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Missione Sahel, l'Italia garante su sicurezza e cooperazione

Riproponiamo l'articolo di Luciano Pollichieni, pubblicato da "Il Mattino" il 31 ottobre 2025

La missione del Ministro degli Esteri Antonio Tajani e di quello dell’Interno Matteo Piantedosi in Africa occidentale, svoltasi in questi giorni, ha avuto un doppio obiettivo: il primo, più evidente, è stato quello di ribadire l’impegno dell’Italia nella costruzione di nuovi rapporti con gli Stati africani nel solco del Piano Mattei. Il secondo, più implicito, è stato quello di affrontare alcune crisi che stanno colpendo questa parte specifica, e sempre più strategica, del continente per tutelare gli interessi nazionali. In questo senso la scelta delle tappe del viaggio, Mauritania, Senegal e Niger, non è stata casuale. Ma andiamo per gradi.

In Mauritania, il Ministro degli Esteri ha proceduto all’inaugurazione della nuova ambasciata di Nouakchott per ribadire il duplice senso dell’impegno italiano nel paese. La Mauritania, paese partner della NATO, è diventato un baluardo nel contrasto al terrorismo jihadista, che ha nella regione del Sahel uno dei suoi epicentri mondiali per numero di morti e di attacchi. La vicinanza del governo mauritano all’Alleanza la mette nel mirino delle campagne di disinformazione russa a cui per il momento il governo del paese ha mostrato di saper resistere. C’è poi un altro fattore non meno importante, ma meno noto, che rende la Mauritania un paese strategico per il futuro degli interessi italiani. Da circa un anno Nouakchott è infatti diventato produttore di gas e secondo le stime del governo locale arriverà a produrre, nel prossimo futuro, fino a 10 milioni di tonnellate di gas all’anno. Così facendo la Mauritania entrerà nel grande gioco dell’energia in Africa occidentale insieme agli altri nuovi paesi produttori. Questi stati africani stanno discutendo della possibilità di costruire il Gasdotto dell’Africa Atlantica (AAGP), che attraversando 13 paesi partendo dalla Nigeria arriverebbe al Marocco e da lì (potenzialmente) verso i mercati europei. Come più volte dichiarato dal governo, la strategia del Piano Mattei va di pari passo con il progetto per fare dell’Italia l’hub energetico per l’Europa meridionale. Un’iniziativa che diventa cruciale a fronte anche della chiusura progressiva delle importazioni dalla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina.

La tappa in Senegal è nata sotto il segno della continuità. I rapporti tra Senegal e Italia sono collaudati e sviluppati ad alto livello da decenni. Un esempio al riguardo: già nel 1975 Roma ospitava la mostra d’Arte senegalese con il patrocinio dei rispettivi presidenti della Repubblica (Leone per l’Italia e il padre fondatore Senghor, per il Senegal). Non deve sorprendere quindi il fatto che il Senegal sia entrato all’interno della seconda fase del Piano Mattei a cui sono legati gli incontri dedicati alle opportunità di cooperazione nel settore energetico e infrastrutturale. Quello che l’Italia vuole costruire, nel prosieguo delle relazioni bilaterali, è un partenariato economico che contribuisca a fermare il fenomeno delle migrazioni irregolari aprendo al contempo spazi per l’export italiano nel paese, in linea con quanto perseguito da Tajani in altre regioni come America Latina e Balcani. La seconda fase del piano Mattei dovrebbe essere caratterizzata da un maggior ingresso dei capitali privati nell’iniziativa, con il governo a fare da facilitatore alle nuove partnership tra imprese italiane e quelle del continente. Il Senegal diventa quindi un banco di prova per la fase due del piano ed è in quest’ottica che si inserisce il Forum imprenditoriale Italia-Senegal inaugurato da Tajani a margine della sua visita.

Il Niger, ultima tappa del tour africano di Tajani e Piantedosi è di gran lunga quella più complessa. Dal 2023 il paese è gestito da un governo di transizione guidato dal generale Abdourahmane Tchiani che ha defenestrato il presidente eletto Mohamed Bazoum, storico alleato di Roma nella regione. Il Niger ha rotto le collaborazioni con l’Unione Europea, fatto ritirare i soldati di USA ed UE di stanza nel paese e rafforzato i rapporti con la Russia. Sconvolgimenti politici a parte il Niger gioca un ruolo cruciale per gli interessi italiani per almeno due motivi. Il primo, è il fenomeno migratorio. Il Niger è geograficamente l’imbuto da cui i migranti passano per raggiungere la Libia e di lì l’Italia. Secondo, il Niger è un paese colpito dalla violenza terroristica ed impegnato in prima linea nella lotta contro i gruppi vicini ad Al-Qaeda e allo Stato Islamico. Per questi motivi, negli ultimi due anni le autorità italiane hanno lavorato per mantenere aperti dei canali di comunicazione e di cooperazione con il governo del Niger, così come con gli altri paesi della regione. Tajani e Piantedosi sono i primi ministri di un paese occidentale a visitare il Niger dopo il golpe del 2023 e l’Italia è ad oggi l’unico paese occidentale a mantenere attiva una propria missione di addestramento delle forze armate locali. Gli ultimi sviluppi dell’insurrezione nella regione fanno aumentare la delicatezza e l’importanza della missione. Nelle ore in cui i due ministri si trovavano a Niamey anche la Farnesina ha dovuto diramare l’allerta per gli italiani nel vicino Mali (analogamente a quanto fatto da Stati Uniti e Germania) chiedendo di abbandonare il paese quanto prima. Il timore, infatti, è che le forze jihadiste nel paese, legate ad Al-Qaeda, possano decidere di avanzare verso la capitale e prenderne il controllo rompendo uno stallo che dura da settimane.

L’Italia punta quindi a consolidare la propria presenza e ribadire la serietà del proprio impegno verso l’Africa, un continente in cui, bene ricordarlo, si gioca gran parte della nostra sicurezza e della nostra prosperità futura.

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