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Il Marocco è in movimento

Il Marocco tra ambizioni internazionali, escalation militare e diplomazia occidentale. L’analisi di Alessandro Giuli

La contesa tra Algeria e Marocco sul Sahara occidentale ha innescato una corsa al riarmo di cui non s’indovina ancora l’esito ultimo. Non dovrebbe stupire, perciò, quanto appena reso noto dalla rivista americana “Defense News”, secondo la quale Rabat ha appena allestito una batteria di difesa anti aerea cinese distante 60 chilometri dal nord della capitale. Si tratta della prima fra le quattro installazioni missilistiche commissionate a Pechino nel 2017. Il sistema si chiama FD-2000B, comprende sia missili a lunga gittata (300 km) sia gli Sky Dragon da 50 km di raggio d’azione e fa parte della base militare di Sidi Yahya al-Gharb e dovrebbe costituire una risposta simmetrica ai dispositivi che l’Algeria ha di recente acquistato dalla Russia. Sbaglierebbe, tuttavia, chi vedesse nella scelta marocchina l’intenzione di affidarsi alla Cina come proprio “lord protettore”. Tutt’altro rivelano i dati concreti e i dossier più avvertiti nell’ambito delle relazioni internazionali.

Un punto fondamentale dal quale muovere per ogni analisi attendibile è piuttosto il progressivo rinsaldarsi dei rapporti diretti con Washington, da cui Rabat attende altri elicotteri Apache e missili Patriot sperimentati già in Afghanistan e Iraq, che affiancheranno il sistema di difesa israeliano Skyloc richiesto per fronteggiare l’eventuale utilizzo dei droni che Algeri ha ottenuto dalla Turchia. Come si può notare, in tale cuneo d’instabilità mediterranea gli attori stranieri sulla scena si muovono con strategie parallele. L’Amministrazione liberal americana ha appena celebrato l’anniversario del riconoscimento da parte di Donald Trump della sovranità marocchina sul Sahara occidentale. La Casa Bianca ha ricevuto di recente il ministro degli Esteri Nasser Bourita e si predispone ad aprire un consolato a Dakhla. Su questa scia di collaborazione rinnovata, e assecondata da Israele che ha da tempo rinsaldato le proprie relazioni con il Marocco, sta muovendosi anche la Germania il cui governo federale è stato ampiamente lodato per gli sforzi costruttivi tesi a superare le ultime frizioni tra i due Stati sul “piano di autonomia” marocchino (nel marzo scorso Bourita aveva chiesto a tutti i dipartimenti governativi marocchini la sospensione di ogni contatto con l'Ambasciata tedesca e gli organismi di cooperazione economico-politica di Berlino).

Nel frattempo la politica estera di Rabat, tesa a consolidare la proiezione identitaria arabo-berbera-africana del Regno, mostra una nuova sintonia con il Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC): superata la crisi tra il Qatar e l’asse Arabia Saudita-Emirati Arabi Uniti, il Marocco ha incassato un buon dividendo a metà dicembre, quando il GCC ha confermato il proprio sostegno al Marocco rispetto alla sua integrità territoriale nel Sahara occidentale. Più in generale, fermo restando il rischio di una semplificazione che non tenga conto di numerosi altri fattori (vedi la variabile cinese), la situazione complessiva si può ancora schematizzare con l’immagine di due triangoli affrontati che tra Maghreb e Sahel si contendono le medesime sfere d’influenza: da una parte Rabat-Washington-Tel Aviv e dall’altra Algeri-Teheran-Mosca.

Dal punto di vista europeo, il confronto tra Marocco e Algeria rappresenta il calco negativo di una scarsa dimensione corale nell’iniziativa dell’Unione e si riverbera nell’impossibilità, a oggi, d’immaginare un’integrazione politico-economica regionale degna di questo nome. La prevalenza di legami e accordi bilaterali, quand’anche essi volgano verso il rasserenamento dei rapporti, conferma semmai la debolezza strategica continentale nel quadrante del Mediterraneo allargato. Da ultimo è il caso di ricordare come l’Italia, la cui posizione di neutralità sulla questione sahariana è ben nota, in questo momento sembra essere esclusa dal riallineamento tra Germania, Francia e Belgio nell’appeasement con Rabat. La lettera che il Presidente tedesco, Frank-Walter Steinmeier, ha da poco inviato al Re del Marocco Mohammed VI non contiene soltanto un invito ufficiale in Germania e la convalida sostanziale del piano di autonomia marocchina sopra citato, ma riconosce “la leadership regionale del Marocco” rendendo omaggio al “grande contributo del vostro Paese alla stabilità e allo sviluppo sostenibile della regione” e sottolineando anche “l’impegno molto particolare del Marocco nella lotta al terrorismo internazionale, essenziale per la nostra sicurezza”. Dello stesso tenore l’elogio verso “il modello marocchino di formazione degli imam come un elemento promettente in grado di frenare l’estremismo” e “gli approcci innovativi nella lotta ai cambiamenti climatici e nella transizione energetica”. Agli occhi di Roma, Berlino non rappresenta, ovviamente, l’Europa nella sua totalità, ma le politiche europee da Berlino difficilmente possono prescindere.

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