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Il Medio Oriente (non ancora post-americano) si prepara al viaggio di Biden

Cresce in Medio Oriente l’attesa per l’annunciata visita del Presidente Americano Joe Biden, che toccherà numerose tappe, tra cui l’Arabia Saudita.

In attesa della visita a luglio del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, diversi voli presidenziali solcano i cieli del Golfo. Come noto, Biden dopo essersi recato in Israele sarà anche in Cisgiordania dove incontrerà il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas, per discutere le prospettive di ripresa dei colloqui di pace. L’Air Force One poi volerà (in modo rimarcabile) direttamente da Israele a Jeddah, sulle coste del Mar Rosso dove, su invito dell’ottantaseienne re Salman bin Abdulaziz al-Saud, Biden parteciperà al vertice GCC+3 (Iraq, Giordania ed Egitto) a conferma della centralità del Regno che già con Trump, nel 2017, aveva ospitato tre vertici GCC-arabo-islamici.

Biden, indebolito nei sondaggi, affronterà il viaggio nei mesi in cui l’inflazione negli Stati Uniti è ai massimi da 40 anni, i prezzi del petrolio che hanno raggiunto i 120 dollari al barile e la Russia ha rimpiazzato l’Arabia saudita quale principale fornitore di petrolio della Cina. Ma quale sarà il volto del nuovo Medio Oriente visitato dal presidente americano? Dopo il ritiro dall’Afghanistan, lo stallo sui negoziati sul nucleare con l’Iran, in uno scenario segnato dall'inflazione e dalla polarizzazione globale innescata dal conflitto Russia-Ucraina, oggi le parole d’ordine sono neutralità (rispetto allo scacchiere euroasiatico) e distensione (negli affari regionali), in una cornice mediorientale decisamente più business-driven, attenta alla diversificazione delle partnership ed incentrata su interessi commerciali.

In attesa dell’arrivo di Biden, il principe ereditario Mohammed bin Salman si è adoperato in una serie di incontri propedeutici, volti a rinsaldare le relazioni. L’ultimo in ordine di tempo è quello con Mustafa Al Kadhimi, primo ministro iracheno, poi volato a Teheran per incontrare il presidente iraniano Ebrahim Raisi, a conferma del ruolo assunto dall’Iraq nel dialogo con l’Iran insieme a Doha che in questi giorni, affiancandosi alla sede ufficiale di Vienna, ospiterà “indirect talks” tra Usa e Iran. Ad Ankara Bin Salman ha incontrato il presidente Recep Tayyip Erdogan dopo dopo essere volato prima a Heliopolis dal presidente egiziano Abdel Fattah El-Sisi e ad Amman dal re Abdullah II di Giordania. Che a sua volta si è recato ad Abu Dhabi a colloquio con il neo presidente del Emirati Arabi Uniti e principe di Abu Dhabi Mohamed bin Zayed.

Da quando il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan ha visitato Riyadh nel 2015, il commercio bilaterale e gli investimenti sono aumentati fino a circa 8 miliardi di dollari. In Giordania, lo scorso anno il commercio dell'Arabia Saudita è cresciuto del 43%. In Egitto, il principe saudita ha firmato 14 accordi di investimento per un valore di 7,7 miliardi di dollari in settori strategici, dall’energia a farmaceutica alle materie prime alimentari.

Come noto, nell’area mediorientale, il grande interlocutore economico di Israele sono invece gli Emirati Arabi Uniti. Dopo gli Accordi di Abraham del 2020 le relazioni sono esplose e oggi gli Emirati vedono Israele uno dei principali partner commerciali prima di Pakistan (8 miliardi di dollari) ed Egitto (3,6 miliardi di dollari), con l’obiettivo di passare a 10 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni dall'attuale scambio annuale di 885 milioni. A conferma di un processo di diversificazione economica che di certo non giova agli Usa, come hanno dimostrato la sospensione del deal sugli F35 americani e l’acquisto di Raphale francesi. E in cui gli interessi economici si intrecciano saldamente al tema cruciale della sicurezza.

In queste ore, intanto, non è passata inosservata l’idea lanciata dal re giordano Abdullah di dar vita ad una alleanza aerea simile alla Nato nel Middle-East. Dichiarazioni significative a pochi giorni dal DEFEND Act (Deterring Enemy Forces and Enabling National Defenses), il disegno di legge bipartisan e bicamerale americano pensato a difesa di Israele e degli alleati del Golfo dalla minaccia iraniana. Nel marzo scorso, inoltre, il Qatar è stato affiancato a Kuwait e Bahrein quale major non-NATO ally (MNNA), dopo l’incontro dello sceicco Tamim bin Hamad Al Thani con il presidente Joe Biden che gli ha riconosciuto il ruolo ricoperto nell’evacuazione di militari e civili USA attraverso la base di al-Udeid. Insomma, forse davvero Biden visiterà un nuovo Medio Oriente, ma di certo non ancora post-americano. Centro nevralgico di interessi sempre più diversificati, ma privo di un’alternativa (per lo meno immediata e significativa) alla storica protezione americana.

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