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A Roma la Conferenza internazionale su Sviluppo e Migrazioni

Con la Conferenza su Sviluppo e migrazioni che si è tenuta domenica 23 luglio alla Farnesina, nasce il “Processo di Roma”, una piattaforma per l’azione collettiva più inclusiva, globale e di lungo periodo.

governo.it / immagini messe a disposizione con licenza CC-BY-NC-SA 3.0 IT

Il 23 luglio si è tenuta a Roma la Conferenza internazionale su Sviluppo e Migrazioni, significativo forum di dialogo multilaterale organizzato dall’Italia con i partner del Mediterraneo allargato. Svoltosi presso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, l’evento ha costituito un’importante occasione di confronto sul fenomeno migratorio tra i diversi attori della regione – sempre più centrale per i destini interazionali – i cui confini non si limitano alle sponde del Mare Nostrum, bensì si estendono fino al Sahel, al Corno d’Africa e a tutto il Medio Oriente.

Non a caso, alla conferenza hanno preso parte le delegazioni di oltre 20 paesi della regione. Fra i partecipanti, oltre al presidente del Consiglio, Giorgia Meloni e ai ministri degli Esteri, Antonio Tajani, dell’Interno, Matteo Piantedosi, e delle Infrastrutture, Matteo Salvini, capi di stato e di governo, ministri e rappresentanti speciali a vario titolo di Algeria, Arabia Saudita, Bahrein, Cipro, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Giordania, Grecia, Kuwait, Libano, Libia, Malta, Marocco, Mauritania, Niger, Qatar, Oman, Spagna, Tunisia e Turchia. Presenti, inoltre, i vertici delle principali organizzazioni e istituzioni internazionali di carattere politico, finanziario e umanitario come l’Unione Europea, l’Unione Africana, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni.

In tale sede, i partner mediterranei hanno gettato le basi per la nascita del Processo di Roma, una “piattaforma strategica, globale, inclusiva e pluriennale per l’azione collettiva”. Si tratta di uno strumento flessibile che, attraverso frequenti interlocuzioni di alto livello (l’anno prossimo il summit sarà ospitato dalla Tunisia) e una più stretta cooperazione su singole questioni, possa porre un rimedio innanzitutto all’immigrazione irregolare e al traffico di esseri umani. Come espresso a più riprese durante l’evento, per contrastare tali fenomeni è fondamentale rafforzare la collaborazione regionale a livello sia politico che tecnico, con particolare riferimento alle attività svolte dalle autorità giudiziarie e dalle forze di polizia dei singoli stati, salvaguardando al contempo “la sovranità nazionale, la sicurezza e dignità dei migranti e il pieno rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani”, con un’attenzione specifica per i profughi e i rifugiati. Sarà necessario un maggiore coordinamento a livello di intelligence e un’opera di aggiornamento e armonizzazione delle legislazioni nazionali, in modo da arrestare e perseguire non solo gli scafisti ma l’intera organizzazione che è dietro al traffico di esseri umani.

Tali sforzi dovranno essere accompagnati da piani di investimento nei paesi d’origine dei migranti che migliorino le condizioni economiche e sociali in loco. Non a caso, le parti hanno sottolineato come l’immigrazione legale sia un fenomeno da sostenere e agevolare, per cementare i legami tra i diversi popoli della regione e la stabilità politica, ma soprattutto per favorire il reciproco sviluppo – secondo tema cardine della conferenza. Come evidenziato dal presidente del Consiglio Meloni, occorre promuovere il diritto ad emigrare in modo sicuro, ma “anche il diritto a non emigrare”, ossia il diritto a vivere e lavorare nel proprio paese. In questo senso le iniziative e gli investimenti che rientreranno nel Processo di Roma devono adottare un’ottica di lungo periodo, che non sia “predatoria o paternalistica, ma paritaria”. In questo avranno un ruolo fondamentale anche gli attori privati, sia in modo autonomo sia attraverso i partenariati con il pubblico.

Mediante il contrasto al cambiamento climatico, l’istruzione, la creazione di nuove competenze e l’inclusione sociale sarà poi possibile eliminare alcune vulnerabilità croniche che minano la stabilità e la sicurezza del Mediterraneo allargato. Basti pensare alle enormi potenzialità inespresse dell’Africa, il vero fulcro della Conferenza, da tempo alle prese con povertà diffusa, crisi alimentari, siccità e mancanza dei servizi primari. Tali elementi possono rappresentare il primum movens del fenomeno migratorio, ma anche di altre macro-questioni come il terrorismo, le guerre civili o l’azione destabilizzante di attori esterni alla regione.

Ecco perché il Processo di Roma va inteso in un senso ampio. Attraverso la cooperazione sui singoli dossier di interesse comune, i partner mediterranei hanno la possibilità di rendere stabile e pacifica un’area di importanza chiave per i destini dell’intero pianeta. La “centralità del Mediterraneo”, per usare le parole del presidente Meloni, è un obiettivo di tutti i paesi che si affacciano in questa regione. All’evento erano, ad esempio, presenti nazioni che pur non essendo “teatro di immigrazione o vittime del fenomeno” sanno che “lavorare tutti insieme contro le reti di criminali significa anche lavorare per la stabilità” del Mediterraneo allargato.

Se in passato le azioni unilaterali potevano garantire dei risultati, l’ampiezza e la profondità delle sfide attuali rendono necessario un approccio condiviso. L’immigrazione illegale rappresenta una di queste macro-questioni. Per l’Italia si tratta di una priorità strategica. Affidare la risoluzione di una tale problematica a un consesso di nazioni e interessi spesso in contrasto può sembrare un azzardo. Ma è l’approccio che serve in un quadrante geostrategico tanto vario e complesso come è il Mediterraneo.

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