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Israele: report di febbraio 2024

Anche febbraio è stato, per Israele, un mese complesso, caratterizzato dai tentativi di mediazione con Hamas per il rilascio degli ostaggi e le pressioni crescenti, degli Stati Uniti e di una porzione sempre più ampia della comunità internazionale, per un cessate il fuoco a Gaza, dove il numero dei decessi tra la popolazione civile è in continuo aumento e la situazione umanitaria degli sfollati è sempre più preoccupante. Vari piani sono stati presentati ai negoziatori di USA, Egitto e Qatar per mitigare la situazione. Hamas ha più volte chiesto, oltre alla liberazione di centinaia di prigionieri palestinesi in cambio di un numero variabile di ostaggi, il completo ritiro delle forze israeliane dalla Striscia. Lo Stato ebraico, come prevedibile, ha sempre rifiutato di procedere al ritiro, definendo “folli” le condizioni proposte dal movimento islamista. I negoziati sono continuati durante tutto il mese. Il presidente americano Biden, che aveva sperato in una soluzione entro il 4 marzo, ha auspicato un possibile accordo prima dell’inizio del Ramadan, il 10 marzo. Secondo alcune notizia trapelate e riportate dai media, dopo l’incontro tenutosi il 23 febbraio a Parigi, un possibile piano prevederebbe il rilascio, in una prima fase, di 40 ostaggi, tra cui donne, bambini, soldatesse, anziani e malati, durante un cessate il fuoco di sei settimane. In cambio degli ostaggi, Israele dovrebbe liberare 400 prigionieri palestinesi. Nel frattempo, i combattimenti si sono intensificati nel sud di Gaza e sono ripresi anche in alcune zone del nord. È noto, inoltre, che il governo israeliano intende condurre operazioni militari a Rafah, per smantellare gi ultimi battaglioni di Hamas. Il portavoce del Dipartimento di Stato USA, Matthew Miller, commentando tale piano, ha ribadito che gli Stati Uniti “non appoggeranno alcuna campagna militare a Rafah” se Israele non darà adeguate spiegazioni su cosa accadrà alle persone attualmente presenti nella zona. Intanto, l’ufficio del primo ministro israeliano ha reso noto che le IDF hanno presentato un piano per l’evacuazione dei civili palestinesi da Rafah e la strategia operativa per l’attacco. La dichiarazione non dà dettagli su come o dove gli sfollati saranno trasferiti.

In ambito internazionale, Tel Aviv ha subito numerose critiche. L’8 febbraio il segretario di stato americano Antony Blinken si è recato in Israele per la quinta volta dall’inizio del conflitto a Gaza. Blinken riaffermato il diritto di Israele a difendersi e l’incrollabile sostegno degli USA al suo alleato, ma si è anche detto estremamente preoccupato per le azioni e la retorica, anche da parte di funzionari del governo, “che infiammano le tensioni, mettono a rischio il supporto internazionale” e la stessa sicurezza di Israele. Particolarmente dure sono suonate alcune delle sue affermazioni finali: “Gli israeliani sono stati disumanizzati nel modo più orribile il 7 ottobre. Gli ostaggi continuano ad essere disumanizzati da quel giorno. Ma questo non può autorizzare a disumanizzare altri”. Le reprimende americane sono continuate per tutto il mese e Biden, nei toni più aspri mai utilizzati con lo storico alleato, ha definito le operazioni israeliana a Gaza “oltre il limite”.

Anche il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, è intervenuto più volte, preoccupato per la situazione umanitaria a Gaza. A proposito del commento di Biden, ha dichiarato che per evitare la morte di troppi civili nella striscia sarebbe sufficiente inviare meno armi a Israele. Nei giorni seguenti, ha reso noto che 26 dei 27 paesi dell’UE chiedono un’immediata pausa umanitaria “che conduca a un cessate il fuoco sostenibile” e che dovrà coincidere con il rilascio incondizionato degli ostaggi e la fornitura di aiuti umanitari. Anche l’Italia ha assunto una posizione più critica nei confronti di Tel Aviv. Già nella mattina del 13 febbraio, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, aveva dichiarato in un’intervista che “a questo punto la reazione di Israele è sproporzionata, ci sono troppe vittime che non hanno nulla a che fare con Hamas”. Poi, la Camera dei Deputati ha approvato l’impegno “a sostenere ogni iniziativa volta a chiedere un immediato cessate il fuoco umanitario”.

È difficile prevedere quale sarà il risultato della mediazione per la liberazione degli ostaggi e per un cessate il fuoco, dal momento che entrambe le parti in conflitto sembrano mancare di elasticità nel negoziato. Eppure, una tregua è inevitabile, soprattutto per le forti pressioni che Israele subisce, aumentate dopo la morte di 100 palestinesi che avevano assaltato i camion di aiuti umanitari appena giunti nella Striscia. I fatti sono ancora da accertare, ma le IDF vengono accusate di aver sparato contro la folla – accusa respinta da Israele – e la comunità internazionale chiede un’inchiesta indipendente. Intanto, la vice-presidente americana, Kamala Harris, dichiara che deve esserci un immediato cessate il fuoco e Benny Gantz, leader del partito Unità Nazionale e membro dell’attuale gabinetto di guerra israeliano, è in procinto di recarsi a Washington per colloqui con l’Amministrazione Biden.

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