Approfondimenti

La Macedonia del Nord e gli ostacoli per l’adesione all’UE

Il punto di Antonio Stango sul complicato processo di integrazione europea della Macedonia del Nord e sulle sue relazioni con Russia e Turchia.

Il riconoscimento del nome e la questione delle minoranze

Uno dei pochi Paesi ad avere raggiunto pacificamente l’indipendenza dalla Jugoslavia, con un referendum nel settembre 1991, la ex Repubblica Socialista di Macedonia ha dovuto affrontare da allora una serie di veti, a cominciare da quello sul proprio nome. La Grecia si oppose subito al suo ingresso alle Nazioni Unite con il nome di “Repubblica di Macedonia”, sostenendo che questo poteva dare adito a pretese del nuovo Stato su territori della regione macedone greca. L’ammissione alle Nazioni Unite avvenne nel 1993, con il nome provvisorio di “ex Repubblica Jugoslava di Macedonia", ma solo nel giugno 2018, con la firma dell'accordo di Prespa con la Grecia (il cui percorso di ratifica dovette poi superare il dissenso di gruppi nazionalisti in entrambi i Paesi), fu stabilito che il nome ufficiale sarebbe stato “Repubblica della Macedonia del Nord”. Peraltro, un emendamento del gennaio 1992 alla Costituzione afferma che la repubblica "non ha pretese territoriali contro nessuno Stato vicino”.

Come in altri Stati balcanici, i rapporti interetnici sono stati spesso tesi, soprattutto tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila. Dei poco più di 1.800.000 abitanti, secondo un censimento del 2002 (considerato dal Consiglio d’Europa ormai non pienamente attendibile) i macedoni sono circa il 64%, gli albanesi il 25%; altre minoranze sono quelle turca (3,9%), romena (2,7%), serba (1,8) e rom (2,7%). Circa il 54% sarebbe di religione cristiano-ortodossa, il 30% di religione islamica sunnita.

Fra il marzo e il maggio del 1999, quando il Kosovo era sconvolto dalla guerra, giunsero in Macedonia del Nord più di 344.000 profughi di etnia albanese. Questo contribuì ad accrescere la tensione, che nel gennaio 2001 divenne conflitto aperto fra le forze della repubblica e un “Esercito di Liberazione Nazionale” di albanesi che affermava di battersi per un assetto confederale dello Stato. Furono registrate alcune decine di caduti delle due parti, con reciproche accuse di crimini di guerra, fino a quando nell’agosto dello stesso anno fu firmato fra il governo e rappresentanti della minoranza albanese l’Accordo Quadro di Ohrid, che stabilì cessazione delle ostilità, disarmo dei gruppi di guerriglieri e riforma dei diritti politici e culturali delle minoranze. In particolare, si concordò che nelle municipalità, quando una lingua sia parlata da oltre il 20% della popolazione, tale lingua sia localmente ‘co-ufficiale’ accanto a quella macedone. È il caso di diversi Comuni in cui oltre il 20% degli abitanti sono albanesi, mentre per lo stesso criterio il Comune di Šuto Orizari (uno dei dieci in cui è ripartita amministrativamente la capitale Skopje) risulta essere l’unico al mondo in cui è lingua ufficiale il romaní.

Un’integrazione europea ambita ma contrastata

Con un’economia molto povera di risorse, nessuno sbocco al mare e un tasso di disoccupazione superiore al 20%, il Paese aspira da molti anni a un’effettiva integrazione europea. Ha presentato la domanda di adesione all’UE nel marzo 2004, ottenendo nel dicembre 2005 lo status di candidato e iniziando il partenariato per l’adesione nel febbraio 2008.

Nel marzo 2020 il Consiglio Europeo ha notato con favore che “il Paese ha dato prova di determinazione nel portare avanti il programma di riforme dell'UE e ha ottenuto risultati tangibili e duraturi”, decidendo di avviare i negoziati di adesione “fatta salva l'approvazione da parte dei membri del Consiglio Europeo”.

Per quanto riguarda i criteri politici, il Consiglio ha osservato che la Macedonia del Nord si è impegnata positivamente per rafforzare la democrazia e lo Stato di diritto, ma ha compiuto progressi solo parziali circa la correttezza delle elezioni e non ha ancora ultimato una revisione globale della legislazione elettorale; deve inoltre rafforzare la capacità di controllo parlamentare sui servizi di intelligence e riorganizzare gli organi amministrativi statali migliorando le linee di responsabilità; ha bisogno di completare l’attuazione della riforma giudiziaria, anche rafforzando la preparazione della magistratura giudicante e delle procure, e di rendere efficace il meccanismo di controllo esterno sulla polizia. Il Paese ha compiuto progressi nella lotta alla corruzione, anche grazie all’istituzione di una Commissione statale per la sua prevenzione e di un pubblico ministero specializzato in corruzione e criminalità organizzata, mentre è chiamato ad adeguarsi rapidamente alle raccomandazioni degli organismi europei e internazionali per i diritti umani, in particolare per quanto riguarda il trattamento delle persone detenute e condannate, nonché ad attuare le disposizioni della Convenzione di Istanbul del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica.

Circa i criteri economici, la Macedonia del Nord – gravemente colpita dalla pandemia e ora in lenta ripresa – ha compiuto alcuni progressi nello sviluppo di un’economia di mercato funzionante, ha un contesto imprenditoriale ostacolato dalle grandi dimensioni dell’economia informale e deve ancora adeguarsi agli standard comunitari in materia di libera circolazione dei lavoratori e di preparazione a entrare nel mercato regionale comune.

Un punto positivo è l’allineamento del Paese con la politica estera e di sicurezza comune dell’UE, giunto secondo la Commissione al 96%. Questo riguarda, fra l’altro, la partecipazione alle missioni e operazioni dell’UE di gestione delle crisi, in particolare quella dei flussi migratori essendo la Macedonia del Nord una delle maggiori rotte di transito – dalla Grecia verso nord: nel 2020 sono stati accertati oltre 41.000 arrivi, in particolare di cittadini di Afghanistan, Pakistan, Somalia ed Eritrea. Il Paese ha migliorato negli ultimi anni i servizi di registrazione, profilazione e protezione dei migranti, il cui traffico da parte di organizzazioni criminali, con estorsioni e altri abusi, richiede tuttavia un approccio più sistematico. Appare invece contrastante con gli interessi e la sicurezza dell’UE una legge del dicembre 2012 che consente l’acquisizione della cittadinanza per interessi economici speciali.

Al di là della verifica dell’adeguamento ai criteri di Copenaghen, a bloccare l’avvio dei negoziati di adesione del Paese all’UE è stata finora la Bulgaria, nonostante la firma nel 2017 di un Trattato di amicizia, buon vicinato e cooperazione tra i due Stati. La Bulgaria considera la lingua macedone (riconosciuta come tale dalle Nazioni Unite nel 1977) un semplice dialetto di quella bulgara, ha posizioni conflittuali circa l’interpretazione di alcuni momenti storici e avanza una serie di richieste, fra le quali che il governo di Skopje:

  • dichiari con una nota verbale all'ONU che il nome dello Stato si riferisce solo al territorio dell'entità statale “Repubblica della Macedonia del Nord” e non all’omonima regione geografica, parte della quale si trova in Bulgaria;
  • si astenga dal sostenere e incoraggiare le richieste di riconoscimento di una "cosiddetta minoranza macedone" in Bulgaria;
  • adotti misure sistematiche per rimuovere targhe e iscrizioni su monumenti, targhe e testi che “incitano apertamente all'odio nei confronti della Bulgaria”, ad esempio quelli in cui si usa l’espressione "occupanti fascisti bulgari";
  • accetti le posizioni del governo di Sofia sulla storia comune, in particolare circa le rivolte di inizio Novecento contro l’impero ottomano e sull’origine bulgara del rivoluzionario Goce Delčev (1872-1903), considerato un eroe nazionale in entrambi i Paesi;
  • invece dell'espressione ‘lingua macedone’, usi ‘lingua ufficiale della Repubblica della Macedonia del Nord’ e, ogni volta che “in caso di assoluta necessità” utilizzi il termine ‘lingua macedone’ nei documenti e nelle posizioni dell'UE, chiarisca con una nota "secondo la costituzione della Repubblica della Macedonia del Nord".

Il veto bulgaro sembra essere stato determinato finora soprattutto dalla necessità di mantenere il sostegno dei gruppi di orientamento nazionalista alla coalizione di governo – dalla quale l’8 giugno si è ritirato il partito “C’è un tale popolo” (Ima Takav Narod – ITN) proprio per l’annuncio da parte del Primo Ministro Kiril Petkov di un possibile cambio di linea.

L’11 giugno, la rimozione del veto è stata esplicitamente richiesta durante una visita di Stato a Sofia dal cancelliere tedesco Olaf Scholz, che ha poi parlato di “opportunità di progresso” in vista della riunione del Consiglio Europeo del 23 e 24 giugno, in chiusura del semestre di presidenza francese.

Il tema dell’adesione all’UE è stato affrontato anche il 24 maggio in un colloquio a Palazzo Chigi tra Mario Draghi e il presidente del governo della Macedonia del Nord, Dimitar Kovačevski, in visita a Roma e in Vaticano con una folta delegazione che comprendeva fra gli altri i ministri degli Esteri, dell'Interno e della Cultura. È stato ricordato il ruolo dell'Italia come promotore dell'allargamento dell'UE ai Balcani occidentali, ritenuto un fattore cruciale per la stabilità e la prosperità della regione, ed evidenziato che la Macedonia del Nord ha condannato la guerra in Ucraina allineandosi pienamente alla politica estera dell'UE, condividendone i valori. L’Italia è l’ottavo partner commerciale del Paese, con uno scambio bilaterale in crescita che nel 2021 è stato di 625 milioni di euro, con esportazioni per circa 417 milioni in particolare di macchine per impieghi speciali, macchine utensili, prodotti alimentari e in metallo. Un rafforzamento delle relazioni commerciali potrà essere facilitato dal completamento in territorio macedone del Corridoio paneuropeo VIII, che dai porti di Bari e di Brindisi arriva a quello albanese di Durazzo e da lì prosegue via terra, attraversando la Macedonia del Nord per giungere in Bulgaria.

Il principale partner commerciale del Paese è tuttavia la Germania, dove del resto vivono oltre 100.000 suoi cittadini. In Macedonia del Nord operano oltre 200 aziende con capitale tedesco e la Società Tedesca per la Cooperazione Internazionale (Deutsche Gesellschaft für Internationale Zusammenarbeit) ha in corso di attuazione numerosi programmi, fra i quali progetti infrastrutturali su energia idroelettrica ed eolica, approvvigionamento idrico e gestione dei rifiuti. L'ambasciata tedesca a Skopje, in coordinamento con il Goethe-Institut, organizza frequenti iniziative culturali anche nell’ambito della cooperazione franco-tedesca in materia nei Paesi terzi, coinvolgendo, insieme con l'ambasciata francese, l'Institut Français e l'Ufficio franco-tedesco della gioventù.

Mentre il tedesco è la seconda lingua straniera più studiata nella Macedonia del Nord dopo l'inglese, fin dal 2006 il Paese è entrato a far parte dell’Organizzazione Internazionale della Francofonia, principalmente come ulteriore canale di integrazione e scambio culturale.

L’appartenenza alla NATO e le relazioni con Turchia e Federazione Russa

Con la denominazione di Repubblica di Macedonia, il Paese ha aderito al Partenariato per la Pace della NATO fin dal 1995, prendendo poi parte a varie missioni e ospitando a Ohrid, nel 2007, il Forum del Consiglio di Sicurezza del Partenariato Euro-Atlantico; ma è riuscita a superare il veto della Grecia alla piena adesione solo grazie agli accordi sul nome del 2018. Come Macedonia del Nord, ottenuto il consenso di tutti gli allora 29 Stati membri, è quindi potuta entrare a far parte dell’Alleanza nel marzo 2020.

L’appartenenza alla NATO è a volte messa in discussione da uno dei due maggiori partiti del Paese, l’Organizzazione Rivoluzionaria Interna Macedone – Partito Democratico per l’Unità Nazionale Macedone (VMRO-DPMNE), che si è diverse volte alternato al governo con l’Unione Socialdemocratica della Macedonia. Nazionalista identitario, talvolta con posizioni antialbanesi, il partito si era opposto al Trattato di amicizia con la Bulgaria nel 2017 e all’Accordo di Prespa con la Grecia nel 2018, e negli ultimi anni ha espresso un atteggiamento antioccidentale, filorusso e filoserbo.

Il conflitto russo-ucraino potrebbe accentuare gli elementi di divisione politica nel Paese, che sembra ad ogni modo orientato a proseguire nell’attuale linea di politica estera. Nel maggio di quest’anno ha ospitato parte dell’esercitazione militare NATO “Swift Response”, cui hanno partecipato circa 4.600 militari includendo reparti delle proprie forze armate (che hanno un totale di circa 8.000 effettivi) e di Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Italia, Spagna, Montenegro, Albania e Grecia.

La Federazione Russa aveva tentato di opporsi all’adesione del Paese alla NATO, soprattutto dopo che, nel 2014, la Macedonia del Nord aveva votato a favore della Risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU per l’integrità territoriale dell’Ucraina, non riconoscendo poi l’annessione della Crimea. Dopo l'invasione del febbraio di quest’anno, la Macedonia del Nord ha seguito l'esempio dell'UE nel sanzionare Mosca, e i due Stati si sono quindi definiti reciprocamente come "ostili". Skopje ha espulso cinque diplomatici russi per attività contrarie alla Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, subendo poi analogo atto da parte russa.

In marzo gli unici due parlamentari del partito “Sinistra” (Levica), in un incontro con l’ambasciatore russo a Skopje, hanno affermato di condividere pienamente le posizioni di Mosca. Un partito apertamente russofilo, che nel nome “Macedonia Unita” (Edinstvena Makedonia) ricalca quello del partito di Putin “Russia Unita”, non ha mai superato lo 0,1% alle elezioni parlamentari.

La Macedonia del Nord ha importato finora il 100% del gas del proprio fabbisogno dalla Russia, attraverso la Bulgaria, con un accordo con Gazprom in scadenza nel 2030. Tuttavia, i piani della russa Gazprom di utilizzare il Paese per il transito di gas verso l’Europa Centrale ampliando il Turk Stream (dopo la cancellazione del progetto South Stream nel 2014) sembrano ora destinati all’abbandono. Il Paese sta prendendo in considerazione l'acquisto di gas azero che potrebbe giungere attraverso la Trans Adriatic Pipeline (TAP).

Importanti storicamente sono i legami tra Turchia e Macedonia del Nord, che risalgono all'epoca ottomana. L'Agenzia turca per la cooperazione e lo sviluppo internazionale (TIKA) è presente nel Paese dal 2005 con diversi programmi, nei settori dell'istruzione, della salute, dello sviluppo rurale e delle infrastrutture civili. In due Comuni in cui la minoranza turca supera il 20%, la lingua turca è co-ufficiale insieme con quella macedone.

La Turchia ha sostenuto con forza l'adesione del Paese alla NATO e in generale ha mantenuto ottimi rapporti con Skopje fin dall’indipendenza. Attriti sono sorti dopo il fallito colpo di Stato in Turchia del luglio 2016, per il rifiuto di consentire alla richiesta di Ankara di estradare diversi cittadini turchi accusati di appartenere all’organizzazione di Fethullah Gülen.

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