Somalia

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Somalia: report di febbraio 2024

Ancora tensioni tra Somalia ed Etiopia a causa dell’MoU firmato da quest’ultima con il Somaliland. Intervenendo di fronte all’assemblea parlamentare, il premier etiope Abiy Ahmed ha dichiarato che “l’Etiopia non vuole arrecare nessun danno alla sua amica, la Somalia”. Dichiarazioni che arrivano dopo la risposta compatta della comunità internazionale a supporto della Somalia con USA, Cina e Unione Europea che hanno espresso il proprio supporto per Mogadiscio. Nonostante il tentativo di distensione di Addis Abeba, i rapporti tra le parti rimangono tesi, come dimostrato anche durante l’Assemblea Generale dell’Unione Africana del 17 e 18 febbraio. Il Ministero degli Esteri somalo ha accusato le forze di sicurezza etiopi di aver tentato di impedire al presidente Hassan Sheikh di partecipare ai lavori dell’Assemblea. Accusa respinta dal governo di Addis Abeba che dichiara come la delegazione di Mogadiscio avrebbe cercato di entrare armata all’interno del quartier generale dell’Unione Africana. Hassan Sheikh, che ha regolarmente partecipato ai lavori, ha dichiarato che la propria delegazione sarebbe stata oggetto di un atteggiamento intimidatorio dovuto alla denuncia da parte del suo governo dell’MoU con il Somaliland per l’accesso al porto di Berbera. La questione si è sorprendentemente conclusa con il “no” del parlamento somalo alla ratifica dell’accordo. Il parlamento di Hargeisa ha respinto l’intesa bollandola come “illegale” e definendola una “minaccia all’unità del popolo del Somaliland”, invitando l’esecutivo a ritirare l’MoU e a interrompere il processo di ratifica.

Nel contempo, le tensioni interne al paese non accennano a diminuire. Il parlamento etiope ha prolungato lo stato di emergenza nella regione dell’Amhara e la crisi nel Tigray si è aggravata. La popolazione tigrina denuncia i furti di bestiame e i rapimenti condotti dall’esercito eritreo. Il governo federale ha incontrato l’esecutivo regionale del Tigray nel contesto della crisi umanitaria che sta colpendo la regione del nord. La delegazione tigrina, guidata dal presidente ad interim Getachew Reda, ha accusato il governo etiope di ignorare volutamente la carestia che sta colpendo la regione; accuse respinte da Addis Abeba che dichiara come le morti avvenute nel Tigray non possano essere ricondotte a una crisi umanitaria.

Non si placa la guerra in Sudan. Secondo quanto riportato dai comandi di RSF e SAF, alti ufficiali delle due fazioni si sarebbe incontrati in Bahrain per tre volte durante il mese di gennaio alla presenza di rappresentanti di Stati Uniti ed Arabia Saudita. Non sono trapelati dettagli in merito all’andamento e all’oggetto di questi incontri. Frattanto, gli USA hanno imposto nuove sanzioni contro le imprese belligeranti. Il Dipartimento del Tesoro americano ha informato di aver sanzionato la Al-Khaleej Bank e la Al-Fakher Advanced Works, entrambi di proprietà delle RSF di Hemedti, e la Zadna International vicina all’esercito regolare sudanese. Lo scontro prosegue anche a livello propagandistico. Il capo delle RSF, il generale Hemedti, ha annunciato con un messaggio audio rivolto ai generali dell’esercito che i suoi uomini sono pronti a risolvere militarmente il conflitto in poche settimane: “Non cerchiamo la guerra, ma fino a quando questa sarà a vostra scelta dovete essere pronti”. In questo contesto, il capo de facto del governo sudanese, il generale Al-Burhan, ha bloccato l’accesso degli aiuti umanitari nelle aree controllate dalle RSF, avvertendo che le consegne non riprenderanno prima della sconfitta delle Forze paramilitari. Il mese si è concluso con le notizie diffuse dalle SAF, poi smentite dalle RSF, sull’avanzamento delle proprie unità nel centro strategico di Omdurman.

Il Kenya continua a far fronte alla propria crisi finanziaria. Il presidente Ruto ha informato di voler procedere al riacquisto di una quota dei bond del tesoro nel periodo febbraio-marzo per poi andare sui mercati a trovare le coperture per la rimanente quota del debito pubblico da partner privati. Procede anche il processo di privatizzazioni del governo, che annuncia la vendita di sette imprese statali, tra cui la Development Bank of Kenya. Il resto delle aziende immesse sul mercato sono tutte nel settore dell’hospitality. Arrivano dati positivi anche per quanto riguarda le rendite del porto di Mombasa, aumentate del 6,23% su base annua, e che dimostrano come l’infrastruttura riesca a reggere la concorrenza del porto di Dar Es Salaam in Tanzania.

Nel frattempo, il segretario alla Difesa keniota, Aden Dualey, nel corso di una visita a Washington, ha dichiarato che Nairobi rimarrà al fianco degli Stati Uniti nella missione finalizzata a mettere in sicurezza il traffico marittimo nel Mar Rosso. A pesare sulla decisione di Nairobi, oltre alla relazione privilegiata con gli USA, anche i rischi derivanti dalle ricadute economiche sui costi del trasporto marittimo in seguito agli attacchi degli Houthi. Il presidente William Ruto è stato invitato dal presidente americano Biden alla Casa Bianca per discutere del rafforzamento dei rapporti bilaterali il prossimo maggio, in concomitanza con il sessantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra i due paesi.

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La crisi nel Mar Rosso e le implicazioni per l’Italia. Il seminario di Med-Or

La Fondazione Med-Or ha organizzato un workshop dedicato alla crisi nel Mar Rosso e alle sue implicazioni per l’Italia, con lo scopo di fornire una analisi approfondita delle dinamiche della regione, dei rischi principali e delle considerazioni chiave per la sicurezza e la stabilità internazionale e per l’Italia.

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