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La crisi idrica nel Mediterraneo e la competizione per l’oro blu

L’acqua è sempre di più una risorsa strategica oltre che fondamentale alla vita. Il rapido esaurirsi delle risorse idriche minaccia di destabilizzare gli equilibri della regione in maniera irreversibile, profilando anche nuovi fattori di rischio geopolitico. L’analisi di Francesco Meriano

Da millenni la scarsità d’acqua è vincolo strutturale allo sviluppo delle statualità mediterranee. Caratterizzate dalla prevalenza di biomi aridi o semi-aridi e dalla ridotta disponibilità di superfici coltivabili, i paesi di Medio Oriente e Nord Africa (MENA) hanno convissuto con alte soglie di stress idrico per gran parte della propria storia.

L’attuale crisi idrica minaccia, tuttavia, di destabilizzare gli equilibri idrologici della regione in maniera irreversibile. Gli effetti del cambiamento climatico, l’intensificarsi dell’impatto antropogenico e l’assenza di salvaguardie istituzionali per la gestione delle risorse comuni rischiano di rendere insostenibile il divario tra domanda e offerta di acqua, in rapida crescita in tutto il mondo.

Con una disponibilità annua media di 283 metri cubi d’acqua pro capite, il bacino mediterraneo rappresenta la regione più povera d’acqua al mondo: il livello di stress idrico – misurato come la ratio annua tra i prelievi totali di acqua e le riserve rinnovabili disponibili – ha raggiunto l’84% in area MENA. Dei 21 paesi rivieraschi, 17 risultano al di sotto della soglia di povertà d’acqua, quantificata in 1000 metri cubi annui pro capite.[1]

Si tratta di un quadro destinato, nell’arco dei prossimi decenni, ad aggravarsi rapidamente. Secondo le proiezioni della Banca Mondiale per uno scenario business-as-usual, nel 2050 il divario domanda-offerta (water gap) in area MENA risulterà quintuplicato rispetto ai livelli dei precedenti quindici anni: nel Nord Africa, soltanto Egitto e Marocco dispongono ad oggi di più di 500 metri cubi d’acqua pro capite, corrispondenti alla soglia di povertà idrica assoluta, mentre l’indicatore registra un calo annuo costante in tutti i paesi della regione. Il divario annuo è colmato tramite sistematici prelievi dalle falde acquifere sotterranee, cronicamente sfruttate oltre il proprio tasso di ricarica. Entro il 2050, la quasi totalità delle risorse acquifere non rinnovabili della regione è destinata a esaurirsi, mentre il consumo urbano di acqua aumenterà del 60-100% tra 2010 e 2050.[2]

Alla genesi della crisi concorrono fattori strettamente interconnessi. L’innalzamento globale delle temperature esacerba rapidità e magnitudine delle variazioni pluviometriche, profilando improvvisi shock endogeni per l’offerta d’acqua. Alla rapidità delle oscillazioni si aggiunge la complessiva decrescita delle precipitazioni, il cui calo – stimato tra 20 e 40% nei prossimi venticinque anni – è destinato ad aumentare lo stress idrico su falde acquifere già sovrasfruttate e accelerare la desertificazione del suolo.[3] Per contro, l’innalzamento del livello del mare minaccia le zone costiere a settentrione, dove è concentrata la maggioranza della popolazione, accelerando l’erosione del suolo e favorendo la salinazione degli acquiferi.

Ma il cambiamento climatico – principale motore dei cambiamenti idrologici nell’area – esacerba anche l’impatto di numerosi fattori paralleli. La crescita demografica, l’aumento del tasso di urbanizzazione e l’intensificazione dei processi agricoli e industriali ad alta intensità idrica contribuiscono a esacerbare lo squilibrio tra domanda e offerta di acqua, mentre l’opacità delle normative riguardanti utilizzo e distribuzione delle risorse idriche, denominatore comune in area MENA, ne ostacola una riallocazione ottimale. In territori prevalentemente desertici, lo stretto vincolo tra la capacità dei governi di assicurare accesso di massa all’acqua e la percepita legittimità del potere statuale rende particolarmente delicata ogni operazione di razionalizzazione e ridistribuzione. In Nord Africa come in Medio Oriente, il tradizionale approccio alla gestione della domanda favorisce un approccio volontaristico alla gestione delle risorse idriche e il sovrasfruttamento di queste ultime tramite la concessione di massicci sussidi a estrazione e consumo.[4]

Obsolescenza, mancanza di personale qualificato e scarsa manutenzione contribuiscono all’utilizzo inefficiente delle risorse idriche. In media, soltanto il 50-60% dell’acqua estratta in Nord Africa nel settore agricolo trova effettivo utilizzo: le perdite relative a utilizzo industriale e municipale oscillano tra il 30 e il 50%, contro il 10% delle best practices globali, per un danno economico quantificabile dallo 0,5% (Marocco) fino al 5% del prodotto interno lordo (Libia).[5] Sullo sfondo di oscillazioni pluviometriche sempre più acute e dell’aumento di frequenza di eventi climatici estremi, il deterioramento infrastrutturale contribuisce ad acuire rischi securitari: ne è stato esempio il collasso della diga libica di Derna nel 2023, la cui inondazione ha causato oltre 10.000 vittime.

In questo quadro, il fattore acqua informa sempre più direttamente – e in chiave spiccatamente competitiva – le dinamiche geopolitiche nel bacino. Emblematico il caso della Grande Diga del Rinascimento Etiope (GERD), punto nodale delle tensioni tra Etiopia, Egitto e Sudan.

Con costi stimati attorno ai quattro miliardi di dollari, la diga punta a imbrigliare il potenziale idroelettrico del Nilo ma costituisce, allo stesso modo, un viatico all’estensione dell’influenza regionale etiope. Intervenire sulle sorgenti occidentali del Nilo Blu – che forniscono al corso d’acqua l’85% circa del proprio volume – permetterebbe all’Etiopia di controllare l’apporto idrico dei paesi a valle: criticità esiziale per il Cairo, che dipende dal Grande fiume per oltre il 90% del proprio fabbisogno idrico e agricolo.[6]

Il dossier GERD si innesta direttamente anche sulla collisione tra Etiopia e Somalia, innescata dal tentativo etiope di accordarsi con il governo separatista del Somaliland per ottenere una base portuale sul Mar Rosso. Non sorprende, su questo sfondo, che il Cairo abbia colto l’occasione per inviare truppe a Mogadiscio – formalmente sotto l’egida della missione di peacekeeping dell’Unione Africana nel paese – e siglato un patto difensivo con Somalia ed Eritrea, potenziali deterrenti di nuovi interventi etiopi sul Nilo.[7]

La possibilità di una soluzione diplomatica è ulteriormente complicata dagli sviluppi in Sudan. Terzo paese rivierasco interessato dal progetto (e dunque interlocutore chiave sia per il Cairo che per Addis Abeba), il Sudan, storicamente schierato con l’Egitto, ha tuttavia mostrato un crescente interesse verso i potenziali benefici della diga nel regolare esondazioni e siccità derivanti dalle variazioni stagionali del Nilo. Attenzioni acuite anche dalla secessione del Sud Sudan nel 2011, che ha privato Khartoum di buona parte delle proprie risorse petrolifere e spinto il paese a favorire la produzione agricola.

In quest’ottica, la lotta intestina divampata nell’aprile 2023 tra al-Burhan e i corpi paramilitari guidati dal suo ex-braccio destro, Mohamed Dagalo “Hemedti”, rischia di deragliare futuri negoziati e intensificare la competizione Egitto-Etiopia sul pomo della discordia sudanese: non a caso, il Cairo e Addis Abeba sono state le prime destinazioni scelte rispettivamente da al-Burhan e Dagalo nel quadro dell’ultimo, inconcludente round negoziale nel 2023.

Il nesso acqua-energia-sicurezza informa, allo stesso modo, le crescenti tensioni lungo il corso di Eufrate e Tigri. Tra 2003 e 2010, il sistema fluviale, chiave del fabbisogno idrico di Turchia, Siria, Iraq e Iran, ha registrato la perdita di 144 chilometri cubi d’acqua, in gran parte dovuta al sovrasfruttamento degli acquiferi locali.[8] Su questo sfondo, la Turchia ha avviato negli ultimi decenni la realizzazione di una vasta rete di dighe e bacini artificiali per consolidare il proprio controllo sulle sorgenti anatoliche dei due fiumi. Il Southeastern Anatolia Project (GAP) funge anche da rampa di lancio per lo sviluppo del comparto idroelettrico di Ankara, che dipende dalle importazioni per il 75% del proprio fabbisogno energetico.[9]

In assenza di regimi regolatori per i paesi rivieraschi, si stima che i progetti infrastrutturali turchi abbiano ridotto l’apporto idrico dell’80% in Iraq, mentre la Siria ha sofferto perdite del 40%.[10] Voci critiche sottolineano, inoltre, il ruolo del GAP nelle migrazioni forzate delle comunità curde colpite dal mutamento degli assetti idrologici e nella riduzione delle forniture d’acqua alle amministrazioni curde della Siria nordorientale.

Frattanto, anche l’Iran – che fronteggerà gravi carenze d’acqua entro il 2036 – ha avviato nel 2019 la costruzione di 109 nuove dighe al confine con l’Iraq. Mentre l’apporto idrico di Tigri ed Eufrate prospetta cali rispettivamente del 25 e 50% entro il 2025,[11] la possibilità di un aggiustamento negoziale resta subordinata alla competizione strategica sulle risorse idriche e alla rivalità turco-iraniana su (ciò che resta di) Iraq e Siria.

A meridione, lungo la rete fluviale del Giordano, si aggravano le tensioni tra Israele e il regno hashemita di Giordania. Legati da un accordo sulla gestione comune del corso d’acqua, siglato nel 1994 sulla scia della “pace fredda” sottoscritta tra Tel Aviv e Amman, i due paesi affrontano la progressiva desertificazione dei territori rivieraschi e il calo dell’apporto idrico del fiume al 10% della media storica. A fronte del rapido deterioramento delle condizioni ambientali, la recrudescenza dei conflitti nella Striscia di Gaza, in Cisgiordania e in Libano ha di fatto congelato la maggior parte della governance frontaliera, incluso un accordo siglato nel 2021 (la cui ratifica era prevista nell’ottobre 2023) per la fornitura di energia solare dalla Giordania in cambio di acqua dissalata da Israele.[12]

Nel Maghreb, virtualmente privo di corsi d’acqua significativi, sono gli acquiferi sotterranei a costituire poli di rischio geopolitico in fieri. Su sei principali bacini transfrontalieri, cinque – Dra, Daoura, Guir, Tafna, Bon Naima – attraversano il confine tra le powerhouse regionali di Algeria e Marocco, che hanno interrotto le relazioni diplomatiche nel 2021 e restano divise dalla decennale contesa per il possesso del Sahara occidentale.[13]

Il maggior numero di dispute è registrato nei bacini di Tafna e Guir, da cui entrambi i paesi estraggono quantitativi elevati di acqua (52% in Algeria, 48% in Marocco). Sviluppi preoccupanti sullo sfondo sia del progredire della crisi idrica – entro il 2025 la disponibilità d’acqua pro-capite scenderà a 300 metri cubi annui in Algeria, a 500 in Marocco – sia delle crescenti tensioni regionali. L’Algeria ha allocato 21 miliardi di dollari alla Difesa nel 2024 rispetto ai 9,7 del 2020, mentre il budget marocchino si attesta sui 12 miliardi di dollari.[14] Dispute analoghe sono emerse anche tra Egitto e Libia in seguito a segnalazioni di prelievi egiziani non autorizzati dall’acquifero di Kufra: quest’ultimo rappresenta la principale fonte di alimentazione della vasta – e deteriorata – rete idrica realizzata nella stagione di Muammar Gheddafi.

Il rapido calo delle risorse idriche in Nord Africa e nel Mediterraneo apre una delle sfide esistenziali dei prossimi decenni. Se il combinato di cambiamenti climatici, industrializzazione e impatto antropogenico profilano con relativa certezza l’estendersi dell’emergenza a livello globale, è nel bacino mediterraneo che l’impatto sarà più acutamente percepito. La natura transnazionale della crisi, in questo quadro, impone il rafforzamento di politiche di adattamento e mitigazione e del loro coordinamento multilaterale: compito reso tanto più arduo dall’acuirsi della competizione strategica tanto in Medio Oriente quanto nei paesi dell’occidente arabo.


[1] Dati FAO AQUASTAT.

[2] World Bank, Beyond Scarcity: Water Security in the Middle East and North Africa, World Bank MENA Development Series, 2018, xxv, http://www.worldbank.org/en/topic/water/publication/beyond-scarcity-water-security-in-the-middle-east-and-north-africa.

[3] Seker, M. e Gumus, V. (2022), Projection of temperature and precipitation in the Mediterranean region through multi-model ensemble from CMIP6. Atmospheric Research 280.

[4] Auktor, G.V. e Loewe, M. (2021), Subsidy Reforms in the Middle East and North Africa Strategic Options and Their Consequences for the Social Contract. German Development Institute. https://www.idos-research.de/uploads/media/DP_12.2021.pdf

[5] World Bank 2018.

[6] Water efficiency, productivity and sustainability in the NENA regions (WEPS-NENA). Food and Agriculture Organization. https://sdgs.un.org/basic-page/egypt-34124#:~:text=About%2090%25%20of%20Egypt's%20water,from%20non%2Drenewable%20subterranean%20water.

[7] Amin, S. (2024), Egypt is cozying up to Somalia to thwart Ethiopia. Atlantic Council. https://www.atlanticcouncil.org/blogs/menasource/egypt-somalia-ethiopia-gerd/

[8] Chibani, A. (2023), Water Politics in the Tigris-Euphrates Basin. Arab Center Washington DC. https://arabcenterdc.org/resource/water-politics-in-the-tigris-euphrates-basin/

[9] Erkök., B. e Kütük, Y. (2023), Dependency On Imported Energy In Turkey: Input-Output Analysis. Marmara Üniversitesi İktisadi ve İdari Bilimler Dergisi, 45, 1. https://dergipark.org.tr/en/download/article-file/3221125

[10] Mahmoud, M. (2024), The Looming Climate and Water Crisis in the Middle East and North Africa. Carnegie Endowment for International Peace. https://carnegieendowment.org/research/2024/04/the-looming-climate-and-water-crisis-in-the-middle-east-and-north-africa?lang=en

[11] Chibani 2024.

[12] Ersan, M. (2024) Can Jordan ever escape Israel's grip on water resources? The New Arab. https://www.newarab.com/analysis/can-jordan-ever-escape-israels-grip-water-resources

[13] Deshiri, M. e Hekmatara, H. (2020), Water Diplomacy and Water Disputes in the Maghreb Region. Technium Social Sciences Journal Vol. 10, pp. 530-543. https://www.researchgate.net/publication/344716225_Water_Diplomacy_and_Water_Disputes_in_the_Maghreb_Region

[14] Fernandez, E. (2024), Algeria approves budget with largest deficit in its history. Atalayar. https://www.atalayar.com/en/articulo/economy-and-business/algeria-approves-budget-with-largest-deficit-in-its-history/20241014132446206269.html; cf. Alaoui, M. (2024), Morocco raises defence budget to boost capabilities, local industry. The Arab Weekly. https://thearabweekly.com/morocco-raises-defence-budget-boost-capabilities-local-industry

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