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Gli Accordi di Abramo: un anno dopo

A un anno dalla firma degli accordi una breve analisi del loro impatto geopolitico nella regione mediorientale.

Il 15 settembre 2021 segna il primo anniversario degli Accordi di pace di Abramo, che hanno stabilito la normalizzazione delle relazioni tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrain. Firmati nel South Lawn della Casa Bianca a Washington DC, alla presenza dell'allora presidente Donald Trump, dell'ex primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, e i ministri degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti (UAE) e del Regno del Bahrain, Sheikh Abdullah Bin Zayed al-Nahyan e Abdullatif bin Rashid al-Zayani, gli accordi sono stati successivamente estesi al Sudan in ottobre e al Marocco in dicembre.

Ciò ha aperto la strada all'avvio di relazioni diplomatiche ufficiali tra il mondo arabo e Israele, stimolando un'ondata di cooperazione, colloqui e nuove e ampliate opportunità di business nel Vicino Oriente e nel Nord Africa. A distanza di un anno, questa ritrovata collaborazione arabo-israeliana si sta rivelando fondata sulla praticità, l'efficienza e la promozione della crescita economica e dell'innovazione tecnologica, in contrapposizione ai tradizionali stalli politici e ai reciproci boicottaggi all'interno della regione.

Si possono evidenziare tre risultati principali.

In primo luogo, in un momento in cui la regione si sta concentrando sulla ripresa dalla crisi del Covid-19 e sulla diversificazione delle economie del Golfo al di là del settore petrolifero, le considerazioni economiche sono state cruciali. L’avvio del commercio, di investimenti diretti esteri e di una integrazione infrastrutturale e sanitaria con Israele – una delle economie più sviluppate del Vicino Oriente – è stato considerato fondamentale per rafforzare la crescita di un’area che ha uno dei tassi di commercio intraregionale più bassi del mondo, con solo il 5% delle esportazioni dai paesi Mena diretti verso i loro vicini regionali. La firma degli Accordi ha recentemente portato gli Emirati Arabi Uniti ad annunciare che metteranno a disposizione un fondo di investimento di 10 miliardi di dollari per settori strategici israeliani come la produzione di acqua ed energia, il settore sanitario e quello dell’agro-tecnologia. Inoltre, una nuova compagnia di navigazione dovrebbe collegare, via Israele, un porto in Arabia Saudita con i porti di Agadir e Dakhla nel sud del Marocco, segnando l'inizio di una rete commerciale e di una cooperazione sempre più stretta. Inoltre, Israele e Bahrain hanno concordato un nuovo quadro per la cooperazione economica, con l'obiettivo di incoraggiare la cooperazione del settore privato, la collaborazione in materia di standardizzazione e regolamentazione, nonché progetti congiunti di ricerca e sviluppo.

In secondo luogo, gli Accordi di Abramo sono sopravvissuti alla prova della ripresa delle violenze tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza del maggio 2021. Questo ha rallentato il processo di normalizzazione e ridotto le prospettive di una possibile espansione, soprattutto verso l'Arabia Saudita. Invero, gli Accordi non furono pensati per portare una svolta immediata nel conflitto israelo-palestinese, ma incarnano il riconoscimento da parte dei firmatari arabi che il paradigma che subordinava l'accettazione di Israele ad un accordo di pace con la Palestina – mantenuto negli ultimi tre decenni – non ha funzionato ed è invece necessario il dialogo e l'impegno con Israele. Tuttavia, resta da vedere se, nel lungo termine, questo nuovo approccio contribuirà a creare un ambiente favorevole per un accordo di pace tra Israele e Palestina. Nel frattempo, finché il conflitto israelo-palestinese sarà contenuto, l'attuazione degli accordi di Abramo si espanderà con buona probabilità a diversi settori economici e tecnologici.

Infine, il dialogo e la cooperazione tra i paesi del Golfo e Israele hanno un impatto significativo sulla stabilità e sulla sicurezza della regione del Vicino Oriente. Una partnership strategica tra Israele e i paesi del Golfo è particolarmente rilevante alla luce della riluttanza dell'Iran a scendere a compromessi sulle richieste degli Stati Uniti. Riluttanza che sta rendendo il rilancio dell'accordo sul nucleare più difficile di quanto inizialmente previsto. Il rafforzamento della cooperazione in materia di sicurezza regionale potrebbe anche svolgere un ruolo importante nel contenere le ricadute dell'instabilità Afghana. Inoltre, il dialogo tra culture e religioni diverse avrà un impatto positivo sul rafforzamento della convivenza e del pluralismo, elementi fondamentali per contrastare le ideologie radicali e tutelare i diritti delle minoranze. E sebbene gli Accordi fossero stati inizialmente criticati da alcuni per aver creato una nuova limitante alleanza di sicurezza nella regione, il tempo ha dimostrato come questi non abbiano impedito ai paesi arabi e del Golfo di esplorare nuove strade per il dialogo e la riconciliazione, come testimoniato dalla Dichiarazione di Al Ula, volta a normalizzare le relazioni tra il "Quartetto" arabo e il Qatar, così come la rinnovata apertura tra Arabia Saudita e Iran, nonché Emirati Arabi Uniti e Turchia.

Per la loro natura, gli Accordi di Abramo rappresentano un'opportunità non solo per il Medio Oriente, ma anche per l’intera regione del Mediterraneo. L'Unione Europea e l'Italia, che hanno accolto con favore gli Accordi fin dall'inizio, hanno infatti tutto da guadagnare dalla ritrovata cooperazione arabo-israeliana, non solo per discutere di questioni geopolitiche, ma anche per esplorare nuove collaborazioni che potrebbero migliorare la crescita economica e l'innovazione tecnologica nel loro più ampio vicinato.

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