Proseguono gli sforzi delle diplomazie regionali per evitare un conflitto tra Etiopia e Somalia in merito alla disputa sul Mar Rosso. Il governo di Gibuti ha proposto all’Etiopia la gestione diretta del porto di Tadjourah, situato nel nord del paese e già utilizzato da Addis Abeba per l’importazione di alcune materie prime. Questa proposta, come dichiarato dal ministro degli Esteri gibutiano, Mahamoud Ali Youssouf, include anche il controllo di un corridoio stradale recentemente costruito. L’offerta è attualmente al vaglio del governo etiope, che però sembra essere più concentrato sui movimenti in Somalia.
Nel frattempo, in risposta alle tensioni con l’Etiopia, il 14 agosto il Cairo ha inviato i primi due aerei carichi di munizioni e armamenti pesanti nell’ambito dell’accordo di difesa siglato tra Egitto e Somalia. Secondo fonti locali, Egitto e Somalia starebbero anche negoziando il dispiegamento di un contingente militare egiziano, che potrebbe arrivare fino a 10.000 unità. Il governo somalo ha intensificato i toni dello scontro, ipotizzando di sostenere i ribelli Oromo e Amhara contro il governo etiope. In un’intervista all’emittente somala Universal TV, il ministro degli Esteri somalo, Ahmed Moalim Fiqi, ha dichiarato che il paese potrebbe stabilire contatti e fornire sostegno ai gruppi ribelli etiopi, qualora Addis Abeba decidesse di implementare l’accordo con il Somaliland. "L’opzione di avere contatti con ribelli armati in Etiopia è aperta per noi", ha dichiarato Fiqi, pur precisando che al momento non è stata intrapresa alcuna azione in tal senso. Nella stessa occasione, Fiqi non ha escluso la possibilità di contatti con il TPLF, il partito tigrino che ha combattuto Addis Abeba nel 2021. Queste dichiarazioni sono state condannate dall’Etiopia tramite il rappresentante permanente aggiunto presso l’Unione Africana e la Commissione Economica delle Nazioni Unite per l’Africa, Nebiyu Tedla, il quale ha scritto su X che tali atteggiamenti spingono la Somalia verso il baratro.
Nel contesto delle crescenti tensioni con la Somalia, l’insurrezione nella regione etiope dell’Amhara ha raggiunto nuove vette, con l’offensiva del gruppo ribelle FANO contro la città di Gondar. I ribelli hanno attaccato le città di Debark e Dabat, a nord del centro abitato, per poi avanzare verso Gondar stessa, dove sono stati respinti grazie all’uso dell’artiglieria da parte dell’esercito etiope. L’attacco ha causato circa 100 morti e 30 feriti, oltre al rapimento di una quarantina di membri delle forze di polizia di Gondar, secondo quanto dichiarato dallo stato maggiore di FANO, che ha anche negato di aver avviato negoziati con il governo etiope, smentendo quanto affermato un mese fa dal primo ministro, Abiy Ahmed. Dopo aver lasciato il centro abitato, i ribelli si sono attestati a una distanza di dieci chilometri dalla città in una posizione di vantaggio. Questo attacco rappresenta un’escalation, considerando che all’inizio della rivolta, nel 2023, il gruppo armato aveva deciso di abbandonare la città, non ritenendosi in grado di mantenerne il controllo con le forze a disposizione all’epoca. Gli sviluppi recenti potrebbero segnalare una maggiore fiducia dei ribelli nel poter affrontare lo scontro a Gondar.
Anche nella crisi in Sudan si registrano movimenti geopolitici di rilievo. Mentre i negoziati tra le milizie delle RSF e l’esercito regolare rimangono in stallo, il Sud Sudan cerca di utilizzare la leva petrolifera per navigare tra le turbolenze generate dalla guerra dei generali. Il governo di Giuba ha avviato negoziati, durante l’ultimo Forum Cina-Africa (FOCAC) tenutosi a Pechino, per la costruzione di un nuovo oleodotto che colleghi il Sud Sudan al porto di Gibuti, passando per l’Etiopia. Il presidente del Sud Sudan, Salva Kiir, ha ribadito la necessità di un oleodotto alternativo a causa della sospensione del flusso di petrolio dovuta al conflitto in corso in Sudan, che ha già danneggiato parte delle infrastrutture energetiche. In questo contesto si inserisce il Consiglio Sovrano del Sudan. Dopo l’incontro tra Kiir e al-Burhan a margine del FOCAC, il Sud Sudan ha temporaneamente sospeso la vendita di carburante al Sudan per evitare che il greggio finisca nelle mani delle RSF. Successivamente, al-Burhan e Kiir hanno firmato a Giuba un piano congiunto per garantire la sicurezza delle infrastrutture petrolifere.
Scarica il report di settembre 2024Dall’assertività dell’Iran alle tensioni tra gli attori del Corno d’Africa, passando per la pirateria e il terrorismo: il peso degli stretti strategici nella nuova instabilità del quadrante Golfo-Mar Rosso.
Dalla tutela del commercio marittimo alla stabilità del Corno d’Africa: l’importanza delle installazioni militari presenti a Gibuti per la sicurezza marittima del Mediterraneo e dell’Europa.
Capo di stato | Ismail Omar Guelleh |
Capo del Governo | Abdoulkader Kamil Mohamed |
Forma Istituzionale | Repubblica Semi-Presidenziale |
Capitale | Gibuti |
Potere Legislativo | Assemblea nazionale unicamerale (65 parlamentari eletti ogni 5 anni) |
Potere Giudiziario | Corte suprema; Consiglio Costituzionale |
Ambasciatore in Italia | Ayeid Mousseid Yahya (Ambasciatore in Francia, responsabile anche per l'Italia) |
Area Totale | 23,200 km2 |
Terra | 22.980 km² |
Clima | Clima tropicale-desertico sulla costa e al nord, mentre diventa semi-desertico sulle alture centro-meridionali |
Risorse Naturali | Energia geotermale, oro, argilla, granito, calcare, marmo, sale, gesso, diatomite, pomice, petrolio |
Sintesi Economica | L’economia si basa quasi esclusivamente sulle importazioni e sulle attività di servizio collegate alla posizione strategica del porto di Gibuti sul Mar Rosso. Tasso di disoccupazione: 40%. Tasso di disoccupazione giovanile: circa 80% |
Pil | $3,37 miliardi (Dic. 2021) |
Pil pro capite (Parità di potere di acquisto) | $5.394 (Dic. 2021) |
Esportazioni | $4.94 miliardi (DJF 2020/2021) |
Export partner | Etiopia 31.3%, Cina 27.5%, India 10%, Arabia Saudita 9.98%, Egitto 3.2%, Regno Unito 3.8%, Corea del Sud 2.8%, Emirati Arabi Uniti 1.5%, Malesia 1.9% (2020) |
Importazioni | $5.37 miliardi (2020) |
Import partner | Cina 43%, Emirati Arabi Uniti 14%, India 6.2%, Turchia 5.9%, Marocco 4.6%, Indonesia 3.6%, Giappone 1.8% (2020) |
Interscambio con l'Italia | $18.9 milioni (2021) |
Popolazione | 957.273 (2022) |
Tasso di crescita della popolazione | +1,97 (2022 est.) |
Etnie | Somali 60%, afar 35%, altri 5% (soprattutto yemeniti e anche francesi, etiopi, e italiani) |
Lingue | Francese e arabo |
Religione | Islam (94%), Cristianesimo 6% (residenti stranieri) |
Urbanizzazione | 78,4% |
Alfabetizzazione | 70% |
Indipendente dal 1977, Gibuti è uno stato situato nell’Africa Orientale. Bagnato dal Mar Rosso e da Golfo di Aden, confina con Eritrea, Etiopia e con i territori del Somaliland. La popolazione ammonta a circa 900 mila persone e le lingue ufficiali sono l’arabo e il francese.
Gibuti è un piccolo stato dalla posizione strategica, diventato fondamentale per i commerci internazionali e come hub logistico, ma sempre più rilevante anche per la sicurezza nella regione. Infatti, nel tempo è diventato sede di numerose basi militari straniere, tra cui la base italiana (BMIS – Base militare italiana di supporto).
L’interscambio economico con l’Italia ammonta a 18.9 milioni di dollari (2021). Nel 2020 è stato firmato un accordo sulla cooperazione nel settore della difesa, con numerosi obiettivi che interessano direttamente l’Italia e la sicurezza nel Mediterraneo Allargato, in particolare per quanto riguarda la stabilizzazione e la sicurezza della Regione, il consolidamento delle reciproche capacità difensive, il contrasto della pirateria nel Corno d'Africa, nonché lo sviluppo nei settori dell’approvvigionamento e della logistica di entrambi i paesi. Altri campi di cooperazione interessano le operazioni umanitarie e di mantenimento della pace, l’organizzazione delle Forze armate, la formazione, l’addestramento e l’aggiornamento in campo militare e infine la sanità militare.