Approfondimenti

Med-Or sostiene la ricerca scientifica: incontro con i borsisti del Campus Bio-Medico

Presso la sede della Fondazione si è svolto un incontro con i due ricercatori etiopi che hanno vinto la borsa di dottorato, finanziata da Med-Or, in ingegneria biomedica presso il Campus Bio-Medico di Roma. Intervista al Prof. Leandro Pecchia, responsabile del progetto di ricerca.

Il 18 luglio, si è svolto a Roma, presso la sede di Med-Or, un incontro con i due ricercatori etiopi vincitori della borsa di dottorato in ingegneria biomedica finanziate dalla Fondazione nel quadro dell’accordo di collaborazione con il Campus Bio-Medico di Roma. L’iniziativa ha visto, inoltre, la partecipazione del professor Leandro Pecchia, coordinatore scientifico delle attività di ricerca che hanno coinvolto i due dottorandi, e del Direttore Generale della Fondazione, Letizia Colucci, che ha consegnato loro gli attestati di partecipazione all’iter formativo.

L’evento ha favorito il confronto su temi rilevanti per il dialogo interculturale, quali lo scambio di competenze specifiche in ambito bio-ingegneristico e la promozione dell’alta formazione nei campi biomedico e sanitario. Numerose le attività già intraprese dai due ricercatori etiopi, i quali hanno ribadito la volontà di mettere a disposizione del proprio paese di appartenenza il know-how e le conoscenze apprese durante il loro periodo formativo. Hanno altresì descritto le principali problematiche che affliggono l’Etiopia e altri paesi dell’Africa sub-sahariana nel settore sanitario come la mancanza di manodopera specializzata, la pervasività di malattie difficili da debellare, acuite dal cambiamento climatico e dalla carenza di strutture sanitarie adeguate, e la fragilità delle catene di approvvigionamento locali.

In risposta ad alcune domande degli analisti di Med-Or presenti all’incontro, i due ricercatori hanno ribadito la necessità di investimenti duraturi nel settore sanitario etiope, dello sviluppo di un’economia circolare per l’approvvigionamento dei materiali e di continuare con la promozione delle attività di alta formazione.

Med-Or, che anche per il prossimo triennio ha finanziato una borsa di studio in ingegneria biomedicale presso il Campus Biomedico di Roma vinta da un giovane ricercatore africano, ha rivolto alcune domande al Prof. Pecchia, sui progetti di ricerca avviati dai ricercatori presso il Campus e sulla loro importanza.

1. Prof Pecchia, quali ambiti tematici sono stati approfonditi nello specifico dai ricercatori durante il loro periodo formativo in Italia?

In primis quello dell’intelligenza artificiale. In questo ambito l’Africa deve recuperare un gap cresciuto negli anni, legato anche alle carenze infrastrutturali. I progetti dei due dottoranti fanno ampio uso di intelligenza artificiale per migliorare il modo in cui si gestiscono i dispositivi medici e per supportare la decisione clinica in luoghi dove la carenza di medici specialistici incide pesantemente sulle diagnosi e sulla cura.

Inoltre, tematiche di sostenibilità ambientale e di allineamento con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite sono stati due ambiti di approfondimenti e di pervasiva integrazione nella progettazione di dispositivi e di ambienti clinici.

2. In che modo il know-how acquisto, grazie a nozioni teoriche ed esperienze sul campo, potrà contribuire al miglioramento del settore medico-sanitario in Etiopia?

Su due piani. Esiste un piano prevalentemente tecnico e tecnologico, in cui le competenze acquisite potranno essere poi riportate in Africa dove si stanno già avviando delle collaborazioni strutturali tra le università di provenienza dei dottorandi ed il Campus Bio-Medico di Roma che li ospita. Un esempio è il progetto PNRR Afya Moja (in Swahili “One Health”) che collabora con 20 atenei africani, di cui 5 etiopi. Questo progetto comincia a settembre e verte sulla formazione di studenti, ricercatori e personale tecnico-amministrativo di atenei africani per aumentare la loro capacità di collaborare con aziende, e di partecipare a progetti di ricerca ed innovazione europei, per i quali gli atenei africani sono oramai elegibili, ma poco presenti per mancanza di competenze.

Esite poi il piano della science diplomacy. Attraverso la collaborazione scientifica e didattica, questi progetti stanno facendo da ponte tra esperti africani e policymaker europei e globali, come ad esempio l’OMS. I due candidati, sotto l’attenta guida del Prof Pecchia, hanno partecipato a due progetti di collaborazione tra il Campus Bio-Medico di Roma, uno mirato a scrivere le linee guida dell’OMS sulla donazione di dispositivi medici e l’altro per la pubblicazione del WHO compendium of innovative health technologies for low-resource settings 2024. Il primo è ora in revisione e sarà pubblicato a breve facendo chiarezza sulle regole di ingaggio tra donatore e recipiente di una donazione, per evitare donazioni inappropriate che talvolta rischino di essere pericolose, oltre che inefficaci ed inefficienti. Il secondo è stato pubblicato il 18 Luglio 2024, ed offre un importante raccolta di tecnologie progettate considerando le specifiche esigenze dei paesi a basso reddito[1]. Entrambi i documenti citano il team UCBM tra gli autori. Ora i giovani ingegneri etiopi si preparano al WHO Global Forum of Medical Devices, che si terrà ad inizio Dicembre a Ginevra, presso il quartier generale dell’OMS per discutere direttamente a Ginevra di quelle che sono i bisogni dei paesi Africani in materia di salute e tecnologia. Queste esperienze stanno aprendo loro il mondo della diplomazia attraverso le scienze, facendo dei due dottorandi dei futuri leader del settore.

3. Con riferimento alle attività di ricerca portate avanti nel corso del dottorato, sono emersi degli elementi che anche in Italia andranno approfonditi e che rappresentano delle sfide per il futuro sviluppo dei settori biomedico e bio-ingegneristico?

Certamente. Le esigenze dell’Africa non sono poi tanto distanti da quelle di alcune aree remote europee. Per esempio, i due dottorandi stanno lavorando su scenari in cui i medici specializzati mancano, e l’AI potrebbe rappresentare una valida alternativa. Questo è un modello utile anche per l’Europa per alcune patologie rare, per le quali non sarà mai sostenibile avere un numero sufficiente di medici sul territorio specializzati nella diagnosi di tali malattie, a causa del numero bassissimo di soggetti affetti. E’ molto più ragionevole immaginare che l’AI supporti medici di famiglia, pediatri e specialisti ambulatoriali nell’identificare i segni di tali malattie. Noi ci stiamo lavorando grazie ai fondi PNRR, ed i dottorandi africani supportati da Med-Or sono pienamente integrati nel nostro team, contribuendo attivamente allo sviluppo dei modelli di AI.

Ci sono poi aree in cui l’esperienza dei colleghi africani è indispensabile per prepararci, alla luce dei cambiamenti climatici. Per esempio, nel campo delle malattie veicolate da insetti, come la malaria o la Zica. L’OMS ha messo al primo posto del piano strategico 2025-28 il rafforzamento di sistemi sanitari resilienti al cambiamento climatico, proprio perché patologie che solitamente sono considerate tropicali, si stanno facendo spazio anche in Europa. I dottorandi stanno lavorando con noi ad una serie di soluzioni per la sorveglianza fitosanitaria usando AI, IoT ed ingegneria genetica. In questo caso veramente non si sa chi impara e chi insegna…


[1] https://www.who.int/publications/i/item/9789240095212

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