Come cambia la minaccia della pirateria
Nel 2024 sono aumentati gli episodi di pirateria marittima, soprattutto nella fascia occidentale dell’Oceano Indiano, lungo le coste dell’Africa. Il punto di Emanuele Rossi

A metà maggio, anche l’Italia ha preso parte a “Obangame Express”, una delle tre esercitazioni guidate dalla Sesta flotta degli Stati Uniti, basata a Napoli, come parte di una strategia globale per fornire opportunità di collaborazione alle forze africane e ai partner internazionali e affrontare in modo cooperativo le questioni della sicurezza marittima. Nave Bettica, una delle corvette Classe Comandanti della Marina, ha collaborato con unità delle marine africane per rafforzare la condivisione di informazioni tra i Maritime Operation Centers (MOCs) e addestrare le forze rivierasche a migliorare le capacità di interdizione marittima e Law Enforcement. Tra le principali attività di contrasto alle attività illecite vi è stata la protezione di un mercantile nazionale dall’assalto di un gruppo di pirati. “Un’attività congiunta di grande rilevanza, volta a rafforzare la prontezza operativa e contribuire concretamente alla sicurezza marittima e alla tutela degli interessi nazionali in una delle aree più sensibili dello scacchiere globale”, dice la Marina, riferendosi al Golfo di Guinea. Esattamente negli stessi giorni, dall’altro lato dell’Africa, nell’Oceano Indiano occidentale, Nave Rizzo scortava un cargo del World Food Programme assicurando l’arrivo di vari generi di prima necessità in uno dei paesi dell’area: l’obiettivo – operativo e non di esercitazione – era quello di mettere il carico al sicuro dagli attacchi predatori dei pirati. Il Rizzo è infatti parte del dispositivo europeo Atalanta, istituito nel dicembre 2008 con il fine di prevenire e contrastare la pirateria nelle acque del Mar Rosso, Golfo di Aden, bacino somalo e Oceano Indiano.
A distanza di sedici anni, dopo che il fenomeno si è sensibilmente ridotto nel corso del tempo, stiamo assistendo ad alcune evoluzioni. Nel 2024 il numero complessivo di attacchi di pirateria e rapina armata contro le navi è rimasto sostanzialmente stabile, con 116 incidenti registrati rispetto ai 120 del 2023 e ai 115 del 2022. Tuttavia, i dati evidenziano un peggioramento significativo degli effetti sugli equipaggi. I marinai presi in ostaggio sono saliti a 126, contro i 73 dell’anno precedente e i 41 del 2022, mentre si sono registrati 12 rapimenti, un dato in lieve calo rispetto ai 14 del 2023 ma comunque molto più alto rispetto ai soli 2 del 2022. È inoltre cresciuto l’uso di armi da fuoco, coinvolte in 26 episodi (contro i 15 del 2023), segno di una maggiore violenza nei confronti delle ciurme. Il Golfo di Guinea continua a rappresentare un’area critica: pur avendo registrato meno attacchi rispetto all’anno precedente (18 contro 22), la regione è responsabile di tutti i casi di rapimento del 2024 e di quasi un quarto dei sequestri di persona. Ma è in Africa orientale che i rischi persistenti, dirottamento di pescherecci e di altre navi commerciali, stanno creando maggiore preoccupazione. L’International Maritime Bureau (IMB), le cui elaborazioni (recentemente pubblicate) forniscono i dati citati, sottolinea anche che parte del problema sta nelle segnalazioni tardive o mancanti, che ostacolano la risposta coordinata alle minacce.
Nel primo trimestre del 2025, c’è stato un aumento del 35% degli incidenti registrati in tutto il mondo. Di questi, 15 sono stati segnalati attorno all’Africa, ossia nell’area del cosiddetto “Mediterraneo allargato” – il doppio rispetto allo stesso periodo del 2024. La notizia positiva è che nel Golfo di Guinea, hotspot storico come detto, si sono verificati solo 6 attacchi, il minimo storico, probabilmente grazie ai pattugliamenti intensificati e al “Progetto Deep Blue” nigeriano. Ufficialmente nota come “Integrated National Security and Waterways Protection Infrastructure”, si tratta di un’iniziativa lanciata nel 2021 per contrastare la pirateria nell’areale strategico di Abuja. Coordinata dalla Nigerian Maritime Administration and Safety Agency (NIMASA), integra risorse aeree, marittime e terrestri. A distanza di qualche anno lo sforzo sta portando frutti, esattamente quando dall’altra parte dell’Africa una destabilizzazione multidimensionale è tornata a produrre nuove ondate e nuove organizzazioni criminali dedite alla pirateria.
Dopo anni di relativa calma, infatti, la pirateria al largo delle coste somale è riemersa nel 2024, con attacchi a navi commerciali che transitano nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden. Tra il 7 febbraio e il 16 marzo 2025, due pescherecci e un dhow sono stati dirottati al largo della costa somala: in questi incidenti, 26 membri dell’equipaggio sono stati presi in ostaggio, anche se tutti sono stati successivamente rilasciati insieme alle navi. La recrudescenza del fenomeno è il risultato di un intreccio complesso di fattori socio-economici, ambientali e geopolitici. Le comunità costiere, impoverite dalla pesca illegale da parte di flotte straniere e dalla mancanza di alternative economiche, vedono nella pirateria una fonte di reddito, facilmente accessibile, e di protesta. Da aggiungere in questo che i cambiamenti climatici, con siccità e degrado ambientale, aggravano la povertà e la migrazione interna, creando un terreno fertile per il reclutamento nelle attività piratesche. Da qui si crea una percezione culturale quasi positiva della pirateria, intesa come forma di autodifesa contro lo sfruttamento straniero (che in certe narrazioni si configura anche come l’innesco delle problematiche climatiche locali), e contribuisce alla sua legittimazione sociale. Va poi detto che la riduzione della presenza navale internazionale, dovuta all’attenzione rivolta ad altre crisi, ha creato un terreno più lasco e caotico che i pirati stanno sfruttando.
Gli attacchi ai navigli internazionali collegati a Israele (ossia a quelli di compagnie occidentali), che gli Houthi stanno rivendicando dal novembre 2023 come forma di solidarietà con i palestinesi di Gaza, ha infatti prodotto deviazioni delle navi. I cargo hanno iniziato a evitare il Mar Rosso verso sud, in aree dove i pirati hanno potuto più facilmente adattare le loro attività. Gli attacchi stanno tornando a essere un (ulteriore) problema lungo le rotte eurasiatiche.
Nel corso del dibattito aperto del Consiglio di Sicurezza del 21 maggio 2025, il Segretario Generale António Guterres ha lanciato un chiaro “SOS” per la sicurezza marittima, denunciando come le rotte siano sotto crescente pressione da minacce tradizionali ed emergenti – dagli attacchi Houthi nel Mar Rosso al traffico illecito nel Golfo di Aden e nel Mediterraneo, fino ai crimini organizzati nel Golfo di Guinea e appunto alla pirateria – e sottolineando che senza sicurezza marittima non può esserci sicurezza globale. Ha poi richiamato tre linee d’azione imprescindibili: il rispetto del diritto internazionale marittimo, l’indirizzo delle cause profonde dell’insicurezza (ossia quelle legate al contesto sociale a monte) e la creazione di partenariati multilivello, auspicando che la prossima Conferenza Oceanica delle Nazioni Unite (Nizza, luglio 2025) diventi un momento decisivo per tradurre queste raccomandazioni in politiche concrete.