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L’Asia meridionale tra passato e futuro

Il Bangladesh risulta sempre più centrale nelle logiche geostrategiche della regione. Il punto di Guido Bolaffi

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L’Asia meridionale è come spezzata in due. Le sue tre maggiori e più popolose nazioni, infatti, sembrano oggi appartenere a due pianeti diversi. Con il Pakistan piegato e piagato da un passato che non passa. E l’India ed il Bangladesh che, invece, si muovono d’intesa puntando al futuro.

Come hanno di recente confermato in occasione della sesta Indian Ocean Conference tenutasi a Dacca il 12 e il 13 maggio scorso, nella quale, riferiva Julhas Alam su Associated Press, “Representatives from 25 Indian Ocean nations discussed regional economic growth, cooperation and security at the Indian Ocean Conference in Bangladesh as the Indo-Pacific grows in importance amid changes in the world order”.

Temi e questioni di delicatissima rilevanza politica perché, queste le parole di Delwar Hossain, docente di relazioni internazionali all’università di Dacca, “The Indian Ocean has reemerged as an important area not only for economic resources but also because it has gradually been becoming a theater of geopolitics [...] So now we can see that the littoral countries of the Ocean are facing a new context, particularly when we see Ukraine [...] This Indian Ocean Conference is crucial because China is in conflict with rivals including the U.S., Japan and India in the Indo-Pacific region over establishing supremacy and controlling sea routes”.

Dopo la “svolta” del documento di condanna della guerra in Ucraina siglato dal Primo Ministro del Bangladesh Sheikh Hasina con il suo omologo giapponese Fumio Kishida a Tokyo lo scorso 27 aprile e con la pubblicazione, a distanza di pochi giorni, del primo Bangladesh’s Indo-Pacific Outlook che indica nella stabilità dell’area indo-pacifica il fattore determinante per il futuro sviluppo economico del paese.

Lo svolgimento nella sua capitale della Indian Ocean Conference conferma, come Gautam Lahiri diceva ad un inviato del Financial Express, che: “India has given importance to Bangladesh as a focal point to strategise the future road map of cooperation in maritime security [...] Over the years Dhaka pursued a non aligned foreign policy. But it appears to be moving closer to a full embrace of the Indo-Pacific Strategy [...] Dhaka’s move for shifting its foreign policy should be seen through the prism of Japan Prime Minister Fumio Kishida grand plan for free and open Indo Pacific announced last month in Delhi. It emphasises building an economic zone encompassing Bengal North East in cooperation with Bangladesh. This zone will create an industrial value chain which attracted Dhaka to fulfill their aim to make Bangladesh a developed country by 2041”.

In questo quadro appare chiaro perché all’inizio dello scorso aprile il Bangladesh, prendendo molti in contropiede, aveva annunciato la costruzione di un nuovo grande porto commerciale a Matarbari sulla costa prospicente il golfo del Bengala.

A proposito del quale, scrivevano Faisal Mahmud e Ryohtaroh Satoh su Nikkei del 12 aprile scorso nell’articolo Bangladesh deep-sea port promises strategic anchor for Japan, India A deep-sea port under construction in southern Bangladesh is shaping up to be a strategic linchpin for Japan and India as the Quad partners aim to counter Chinese influence [...] The geopolitical importance of Matarbari - Bangladesh’s first deep-sea-port - was evident during Japanese Prime Minister Fumio Kishida’s visit to India in March. The port emerged as one of the key areas for his free and open Indo-Pacific agenda”.

Nell’Indo-Pacifico si respira oggi un’aria nuova. Non solo perché sembra ormai lontano il tempo in cui, come settimane addietro scriveva allarmata Sylvie Kauffman su Le Monde: “Bangladesh qui décide de régler en yuans une tranche du pret consenti par Moscou pour la commande d’une centrale nucléaire”. Ma soprattutto in ragione del fatto che, scriveva Shakuntaia Bhaban nel paper Strategic significance of 6th Indian Ocean Conference in Bangladesh: “Even the US Government has transformed its strategy from Asia Pacific to the Indo Pacific to include the Indian Ocean”.

Un cambio di linea confermato dal vice Segretario di Stato americano Wendy Sherman, che prendendo la parola dal palco della Indian Ocean Conference ha detto: “The future of the world will be determined in large part by what happens here [...] It is difficult to overstate the economic significance of this region. The Indian Ocean accounts for one-fifth of the world’s ocean surface and it connects people and economies around the globe [...] Its vast coastline includes some of the world’s most important shipping lines, from the Strait of Hormuz to the Malacca Strait [...] Eighty percent of the world’s maritime oil shipments traverse Indian Ocean waters. Some of the planet’s most vital fisheries are here, and they play a critical role in employing people in the region and feeding people around the world”.

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