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La nuova stagione di dialogo tra Turchia e paesi del Vicino Oriente

La visita di Erdogan in Arabia Saudita si aggiunge alle recenti occasioni di confronto con altri paesi della regione, dall’Egitto a Israele, agli EAU. Il punto di Daniele Ruvinetti

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha abbracciato il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman durante una visita in Arabia Saudita, segnando la fine di una lunga disputa tra due dei Paesi leader del mondo sunnita.

L'incontro di giovedì 28 aprile a Riad è stato altamente simbolico, giunto al culmine di un percorso che mira a un cambiamento significativo nelle relazioni tra queste due potenze regionali, dopo anni di divisione su diversi dossier. Temi che toccano direttamente l'ambito di interesse strategico dell'Italia, come, per esempio, il conflitto libico, ma anche le dinamiche nel Corno d'Africa o l'ambiente geopolitico dell'East Med.
La visita di due giorni di Erdogan in Arabia Saudita, la prima dopo l'uccisione a Istanbul del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi – passaggio che nel 2018 segnò la rottura di rapporti già in logoramento – segue uno sforzo diplomatico di mesi. Ankara sta cercando di riparare i legami danneggiati con Riad, e tutto questo fa parte di un progetto più ampio del presidente turco. L'obiettivo, dunque, potrebbe essere quello di ricucire diversi rapporti di carattere regionale. Oltre che con i Sauditi, infatti, Erdogan ha avviato forme di dialogo attivo verso una riconciliazione con gli Emirati Arabi Uniti, con l'Egitto e con Israele: tutti Paesi con cui si erano prodotte tensioni, nel tempo sfociate anche in scontri per procura, come accaduto in Libia.

Il presidente turco ha una necessità molto stringente: il prossimo anno la sua presidenza si presenterà davanti agli elettori e sa di avere una finestra di tempo molto stretta per poter offrire ai suoi cittadini (se si ricandiderà lui o un suo successore) una situazione meno critica di quella che vi è attualmente.

La Turchia vive un'importante crisi economico-finanziaria – con l'inflazione oltre il 60% e la lira in svalutazione costante. Erdogan sa che la cooperazione con i ricchi Paesi del Golfo, così come la distensione delle posizioni con l'Europa, può essere un salvagente, e accetta per questo compromessi di carattere semi-ideologico. Dunque, un allineamento funzionale.

Dall'altra parte, Abu Dhabi e Riad, ma anche Gerusalemme e il Cairo, sanno che Ankara è un partner importante. Erdogan ha dimostrato ottime capacità di muoversi sulla scena internazionale, come evidenziano le iniziative di mediazione intraprese sul conflitto ucraino. La Turchia è un attore regionale cruciale, ha una demografia importante, capacità militari, politiche e diplomatiche rilevanti, è, tramite la Nato, parte del sistema occidentale. Per questo il presidente turco parla di "aprire le porte a una nuova era" nelle relazioni con l'Arabia Saudita. Ed è del tutto plausibile che questa apertura seguirà due fasi. Prima passerà per la sfera commerciale e finanziaria, forse culturale. La business community turca registra già qualche cambiamento, con i sauditi che avrebbero iniziato ad allentare l'embargo non ufficiale che ha colpito il 92% delle esportazioni turche in Arabia Saudita ed è stato ampiamente visto come un atto di ritorsione contro Ankara in risposta al caso Khashoggi. Poi, una volta testata questa prima fase di riabilitazione e cooperazione, potrebbe toccare alle questioni di carattere politico, geostrategico e militare. Alcune differenze di vedute rimangono, ma nella necessità tattica di riequilibrare alcuni assetti nella regione, adesso, verso una stabilità apprezzata anche da grandi attori esterni come gli Stati Uniti (e l'Europa), quelle differenze possono essere superate.

Erdogan si è recato venerdì nella città della Mecca per eseguire le preghiere, nel luogo più sacro dell'Islam, negli ultimi giorni del mese sacro di Ramadan. Un aspetto della visita intriso di simbolismi, nell'ottica di una vicinanza che supera le divisioni.

In modo molto pragmatico, potremmo dire che queste iniziative internazionali sono importanti perché potrebbero permettere alla Turchia di trovare una maggiore stabilità interna.

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