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Non solo economia: a Tripoli si rafforza il legame tra Italia e Libia

Il Business Forum italo-libico rappresenta una concreta testimonianza dell’impegno italiano per l’Africa. Il punto di Daniele Ruvinetti

Il recente Business Forum tra Italia e Libia, tenutosi alla Fiera internazionale di Tripoli, ha rappresentato un momento di grande rilevanza per le relazioni tra i due paesi. La missione italiana, composta da oltre cento imprenditori, è stata supportata dalla presenza di figure istituzionali di rilievo, come la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, segnando l’importanza attribuita da Roma a questo evento. Otto accordi firmati durante il forum testimoniano l’impegno concreto dell’Italia, facilitato dalla Camera di Commercio Italo-Libica e dall’Ambasciata d’Italia, che hanno operato sul campo per consolidare la collaborazione economica nonostante le complessità logistiche e di sicurezza.

Gli otto accordi siglati rappresentano una tappa significativa nelle relazioni economiche bilaterali. Queste intese riguardano diversi settori strategici, fra cui infrastrutture, energia, edilizia, trasporti e servizi, con l’obiettivo di potenziare la cooperazione economica e di fornire le competenze italiane necessarie per la ricostruzione della Libia. La loro firma è stata resa possibile grazie a un quadro diplomatico stabilito dalla Presidenza del Consiglio e a un ammorbidimento delle restrizioni sui viaggi, segno dell’interesse italiano di riaffermare la propria presenza economica in Libia.

Ognuno di questi accordi risponde anche all’intento italiano di consolidare la propria influenza in un paese cruciale per la stabilità del Mediterraneo. In particolare, attraverso l’impulso a partnership concrete con la Libia, l’Italia punta a sfruttare il tessuto delle sue piccole e medie imprese (PMI) come asset strategico, portando il proprio know-how per progetti di ricostruzione urbana e infrastrutturale, dai trasporti all’energia. E questo significa indirettamente anche trasferimento di influenza, tra cui quella di carattere culturale.

Oltre ai risultati pratici, infatti, questo forum assume un significato strategico nel quadro della politica italiana nel Mediterraneo. Con questa iniziativa, l’Italia intende riaffermare il proprio ruolo come attore centrale nella ricostruzione e nella stabilizzazione del paese nordafricano, la cui destabilizzazione è da molto tempo uno dei problemi più complicate della regione. Per anni, Roma ha investito sul piano politico e diplomatico per facilitare la coesione e il dialogo in Libia, e i risultati sono stati altalenanti a causa delle complesse articolazioni divisive interne al paese e per l’azione di disturbo di attori rivali e competitor. Ora la spinta economica si configura come il naturale complemento di tali sforzi. La consapevolezza italiana è che una ripresa economica possa contribuire alla stabilizzazione politica della Libia, accompagnando il paese verso una complicatissima fase di rappacificazione interna.

In questa direzione, la collaborazione economica tra Italia e Libia assume una doppia funzione: da un lato, rappresenta appunto un vettore di stabilizzazione per il paese africano; dall’altro costituisce una questione di sicurezza nazionale per Roma, impegnata a proteggere le aziende e gli investimenti italiani sul territorio dalle questioni securitarie legate al crescente controllo territoriale delle forze miliziane spalmate su tutto il paese e dalle attività malevole di attori ostili.

La stabilizzazione della Libia, d’altronde, consentirebbe anche di affrontare due questioni cruciali per l’Italia. Per prima, la presenza di attori militari esterni, in particolare la Russia acquartierata nell’Est haftariano e i flussi migratori. L’eventuale formazione di un governo unitario e stabile — passo su cui si è scritto più volte e che sembra il punto di sintesi di interessi nazionali e internazionali attorno alla Libia — potrebbe infatti limitare le ingerenze straniere. Qui, l’obiettivo strategico principale di Italia, Usa e Nato è il taglio delle connessioni tra l’organizzazione miliziana legata alla famiglia del signore della guerra di Bengasi, Khalifa Haftar, e l’Africa Corps russo.

Parallelamente, una Libia più sicura e prospera potrebbe gestire meglio i flussi migratori, trasformandosi magari, in un futuro ancora lontano ma non del tutto utopico, anche in un paese di accoglienza per i migranti provenienti dall’Africa sub-sahariana. Dato il valore che il tema migratorio ha per la gestione delle politiche mediterranee (e dunque europee) e dato che ci sono state già indicazioni sull’uso dei migranti come vettore di guerra ibrida contro l’Europa, tale visione può trasformare il Business Forum in un evento rappresentativo. La presenza italiana nella ricostruzione libica non è dunque solo un atto di supporto economico, ma una misura strategica per la stabilità della regione e, di conseguenza, per la sicurezza dell’Italia e dell’Europa.

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