“L’Impero di Mezzo”: la corsa alla supremazia dell’Indopacifico (e non solo)
Tra rivalità strategica e interdipendenza economica: Cina e India come poli emergenti di un nuovo ordine globale, al centro delle trasformazioni demografiche, politiche e geoeconomiche che ridisegnano il futuro dell’Asia e del mondo. Di seguito l’approfondimento di Alessandra Ruggeri, pubblicato nel nostro Report Annuale 2025.

"Cindia"[1] - Cina e India, il dragone e l’elefante - rappresenta il nuovo centro del mondo: oltre la metà della popolazione mondiale è concentrata in quest’area, e si tratta della metà che cresce, sia da un punto di vista demografico che economico.
La rivalità e l’interazione tra Cina e India costituiscono un aspetto fondamentale per comprendere le attuali dinamiche geopolitiche. Il rapporto tra i due attori internazionali e la loro competizione per l’influenza politica, economica e militare non solo orienta il contesto regionale asiatico, ma ha anche forti implicazioni a livello globale.
Nel nuovo millennio, i due Paesi sono diventati due delle economie in più rapida crescita del mondo e, considerato il loro potenziale e le relative capacità in termini militari, industriali ed economici, la natura e il modello delle relazioni sino-indiane dipenderanno in gran parte da come i due affronteranno le reciproche preoccupazioni e i legittimi interessi.
Concentrarsi sulla risoluzione dei comuni problemi interni sul fronte socioeconomico consentirebbe a Pechino e Nuova Delhi una coesistenza pacifica con una prospettiva strategica verso un ruolo attivo nel rimodellare l’architettura economica e di sicurezza della regione Asia-Pacifico, nel quadro di un ordine mondiale multipolare.
In tale ottica, è rilevante la diplomazia proattiva USA volta ad impedire un avvicinamento strategico, politico ed economico tra Cina e India. Anche in virtù della significativa asimmetria rispetto alla Cina, nell’ultimo decennio, l’India ha ampliato i rapporti di sicurezza con gli Stati Uniti attraverso maggiori acquisti nel settore della difesa, sostanziali accordi di interoperabilità per facilitare la cooperazione militare e piattaforme di dialogo istituzionalizzate presso i ministeri degli Esteri e della Difesa, tutto sostenuto da frequenti riunioni a livello di vertice. D’altro canto, la Cina, come sottolineato dall’ex ministro degli Esteri indiano Vijay Gokhale, tende a modellare le relazioni con l’India sulla base delle percezioni relative all’approccio degli Stati Uniti verso sé stessa.
Al contempo, l’India ha mantenuto l’impegno verso l’autonomia strategica, conservando stretti legami con la Russia e partecipando attivamente a gruppi come i BRICS e l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, che includono la Cina.
Nel prossimo futuro, è probabile che, tra i due paesi, continuino a persistere differenze bilaterali su questioni come la risoluzione della disputa sui confini, il nesso militare e strategico sino-pakistano, il raggiungimento dell’autonomia tibetana. Sulla questione dei confini, Cina e India sono ancora attanagliate, anche se in misura limitata, dalla vecchia mentalità della guerra sino-indiana del 1962, sebbene si stiano muovendo verso l’eliminazione dei pregiudizi del passato per mezzo dell’espansione e dell’approfondimento della cooperazione bilaterale e multilaterale in diversi campi.
Nonostante non sia possibile stabilire un calendario per la risoluzione delle controversie, per i due Paesi sarà reciprocamente vantaggioso rafforzare il rapporto costruttivo e cooperativo in quelle aree in cui non sussistono diretti scontri di interessi, ponderando fino a che punto accogliere le preoccupazioni e le costrizioni reciproche, senza compromettere i rispettivi interessi e aspirazioni nazionali.
Le relazioni sino-indiane, dunque, saranno dominate da interessi economici, commerciali e di investimento piuttosto che dalla cooperazione politica e strategica in campo regionale e internazionale.
POSSIBILI EVOLUZIONI
Scenario I: “Co-opetition”, cooperazione e competizione
Per Cina e India, gli interessi e le sfide comuni potrebbero rappresentare una base sulla quale costruire relazioni stabili a vantaggio dell’intera regione su cui insistono. All’esito delle elezioni indiane della scorsa primavera, che hanno sancito la riconferma del presidente Narendra Modi, si profila una sostanziale prosecuzione della politica adottata da Nuova Delhi, impegnata su due fronti: potenziare le proprie capacità economiche, geopolitiche e militari e, contestualmente, riallacciare le relazioni diplomatiche con Pechino.
Tuttavia, la dimensione di contrapposizione tra i due stati è amplificata dalle visioni confliggenti delle due superpotenze - quella cinese, che rivendica ampie zone del territorio indiano e considera il Sud-Est asiatico e l’Oceano Indiano inclusi nella propria sfera d’influenza, e quella indiana, che reputa il subcontinente e l’omonimo oceano parte integrante della propria proiezione geopolitica diretta, ancor di più oggi che Nuova Delhi mira a rivestire un ruolo di attore globale.
Pechino rappresenta il principale partner commerciale per la maggior parte delle nazioni dell’Asia meridionale e intesse strette relazioni con i Paesi confinanti con l’India, tra cui Bangladesh, Pakistan, Sri Lanka, Nepal e Maldive, allo scopo, parrebbe, di predisporre una rete di basi navali e militari in tutto l’Oceano Indiano per accerchiare Nuova Delhi.
A ciò si aggiunga che la crescita economica della Cina ha incrementato la sua propensione a mostrare le proprie capacità e la propria forza. L’India, dal canto suo, si inserisce in un contesto caratterizzato dal multilateralismo che supporta promuovendo la multipolarità, sebbene abbia adottato politiche assertive rispetto alle più moderate del passato, volte ad instaurare legami strategici e di difesa con i Paesi del Sud-Est asiatico - il QUAD ne è un esempio – nonché a stringere collaborazioni con i Paesi dell’Occidente, (vedasi la recente riunione dell’ICET, Critical and Emerging Technology, volta alla realizzazione di una catena di approvvigionamento di tecnologie emergenti, terre rare, semiconduttori e industria militare, indipendenti dalla Cina), rivestendo un ruolo cardine nella strategia messa in atto dagli USA nell’Indo-Pacifico.
La crescente rivalità geopolitica tra Pechino e Delhi potrebbe frapporsi all’unità del Sud Globale e alla trasformazione del Blocco BRICS in un’alternativa credibile al G20 e al G7, rendendo difficoltoso il raggiungimento del consenso su qualsiasi questione di rilievo.
Sebbene le relazioni geopolitiche tra le due potenze si prospettino particolarmente complesse, la strategia indiana sembrerebbe rispecchiare, in forma riadattata, la politica statunitense, tesa a mantenere una sostanziale competizione con la Cina e, contestualmente, rapporti di cooperazione, come dimostrato dai dati relativi alle relazioni commerciali intercorse tra le due nazioni che hanno registrato una continua espansione e valori superiori ai 136 miliardi di dollari nel corso del 2023.
L’India ha acquisito fiducia dal suo status di economia principale in più rapida crescita al mondo modificando le proprie ambizioni, che si sono evolute dall’essere un “valore aggiunto” delle strategie delle multinazionali nella regione asiatica all’essere il “primo” partner nelle catene di fornitura globali, al fine di porsi come nuova e forte alternativa in Asia. La politica “Make in India" incarna le ambizioni di far crescere i servizi e l’industria locali, utilizzando capitali stranieri per aumentare le esportazioni. A livello geopolitico, con il premier Modi, l’India si è avvicinata agli Stati Uniti con la partecipazione attiva a iniziative come il QUAD. Contemporaneamente al cambio delle strategie indiane, Pechino resta il principale partner commerciale dell’Asia meridionale, inclusa l’India.
Sul piano internazionale, i prossimi cinque anni saranno determinanti per valutare la stabilità dell’India sul palcoscenico globale e le politiche che il governo deciderà di attuare. In uno scenario internazionale sempre più segnato dalle tensioni geopolitiche e geoeconomiche tra Stati Uniti e Cina – ma anche dalle frizioni tra democrazie e autocrazie, e tra Nord e Sud del mondo – l’India è riuscita a rafforzare sensibilmente la propria posizione, accreditandosi come potenziale partner democratico dell’Occidente alternativo a Pechino e a capitalizzare la propria esperienza anti-coloniale e non allineata per affermarsi come portavoce delle istanze dei Paesi del Sud Globale che chiedono una revisione dell’attuale sistema internazionale.
Scenario II: si intensificano le divergenze
Negli ultimi anni, si sono intensificate le tensioni nelle regioni contese del Tibet e Ladakh, lungo il confine himalayano (Linea di Controllo Effettivo - LAC), che scinde il territorio cinese da quello indiano e che, nel giugno 2020, è stato teatro di aspri scontri, a seguito dei quali Nuova Delhi ha schierato più di dieci mila soldati a presidio delle frontiere, con conseguente raffreddamento delle relazioni bilaterali tra New Delhi e Pechino. A ciò si aggiunga che, lo scorso 27 maggio, Pechino ha spostato 6 J-20 stealth nella base aerea di Shigatse in Tibet, a circa 150 km dal confine indiano del Sikkim e vicino a Doklam, nella tri-giunzione strategica Sikkim-Bhutan-Tibet e, sebbene il Ministero della Difesa indiano non abbia diffuso alcun comunicato in merito, ha tuttavia elevato i livelli di allerta - Shigatse si trova a circa 300 km dalla base dell’Indian Air Force (IAF) a Hasimara, nel Bengala, che ospita il secondo squadrone della IAF (composto da 16 caccia Rafale) - e continua a potenziare il settore difesa (si pensi alle trattative con la francese Dassault per l’acquisto di altri 26 aerei da caccia Rafale Marine) per mantenere la sicurezza delle zone economiche di competenza e la sua proiezione geopolitica che si estende dal Golfo di Aden alle isole Andamane e Nicobare.
A livello regionale, la Cina minaccia la posizione dell’India tra i suoi vicini dell’Asia meridionale, costruendo stretti legami con i Paesi alla periferia dell’India, come Bangladesh, Pakistan, Sri Lanka, Nepal e Maldive, “accerchiando” Delhi da un punto di vista militare e politico. La Cina mira ad estendere la propria sfera di influenza nell’Oceano Indiano, sfruttando la base militare istituita in Gibuti, la propria presenza a Gwadar in Pakistan e a potenziare i propri Xiaokang (villaggi dotati di infrastrutture militari rafforzate nelle aree contese del confine tibetano con l’India. Fungono da supporto per le forze armate in caso di conflitto e aumentano la popolazione lungo le aree di confine allo scopo di legittimare le rivendicazioni territoriali). Inoltre, di recente è stato realizzato un passaggio che collega il nord di Samzungling alla Valle di Galwan, fornendo al PLA un asse alternativo più breve (15 km) per schierare rapidamente truppe nell’area.
A livello internazionale, a seguito del conflitto ucraino, la Cina si è riavvicinata alla Russia, partner indiano, dandole un sostegno economico e militare “riaprendo” un vecchio e storico rapporto che potrebbe causare problemi all’India.
Benché l’ascesa economica e geopolitica dell’India non sia stata supportata da ambizioni egemoniche analoghe a quelle che hanno contraddistinto l’evoluzione cinese degli ultimi decenni, il Paese si classifica al terzo posto a livello mondiale per budget destinato al settore difesa (14% del Pil), a motivo, altresì, del consolidamento dell’alleanza strategica tra Cina e Pakistan, due potenze nucleari ostili, in un contesto di particolare instabilità che ha notevolmente alimentato il senso di insicurezza di Nuova Delhi.
Nel continente asiatico, l’India è il paese che si contrappone con maggiore risolutezza alla potenza cinese, nonostante i rischi connessi, specie in un momento in cui la Cina sta affrontando difficoltà economiche ed è attanagliata da tensioni politiche interne che potrebbero renderla ancora più pericolosa.
Scenario III: l’ampliamento del Conflitto
L’ipotesi di un ampliamento del conflitto, con il conseguente rafforzamento dell’esercito cinese al confine, rappresenta lo scenario la cui configurazione Pechino tenta di osteggiare da lungo tempo, giacché causerebbe un maggiore consolidamento dei legami di sicurezza tra India e Stati Uniti. Nuova Delhi sarebbe costretta ad interrompere l’impegno diplomatico in atto, intensificando la cooperazione con gli Stati Uniti e i suoi partner che, se in un primo momento hanno criticato l’ambivalenza indiana, hanno successivamente operato un’inversione di tendenza per ampliare la collaborazione con l’India nei comparti strategici.
E mentre gli USA, il QUAD e l’Europa si preparano ad un conflitto negli oceani e sorvegliano le linee di comunicazione marittime, fondamentali per qualsiasi tipo di sforzo bellico, la guerra tra le due potenze asiatiche si concentrerebbe principalmente nell’entroterra, in terreni particolarmente insidiosi, dove sia India che Cina sarebbero svantaggiate: Nuova Delhi si troverebbe isolata nel dover contrastare la potenza cinese, mentre Pechino risulterebbe ulteriormente indebolita in contesti in cui è percepita come oppressore e potenza occupante, in Tibet come nello Xinjiang, dove la vicina India è considerata, all’opposto, un alleato. Il nuovo governo indiano, dunque, si troverebbe, da un lato, nella condizione di dover contrastare la Cina e, dall’altro, di dover assumere decisioni difficili nei confronti della Russia, con un’Europa incerta e divisa sull’approccio da adottare nei confronti di Pechino, in attesa dell’esito delle elezioni negli Stati Uniti.
RAPPORTI ITALIA-INDIA
La proiezione estera dell’India andrà, con alta probabilità, crescendo anche oltre la regione asiatica, arrivando a rappresentare un’alternativa alla Cina.
L’Italia ha elevato le relazioni con Delhi al livello di partenariato strategico, sottolineandone la rilevanza bilaterale, dopo anni di “congelamento”. Sul piano multilaterale, ha aderito a molteplici iniziative promosse dall’India, dalla International Solar Alliance (ISA) alla Coalition for Disaster Resilient Infrastructure (CDRI) ed è stata tra i Paesi europei a entrare nell’Indo-Pacific Oceans Initiative (IPOI) e nell’India-Middle East-Europe Economic Corridor (IMEC).
È presagibile un aumento complessivo dell’interscambio commerciale, anche alla luce delle nuove forme di cooperazione economica in settori quali difesa, energia, alta tecnologia, spazio, AI, semiconduttori, manifattura oltre alle concrete possibilità di una convergenza strategica di lungo termine, che vada oltre il profilo economico, e di una cooperazione per far fronte alle crisi che minacciano la sicurezza internazionale, dall’Africa al Medio Oriente, dal Mar Rosso allo Stretto di Hormuz.
Data la posizione geografica, l’Italia riveste un importante ruolo per il rilancio dell’iniziativa dell’IMEC, alternativa alla Belt and Road Initiative (BRI) cinese, in grado di collegare l’India e la regione indo-pacifica al Mediterraneo e all’Europa, anche per mezzo di alleanze con le potenze del Golfo.
Italia e India, due terminali IMEC e nel mezzo i paesi del Medio Oriente, come quelli della penisola arabica e Israele. Per questi ultimi, la prospettiva di una crescita comune può aiutare la soluzione della crisi, arrivando alla profilazione della “start up region” di Peres.
A novembre 2024, nel contesto del vertice del G20 a Rio de Janeiro, il Primo Ministro italiano Giorgia Meloni e il Primo Ministro indiano Narendra Modi hanno avuto il loro quinto incontro negli ultimi 2 anni.
Sulla base dei colloqui svolti in Puglia durante la presidenza italiana del G7, i leader hanno presentato un Piano d’azione strategico congiunto per il 2025-2029, pietra miliare strategica nella partnership Italia-India nel quadro indo-mediterraneo.
Il piano mira ad elevare i legami bilaterali, trasformandoli in una partnership completa che comprenda tecnologia, difesa e commercio. Sono delineate dieci aree di cooperazione, tra cui l’incremento del commercio e della coproduzione in settori come le tecnologie verdi e la produzione avanzata, nonché il rafforzamento della collaborazione nei settori della difesa e dell’esplorazione spaziale.
Con il commercio bilaterale in crescita, il piano d’azione si concentra sullo sfruttamento di gruppi di lavoro congiunti per guidare gli investimenti, in particolare in tecnologie critiche, semiconduttori e mobilità sostenibile.
Le partnership nel settore industriale includeranno sia grandi aziende sia piccole e medie imprese (PMI), promuovendo sinergie e innovazione.
Nel campo tecnologico, le due nazioni mirano a rafforzare i legami in settori quali l’intelligenza artificiale, l’energia pulita e i minerali essenziali attraverso la ricerca collaborativa e gli scambi accademici.
Inoltre, verrà lanciato un programma di scambio di innovazione indo-italiano per supportare gli ecosistemi di start-up, consentendo progetti all’avanguardia in settori quali fintech, agritech e assistenza sanitaria.
La cooperazione in materia di difesa occupa un posto di rilievo nel piano, con l’impegno a negoziare una roadmap industriale della difesa e a migliorare la collaborazione marittima.
Ciò include operazioni congiunte di ricerca e soccorso e iniziative per combattere l’inquinamento marittimo. È chiaro che, nel breve e lungo termine, non può esistere un Indopacifico anti-cinese senza India.
Nel campo della sicurezza, le discussioni si estenderanno alla sicurezza informatica e alla lotta al terrorismo, a dimostrazione dell’impegno comune per la stabilità globale.
Se, fin dal dopoguerra, l’Italia ha dato priorità ad Europa, Stati Uniti e alla più ampia regione del Mediterraneo, la rinvigorita cooperazione siglata dai presidenti Meloni e Modi ha introdotto la dimensione indo-pacifica. Italia e India condividono l’interesse della libertà di navigazione, infatti sono entrambi Paesi peninsulari che si proiettano verso il mondo lungo la dimensione marittima, attraverso cui circola la maggior parte del commercio internazionale (secondo l’Ocse circa il 90%).
Al centro del Mediterraneo è l’Italia, dell’Indo-Pacifico l’India. Questi sono tra loro collegati attraverso il mar Rosso e il canale di Suez. Da qui il concetto di Indo-Mediterraneo ossia di una dimensione marittima che offre al Mediterraneo l’opportunità di svolgere la funzione strategica di “mare di mezzo”. Parallelamente, sussistono anche altre opportunità di collegamento tra i due Paesi che vedono Italia e India protagonisti nella connettività dei dati, alla base dell’economia digitale. In tale ottica, cruciale è il progetto di connettività Blue-Raman per la realizzazione di un cavo a fibra ottica che connetta India e Italia. Quindi l’Europa.
L’Indo-Mediterraneo, spazio strategico per la proiezione internazionale italiana, diventa ancora più rilevante in funzione delle nuove politiche tariffarie, affrontando una globalizzazione in fase di cambiamento che suggerisce la necessità di diversificare le dipendenze economiche con partner prioritari, come l’India, rilevanti per dimensioni e per affinità.
RAPPORTI ITALIA-CINA
In seguito alla decisione del governo italiano di abbandonare il progetto della BRI, comunicata ufficialmente a dicembre 2023, le relazioni Cina-Italia sono entrate in una nuova fase, segnando un distacco dal precedente rapporto instaurato durante il governo Conte nel 2019. L’ingresso nella BRI aveva avvicinato Roma e Pechino, aprendo alla possibilità di partecipazione diretta per l’Italia in progetti infrastrutturali cinesi. Dal punto di vista politico, la partnership aveva rafforzato le relazioni politiche tra i due paesi, ma aveva di fatto alienato il governo italiano dalla strategia comune europea nell’ambito delle relazioni con la Cina, essendo l’unico paese del G7 ad aver firmato un simile accordo che esulava a tutti gli effetti dalla politica intrapresa negli anni precedenti da Bruxelles. La mossa italiana fu infatti percepita dai principali membri della UE come un tentativo indipendente di assicurarsi un canale preferenziale con Pechino, scavalcando l’autorità europea e danneggiando indirettamente gli altri Paesi europei.
L’abbandono della BRI segnala dunque il cambiamento della policy italiana verso la Cina, sacrificando una partnership con ampia valenza politica in cambio di un rapporto basato principalmente sul pragmatismo e sull’interesse commerciale bilaterale. La mossa del governo italiano segue la strategia europea di cooperazione con Pechino, promuovendo contestualmente un modello alternativo di governance che si distacchi dal modello cinese. In ambito internazionale, la dichiarata neutralità della Cina nei confronti del conflitto russo-ucraino rivela piuttosto un avvicinamento verso Mosca – ed il Sud globale in generale – ed un allontanamento dall’Occidente, quantomeno sul piano geopolitico. In termini economici, l’Europa fatica a ridurre la propria dipendenza in termini di import tecnologici da Pechino, con una bilancia commerciale che ha fatto registrare un surplus in favore della Cina di quasi 400 miliardi di euro nel 2022. Ciononostante, la strategia europea prevede un costante ridimensionamento delle relazioni commerciali con la Cina in ottica di riduzione dei rischi economici futuri. Una cooperazione inevitabile, dunque, ma limitata al commercio e non agli investimenti infrastrutturali comuni. Mentre la Cina, infatti, ha spostato il proprio focus in ottica BRI su altri Paesi del continente - Ungheria, Serbia e Montenegro tra tutti – anche l’Unione Europea ha iniziato ad avviare il proprio progetto di investimenti in vari Paesi di Asia, Africa e Sudamerica, in piena ed aperta competizione con Pechino. L’Italia, con il Piano Mattei, si colloca interamente dentro questo framework strategico.
Nonostante l’uscita dell’Italia dal progetto BRI, le relazioni tra Roma e Pechino, i rapporti rimangono positivi, come dimostrato dalla visita ufficiale del Primo Ministro Meloni a Pechino che ha visto la firma di un piano d’azione triennale per il rilancio della cooperazione, proprio nell’anno che segna il 20° anniversario della partnership strategica globale Italia-Cina. Il piano prevede collaborazione in settori quali commercio, investimenti, istruzione, protezione ambientale e sicurezza alimentare. Oltre ciò, include settori industriali strategici come la mobilità elettrica e le energie rinnovabili su cui la Cina è in conflitto commerciale con Stati Uniti e Unione Europea.
Tra il 6 e il 12 novembre 2024, il presidente Mattarella si è recato in Cina dove ha incontrato il presidente Xi Jinping e il premier Li Qiang, oltre ad aver visitato le città di Pechino, Canton (provincia del Guangdong) e Hangzhou (provincia del Zhejiang). Quest’ultima rilevante nel quadro dell’anniversario dei 700 anni dalla morte di Marco Polo.
Durante gli incontri istituzionali, è stata confermata la strategicità della cooperazione economica, culturale e scientifica tra Roma e Pechino e sono stati firmati dieci accordi in ambiti che vanno dalla concorrenza commerciale, la cinematografia e il turismo, alla cooperazione scientifica e tecnologica. Tra questi, nell’ambito del Forum culturale Italia-Cina, il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Antonio Tajani ha siglato il Protocollo d’intesa tra il Ministero dell’Università e la Ricerca italiano e il Ministero dell’Istruzione cinese per l’istituzione di un meccanismo di consultazione periodica; il Programma esecutivo di collaborazione culturale tra la Repubblica italiana e la RPC; il Memorandum d’intesa sulla traduzione di opere classiche italiane e cinesi con la National Administration of Press and Publication cinese.
La visita del presidente Mattarella va vista anche nell’ottica dei non semplici rapporti fra Europa e Cina. Infatti, il 4 ottobre 2024, gli stati membri UE hanno votato l’adozione di dazi compensativi sulle importazioni di veicoli elettrici dalla Cina. Ciò a seguito dell’evidenza di sovvenzioni statali cinesi a favore di un vantaggio competitivo sleale nel mercato europeo. La votazione ha però evidenziato l’assenza di una compattezza dei Paesi membri: 10 nazioni (tra cui Italia, Francia e Polonia) hanno votato a favore dei dazi; 5 (tra cui la Germania) si sono opposte; 12 (tra cui Spagna, Belgio e Svezia) si sono astenute.
Quanto sopra evidenzia la fragilità europea, in particolare alla luce delle relazioni economiche bilaterali che la Cina intrattiene con i paesi membri. Infatti, a seguito dell’entrata in vigore delle misure europee, la stampa internazionale ha riportato la volontà di Pechino di sospendere le negoziazioni su eventuali investimenti nel settore con i paesi che avevano sostenuto la proposta della Commissione. Ciò a danno, ad esempio, dell’Italia che stava conducendo trattative con la Dongfeng motors per la costituzione di uno stabilimento in Italia e non di Germania e Spagna, che non avevano sostenuto i dazi.
Alla vigilia della visita del presidente Mattarella in Cina, a sostegno della promozione delle relazioni commerciali tra Italia e Cina, è stato terminato l’iter parlamentare (iniziato nel 2019) dell’Accordo tra i due Paesi per l’eliminazione delle doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito: ratificato il 3 dicembre 2024, il documento dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2026 e definisce le regole per la tassazione dei redditi, creando un quadro fiscale più prevedibile e competitivo, e le norme per lo scambio di informazioni fiscali, per una lotta all’evasione fiscale più efficace.
Nell’attesa di una più definita evoluzione del contesto internazionale e delle disposizioni della seconda amministrazione Trump, che potrebbero avere impatti rilevanti sui rapporti tra Europa e Cina, l’Italia mantiene aperto il canale delle visite istituzionali.
Per l’Europa, e di riflesso per l’Italia, la Cina è un interlocutore necessario in ottica di bilanciamento geopolitico. Se da un lato Pechino rappresenta una minaccia alla stabilità globale, soprattutto in merito alla questione taiwanese, dall’altro risulta essere il principale attore non-occidentale con cui interfacciarsi riguardo al conflitto in Ucraina, ma anche in riferimento alla regolamentazione dell’utilizzo dell’IA – ad esempio – e alla lotta al cambiamento climatico. È dunque ipotizzabile che i rapporti tra Cina e Italia – escludendo lo scenario di un’aggressione cinese a Taiwan – rimarranno buoni nel breve periodo, mantenendo gli scambi commerciali bilaterali ed una competizione sia economica che geopolitica.
Per saperne di più, consulta il nostro Report Annuale
[1] Federico Rampini, L’Impero di Cindia, Mondadori, 2006.