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Libia: report di settembre 2024

Le tensioni interne in Libia hanno raggiunto un nuovo picco. Pietra dello scandalo è stata la destituzione del governatore della Banca centrale libica, Sadiq al-Kabir, annunciata a metà agosto dal Consiglio presidenziale del paese. L’organo, che svolge funzioni di capo di Stato per gli esecutivi rivali di Tripoli e Sirte, avrebbe licenziato al-Kabir su pressione del primo ministro del Governo di Unità Nazionale (GNU) di Tripoli, Abdul Hamid Dbeibah, anche a seguito dell’approvazione unilaterale, in luglio, di un massiccio budget finanziario da parte della Camera dei Rappresentanti. Quest’ultima agisce come parlamento della Libia orientale e beneficia del recente avvicinamento tra Kabir e il Governo di Stabilità Nazionale (GNS) con sede a Sirte, a scapito dell’autonomia finanziaria del governo Dbeibah.

Al deterioramento dei rapporti tra Dbeibah e al-Kabir, che ha più volte accusato il premier tripolino di malagestione, corrisponde infatti il consolidamento dei rapporti tra il governatore della Banca e Aguila Saleh, speaker della Camera dei Rappresentanti e promotore di alcune riforme economiche (tra cui l’introduzione di un’imposta del 27% sui cambi, di fatto equivalente a una svalutazione) verso cui al-Kabir si era mostrato ricettivo. L’alleanza tra Saleh e al-Kabir – che dall’agosto 2023 presiede una Banca centrale unificata, responsabile della distribuzione delle rendite petrolifere per l’intero paese – costituisce una minaccia per la discrezione finanziaria del governo Dbeibah, che conta sull’erogazione di fondi e stipendi da parte dell’istituto per mantenere le proprie reti di patronage e assicurare il salario delle milizie affiliate a Tripoli.

Dopo un primo tentativo di arresto, al-Kabir avrebbe riparato in Turchia con i codici di accesso ai conti dell’istituto. In risposta il premier del GNS, Osama Hammad, ha annunciato il blocco della produzione dei giacimenti di gas e petrolio cirenaici – presidiati dall’Esercito nazionale libico di Khalifa Haftar (ENL) –, congelando gli introiti di un paese dipendente dalle rendite da idrocarburi per il 60% del PIL e oltre il 90% delle esportazioni. A fine settembre e al termine di due tornate di consultazioni promosse dalla missione ONU in Libia (UNSMIL), le parti in causa hanno raggiunto un accordo preliminare con la nomina congiunta di Naji Issa, direttore del dipartimento cambi della Banca, quale nuovo governatore dell’istituto di credito.

Frattanto, l’economia libica mostra segni di cedimento. Sullo sfondo dello stallo istituzionale, le esportazioni di idrocarburi sono crollate a 400.000 barili al giorno per il mese di settembre rispetto agli 1,2 milioni di agosto. Cresce la pressione inflattiva sui beni di prima necessità, mentre il World Food Program segnala un aumento dei prezzi del 17,8% da inizio 2024. Soltanto da luglio, la Libia occidentale ha registrato un aumento del 4,2% – con picchi del 9 e 10% a Zawiya e Zintan – mentre Cirenaica e Fezzan rilevano incrementi del 2,5 e 1,3% sul costo del paniere di base. Sale, di conseguenza, il tasso di cambio, trainato da una rapida svalutazione del dinar libico sul mercato nero (fino a 8:1 rispetto al dollaro USA).

Mentre si acuiscono le tensioni con Tripoli, il GNS intensifica i contatti con i paesi del Sahel. La scorsa settimana Saddam Haftar, figlio e braccio destro del generale Khalifa Haftar, ha incontrato a Niamey il capo della giunta militare nigerina, generale Abdourrahman Tiani, per la seconda volta in poche settimane. Secondo alcune fonti, Tiani e Saddam starebbero negoziando un progetto strategico che prevederebbe la fornitura di carburante e petrolio al Niger dai giacimenti cirenaici sotto il controllo dell’ENL al comando degli Haftar. In cambio, Niamey offrirebbe agli Haftar la base militare di Madama, sulle frontiere meridionali della Libia: il controllo dell’installazione permetterebbe alla famiglia di estendere in profondità il proprio controllo sulle rotte del traffico trans-sahariano di esseri umani, armi e minerali, tra le principali fonti di introiti dell’ENL e strumento di pressione geopolitica contro Tripoli. Non a caso (e appena tre giorni dopo la visita di Saddam) Niamey ha accolto una contro-delegazione dei quadri militari GNU, al comando del capo di Stato Maggiore, Mohamed al Haddad.

Infine, la presenza italiana in Libia subisce una battuta d’arresto. Il Ministero dei Trasporti libico ha rescisso il contratto con Roma per la ricostruzione dell’aeroporto internazionale di Tripoli: Aeneas, un consorzio italiano di cinque aziende, aveva ottenuto l’appalto per la ricostruzione dei terminal domestico e internazionale dello snodo nel 2017, durante il mandato di Fayez al-Serraj, per un progetto da 79 milioni di euro. La rimessa a nuovo dell’aeroporto – danneggiato più volte nel corso dei conflitti civili che nell’ultimo decennio hanno coinvolto la capitale – avrebbe dovuto essere completata in diciotto mesi. L’annuncio di Dbeibah segue di qualche mese la stipula di un accordo di investimento sull’aeroporto, questo aprile, tra il GNU e due compagnie private, la turca Yapi e la britannica ARG International.

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