sanzioni, o per servire il complesso industriale militare russo”. Il 29 novembre O ’Sullivan ha visitato l’Uzbekistan, dove ha ribadito la posizione dell’UE in materia. Mentre nessuna sanzione verrà adottata nei confronti dei due paesi, dovrebbero essere sanzionate alcune aziende, come le società kazake Aspan Arba (che ha acquistato droni dall’estero e li ha inviati alla società russa Skymec, collegata all’industria della difesa russa) e Da Group 22 (che ha esportato in Russia migliaia di microchip) e la società uzbeka Mvizion (operante in elettronica e dispositivi per le telecomunicazioni).
Condannato in Kazakistan cittadino arruolato nel gruppo Wagner
Il Kazakistan ha reso chiaro che i suoi cittadini che partecipino a un conflitto armato in un altro paese come mercenari saranno perseguiti penalmente. Il 15 novembre la Corte d’Appello di Qaraghandy, nel Kazakistan centrale, ha confermato la condanna di un residente locale, Aleksei Shompolov, a sei anni e otto mesi di reclusione per essersi unito al gruppo militare russo Wagner e avere combattuto contro le forze ucraine in maggio a Bakhmut, dove è stato ferito. Shompolov aveva trovato su Internet informazioni su un lavoro ben retribuito in Russia nel marzo di quest’anno, apprendendo poi che avrebbe dovuto combattere in Ucraina nel gruppo Wagner, con una paga mensile di 240.000 rubli (circa 2.400 euro). Arrestato dopo il rientro in Kazakistan, è stato giudicato colpevole di “avere commesso un grave crimine contro la sicurezza e la pace dell’umanità”.
Cooperazione più stretta tra Tagikistan e Iran
L’8 novembre il presidente del Tagikistan, Emomali Rahmon ha ricevuto a Dushanbe l’omologo iraniano, Ebrahim Raisi, discutendo le modalità per rafforzare ulteriormente la cooperazione bilaterale. I due capi di stato hanno siglato 19 memoranda di intesa in ambiti che spaziano dal campo della ricerca, della tecnologia e dell’innovazione al settore logistico ferroviario e commerciale. Nel corso degli ultimi mesi sono state diverse le interlocuzioni di alto livello tra i due paesi: a margine dell’Assemblea Generale dell’ONU di settembre Raisi e Rahmon avevano discusso su come espandere la collaborazione sul versante economico, mentre il 17 ottobre il capo di stato tagiko e il suo ministro della Difesa, Sherali Mirzo, avevano avuto un colloquio con il ministro della Difesa di Teheran, Mohammad Reza Gharaei Ashtiani.
Il Kirghizistan modifica la bandiera
Il 29 novembre il Parlamento del Kirghizistan ha approvato in prima lettura una proposta di legge di modifica del disegno della bandiera nazionale, adottata nel 1992 poco dopo l’indipendenza dall’Unione Sovietica. La bandiera raffigura un sole giallo (che evoca anche il cerchio di congiunzione dei pali e dei listelli alla sommità della tradizionale yurta kirghisa) con 40 raggi su sfondo rosso; ma nel settembre scorso alcuni parlamentari e lo stesso presidente Sadyr Japarov hanno affermato che l’elemento centrale, con i raggi ondulati, era troppo simile a un girasole, che – come in altri paesi la banderuola – nella cultura locale è associato a volubilità e servilismo. Nell’attuale tentativo di rilancio dell’economia del paese, con risorse naturali molto scarse, il nuovo disegno della bandiera con i raggi del sole dritti dovrebbe simboleggiare fermezza e fierezza nazionale.
Corea del Sud e Giappone più presenti in Asia centrale
Il 1° novembre si è svolto in Turkmenistan, ad Ashgabat, un incontro dei ministri degli Esteri del formato di cooperazione “Asia centrale – Repubblica di Corea”, dedicato al tema della “realizzazione dell’enorme potenziale dei giovani nel plasmare un futuro sostenibile”. È stato proposto di considerare le possibilità di formazione congiunta del personale nei programmi di doppia laurea, in particolare sulla conoscenza digitale, creando un centro studentesco internazionale e un istituto per sostenere lo sviluppo e l’introduzione di idee innovative dei giovani. Tra gli obiettivi, l’aumento del potenziale economico della cooperazione, le opportunità logistiche, la formazione di schemi di cooperazione efficaci nei campi di scienza, istruzione, medicina, turismo, protezione ambientale, agricoltura, industria tessile, high-tech e digitalizzazione. Il 20 novembre il presidente del Kirghizistan, Sadyr Japarov ha incontrato a Tokyo il primo ministro giapponese Fumio Kishida, discutendo la cooperazione nelle infrastrutture, nello sviluppo delle risorse umane e nella decarbonizzazione. L’impegno del Giappone è volto anche a ridurre la dipendenza del Kirghizistan dalla Cina e dalla Russia. Quest’ultima mantiene una presenza militare nel paese, in cui circa il 30% del PIL è costituito dalle rimesse dei lavoratori migranti in Russia; mentre la Cina, principale partner commerciale del Kirghizistan, detiene oltre il 40% del suo debito statale, cosa che potrebbe consentire a Pechino di appropriarsi dei diritti sulle infrastrutture in caso di mancato ripagamento. Si prevedono ora maggiori opportunità per i cittadini kirghisi di lavorare in Giappone con un visto specifico e investimenti giapponesi su rotte di trasporto che aggirino la Russia. A metà del 2024 Kishida dovrebbe recarsi in Asia centrale per un vertice della piattaforma “5+1” con il Giappone.
La Francia consolida la presenza in Kazakistan, Uzbekistan e Kirghizistan
All’inizio di novembre il presidente francese Emmanuel Macron ha compiuto una visita di stato in Kazakistan e in Uzbekistan. Ad Astana Macron ha incontrato il presidente del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev, in occasione del quinto anniversario della firma del Trattato di partenariato strategico tra i due stati. Confermando il non allineamento del Kazakistan alla politica estera di Mosca, i presidenti – si legge in una dichiarazione congiunta – “hanno affermato la loro ferma adesione al diritto internazionale e ai principi della Carta delle Nazioni Unite, in particolare il rispetto della sovranità, dell’indipendenza, dell’integrità territoriale e dell’inviolabilità delle frontiere internazionalmente riconosciute da tutti gli stati”, e hanno “espresso profonda preoccupazione sulla situazione in Ucraina, sulle sue conseguenze umanitarie, sulle sue ripercussioni sull’economia mondiale e sulla sicurezza alimentare dei paesi più vulnerabili”. Sono stati firmati contratti nei settori dell’energia, farmaceutico e aerospaziale e una dichiarazione di intenti per un partenariato sulle terre rare e sui metalli rari. Oltre al petrolio, in particolare con il coinvolgimento della compagnia francese TotalEnergies nel progetto del giacimento offshore di Kashagan con il 16,81% delle azioni (come l’ENI), il Kazakistan fornisce alla Francia circa il 40 per cento dell’uranio, mentre la EDF (Électricité de France) dovrebbe costruire nel paese una centrale nucleare. Macron ha poi incontrato il presidente dell’Uzbekistan Mirziyoyev a Samarcanda, dove ha discusso di progetti nel settore dell’agricoltura e dell’uranio e concordato di puntare a un partenariato strategico. La multinazionale Lactalis (primo gruppo lattiero-caseario al mondo) dovrebbe costruire uno stabilimento a Namangan e la società Semmaris una rete di centri logistici agricoli in diverse aree del paese. Dal 9 all’11 novembre ha svolto una visita a Parigi il presidente del Kirghizistan Sadyr Japarov, che ha avuto incontri con il presidente Macron, la direttrice generale dell’UNESCO Audrey Azoulay, il segretario generale dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCDE) Mathias Cormann e i dirigenti di EDF e TotalEnergies. In Kirghizistan EDF dovrebbe partecipare alla costruzione di una centrale idroelettrica sul fiume Chatkal.
Anche il Regno Unito dovrebbe avviare una piattaforma “5+1”
Dopo l’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Federazione Russa, i cinque stati dell’Asia centrale ex sovietici hanno cercato in modo più o meno evidente di ridurre o bilanciare la propria dipendenza da Mosca in vari settori, partecipando a piattaforme diplomatiche nel formato “5+1” con Stati Uniti, Cina, Unione Europea, Corea del Sud, Giappone, India, Germania, Italia e Consiglio di Cooperazione del Golfo. Questo non è ancora accaduto con il Regno Unito, il cui impegno nella regione (nonostante una presenza rilevante) è stato definito dalla Commissione Affari Esteri del Parlamento britannico, nel rapporto su una sua indagine pubblicato il 10 novembre, “persistently inadequate”. Il rapporto chiede che nel 2024 si tenga una riunione “5+UK” e indica 28 raccomandazioni che il governo dovrebbe seguire. Afferma, tra l’altro, la necessità di combattere la disinformazione russa, pur non chiedendo ufficialmente di ripristinare i finanziamenti al BBC World Service nella regione, come avevano proposto diversi esperti auditi durante l’indagine; evidenzia il problema della “cleptocrazia”, che da alcuni ambiti dell’Asia centrale ha toccato i servizi finanziari e legali britannici, e invita a far rispettare le leggi sulla criminalità economica; notando la forte vulnerabilità ai cambiamenti climatici, raccomanda la collaborazione del Regno Unito sull’uso dell’acqua e delle energie rinnovabili; chiede di concorrere a “prevenire le tensioni e l’aumento della violenza nel Gorno-Badakshan” del Tagikistan, di contrastare il lavoro forzato per la raccolta del cotone in Turkmenistan (come era stato fatto per l’Uzbekistan), di sviluppare soft power con l’istituzione di uffici permanenti del British Council in Tagikistan e in Kirghizistan, e di combattere il traffico di droga anche rispetto ai guadagni illeciti derivanti dai legami di organizzazioni criminali con la City di Londra. Nel campo della difesa, il rapporto suggerisce di offrire addestramento alle forze armate della regione quando e dove sia appropriato, ma facendo attenzione al potenziale uso improprio dell’apparato di sicurezza da parte di governi autoritari.
Online l'ottavo report della Fondazione Med-Or dedicato alle regioni del Caucaso e dell’Asia Centrale. Un progetto a cura di Antonio Stango
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Online il settimo report della Fondazione Med-Or dedicato alle regioni del Caucaso e dell’Asia Centrale. Un progetto a cura di Antonio Stango
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Un terremoto devastante ha colpito l’Afghanistan, afflitto da insicurezza e crisi economica. Le possibili ricadute del sisma e i rischi della diffusione nel paese delle organizzazioni terroristiche nell’analisi di Emanuele Rossi
Forma Istituzionale | Regime teocratico (non riconosciuto) |
Capitale | Kabul |
Potere Legislativo | Il regime instaurato dai talebani non ha previsto un ramo legislativo |
Potere Giudiziario | Il regime instaurato dai talebani ha previsto una Corte suprema |
Ambasciatore in Italia | Khaled Ahmad Zekriya |
Area Totale | 652.230 km2 |
Terra | 652.230 km2 |
Clima | Arido con inverni freddi ed estati calde |
Risorse Naturali | Gas naturale, petrolio, carbone, rame, cromite, talco, bariti, zolfo, piombo, zinco, minerali di ferro, sale, pietre preziose, terre arabili |
Sintesi Economica | L’Afghanistan è uno dei paesi più poveri dell’Asia; dopo la salita al potere dei talebani si sono registrati un netto calo delle importazioni e un forte deprezzamento della valuta, oltre alla scomparsa delle riserve della banca centrale e ad un aumento dell’inflazione. Le sanzioni in corso impattano fortemente sul quadro finanziario del paese. |
Pil | $14,58 miliardi (Dic. 2021) |
Pil pro capite (Parità di potere di acquisto) | $1517 (Dic. 2021) |
Esportazioni | $1,059 miliardi (Dic. 2021) |
Export partner | Pakistan 48%, India 19%, Russia 9% (2021) |
Importazioni | $5,109 miliardi (2021) |
Import partner | Pakistan 14%, Russia 13%, Uzbekistan 11%, Iran 9,1%, Cina 9% (2021) |
Popolazione | 34,3 milioni (Dic. 2022) |
Tasso di crescita della popolazione | +2,26% (2023 est.) |
Etnie | Al momento, non sono disponibili dati statistici affidabili sulla composizione etnica nel paese |
Lingue | Persiano afgano o Dari (ufficiale, lingua franca) 77%, Pashtu (ufficiale) 48%, Uzbeko 11%, Inglese 6%, Turkmeno 3%, Urdu 3%, Arabo 1%, Beluci 1% |
Religione | Musulmani 99,7% (sunniti 87,7% circa, sciiti 12% circa), altri 0,3% |
Urbanizzazione | 26,9% (2023) |
Alfabetizzazione | 37,3% |
L’Afghanistan confina con l'Iran a ovest e a sud con il Pakistan, a nord con il Turkmenistan, l'Uzbekistan e il Tagikistan e con la Cina nella sua parte orientale. Con una superficie di circa 652 mila chilometri quadrati e una popolazione di 40 milioni di abitanti, è uno dei paesi più poveri al mondo e il più povero dell’Asia. La capitale è Kabul.
Mosaico etnico, linguistico e religioso di grande complessità e varietà, l’Afghanistan è stato in passato un territorio conteso tra diverse potenze straniere, ma sempre difficilmente conquistabile o controllabile, dato il suo vasto territorio largamente montuoso e impervio. In particolare, nel corso del XIX secolo, fu conteso in una lunga serie di guerre da Gran Bretagna e Russia zarista, vista la sua posizione strategica nel cuore del continente asiatico.
Attualmente il paese è governato da un regime dittatoriale di natura teocratica, guidato dai Talebani, tornati al potere nell’agosto del 2021. Il paese ha vissuto una lunga fase di conflitti dal 1979 fino ad oggi, dall’epoca dell’invasione sovietica, cui seguirono dieci anni di guerra di liberazione, passando poi per il sanguinoso periodo del conflitto civile, tra le diverse fazioni dei mujaheddin, fino alla prima salita al potere dei Talebani, nel 1995, quando fu proclamato l’emirato dell’Afghanistan e il paese divenne anche un safe haven per alcune organizzazioni terroristiche jihadiste come Al-Qaida. A seguito degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, organizzati proprio da Al-Qaida, l’Afghanistan fu teatro di una vasta operazione militare multilaterale, guidata dagli Stati Uniti, mirante a colpire la rete terroristica presente nel paese e sostenere la coalizione del Nord nella liberazione dal regime talebano. A seguito della sconfitta dei Talebani, prese avvio una operazione internazionale guidata dalla NATO, volta a favorire la stabilizzazione del paese, mentre venivano create nuove istituzioni statuali. Al termine dell’operazione, dopo venti anni, e dopo il ritiro occidentale dal paese, i Talebani sono tornati al potere restaurando un regime dittatoriale.
Nel paese permangono ancora sacche di resistenza antitalebana, e soprattutto è attiva e presente l’emanazione locale dell’ISIS, l’ISIS – Khorasan, che agisce in contrapposizione al regime al potere con azioni terroristiche e di guerriglia.
Tutt’ora l’Afghanistan rimane un territorio in gran parte ostaggio di violenze e instabilità, affetto da una gravissima crisi economica, in cui larga parte della popolazione vive in condizioni di povertà estrema.
Nonostante il paese sia dotato di importanti ricchezze naturali e minerarie, in alcuni casi difficilmente sfruttabili data la condizione di arretratezza delle infrastrutture e soprattutto le condizioni estremamente impervie del territorio, agricoltura e pastorizia sono tra le attività principali della popolazione, distribuita nelle diverse zone rurali. Ma la coltivazione dell’oppio, come in passato, è tornata ad essere una delle attività più diffuse e redditizie nel paese, ampiamente controllata dai gruppi armati e dal regime al potere.
Appartenenti alla maggioritaria etnia pashtun, i Talebani hanno dato vita ad un regime caratterizzato da violenza, oscurantismo e intolleranza, oltre che autore di persecuzioni sistematiche verso gli appartenenti a differenti etnie minoritarie e fedi religiose presenti in Afghanistan e dei dissidenti politici, oltre ad aver ridotto i diritti e gli spazi di libertà delle donne.
Al momento pochi sono i paesi nel mondo che hanno relazioni diplomatiche con il regime attualmente al potere, che dal suo insediamento non è stato ancora riconosciuto da molti paesi.