La regione del Mar Rosso: vecchi e nuovi fattori di instabilità
Nella regione del Mar Rosso, vecchi e nuovi fattori di instabilità, generati dai conflitti irrisolti in Yemen e Sudan, evidenziano tre nodi di sicurezza ancora privi di soluzione. Il punto di Eleonora Ardemagni

Vecchi fattori: gli attacchi degli Houthi contro le navi
Il cessate il fuoco tra Stati Uniti e Houthi, annunciato dal presidente americano Donald Trump il 6 maggio e mediato dall’Oman, produce una mitigazione selettiva del rischio marittimo, limitata alle navi americane. Pertanto, il quadro rimane fortemente instabile. L’ultimo attacco degli Houthi a una nave commerciale risale al novembre 2024: l’Operazione Rough Rider voluta dalla nuova amministrazione americana (15 marzo-6 maggio) era infatti scattata come preemptive action quando il leader Abdel Malek Al Houthi aveva minacciato la ripresa degli attacchi alle navi, lanciando un ultimatum a Israele affinché sbloccasse gli aiuti umanitari per la Striscia di Gaza. Invece, i lanci di missili e droni verso Israele da parte degli Houthi non si sono mai fermati.
Sono due le variabili che rendono l’intesa USA-Houthi altamente imprevedibile. La prima è di natura strategica: i bombardamenti americani non sono riusciti a danneggiare significativamente le capacità offensive del gruppo armato sostenuto dall’Iran. Durante l’operazione statunitense, gli Houthi hanno lanciato oltre venti missili contro Israele (più i droni), in gran parte intercettati. Però, non è stato così per il missile che ha colpito i dintorni dell’aeroporto internazionale di Tel Aviv ferendo otto persone (4 maggio). Le sirene d’allarme si sono poi attivate per la prima volta a Haifa, nel nord di Israele: il segno di una capacità di penetrazione aerea maggiore nel territorio israeliano. Inoltre, gli Houthi hanno abbattuto almeno sette droni americani in sorvolo durante l’operazione ordinata da Trump.
La seconda variabile che rende incerta la tenuta del cessate il fuoco tra Stati Uniti e Houthi è l’Iran. Il fallimento dei negoziati tra Washington e Teheran (mediati dall’Oman) sul nucleare iraniano, nonché la possibilità di un attacco israeliano ai siti nucleari iraniani, potrebbero far saltare l’intesa. L’amministrazione Trump ha nei fatti sovrapposto il ´dossier Iran` al ´dossier Houthi`, negando non soltanto la significativa autonomia decisionale del movimento armato, ma oscurando altresì il contesto della guerra in Yemen. Un approccio che accentua l’interdipendenza fra i due teatri, quindi i rischi di “contagio” in caso di crisi.
Nuove dinamiche per vecchi fattori: gli Houthi puntano al traffico aereo di Israele
In questo scenario, lo scontro fra gli Houthi e Israele rimane aperto. I frequenti lanci di missili dallo Yemen verso Israele e le rappresaglie di Tel Aviv contro le aree nordoccidentali controllate dai miliziani filo-iraniani devono attraversare il Mar Rosso e rappresentano, pertanto, un conflitto a distanza che coinvolge il quadrante. Inoltre, tra le (ancora scarse) navi commerciali in transito nel Mar Rosso, si stanno verificando frequenti episodi di anomalie ai sistemi GPS, con interferenze (jamming) e false segnalazioni (spoofing) che ´disorientano` la navigazione delle navi e hanno causato anche l’incagliamento di una nave container. Questo fenomeno, in crescita a livello globale, si sta però verificando soprattutto fra Jedda e Port Sudan (come evidenziato nel warning dello United Kingdom Maritime Trade Operations), anche se non vi sono fin qui evidenze circa la responsabilità degli Houthi.
Sul piano aereo, dopo la riuscita dell’attacco missilistico nei pressi dell’aeroporto di Tel Aviv il 4 maggio, molte compagnie aeree hanno cancellato i voli per la capitale israeliana, con interruzioni che sono proseguite anche nei giorni successivi. La narrazione del “blocco aereo” contro Israele, minacciato dagli Houthi dopo la rappresaglia israeliana contro l’aeroporto di Sanaa, e gli ordini di evacuazione alla popolazione civile riflettono una dinamica nuova nella lotta degli Houthi contro Israele. In questa fase, il gruppo armato evoca la simmetricità nei target e nelle modalità di attacco (es. la retorica del “blocco aereo” dopo il bombardamento dell’aeroporto di Sanaa; gli ordini di evacuazione), mischiando così propaganda e pressione psicologica contro il nemico.
Nuovi fattori: gli attacchi droni a Port Sudan
Gli attacchi con i droni nella città costiera sudanese di Port Sudan rappresentano un nuovo fattore di instabilità per la regione del Mar Rosso. Dal 4 maggio, attacchi con droni attribuiti alle Forze di Supporto Rapido (RSF) hanno colpito Port Sudan: basi militari dell’esercito, depositi d’armi, centrali elettriche e persino l’aeroporto. A poche settimane dalla riconquista della capitale Khartoum da parte dell’esercito, i paramilitari hanno così ripensato la strategia militare e mediatica: Port Sudan, mai colpita in tre anni di guerra, era infatti considerata fin qui l’unica città sicura del paese. Gli attacchi, che rivelano l’utilizzo di tecnologie unmanned più avanzate del recente passato, hanno provocato blackout elettrici e carenza d’acqua in città. Principale porto del paese, Port Sudan è l’hub d’ingresso degli aiuti umanitari, nonché la capitale politico-diplomatica dall’inizio del conflitto. Il governo sudanese ha ripetutamente accusato gli Emirati Arabi Uniti (EAU) di fornire armi ai paramilitari dell’RSF e per questo ha interrotto le relazioni diplomatiche con Abu Dhabi. Una circostanza sempre negata dalle autorità emiratine e che le Nazioni Unite giudicano da tempo “credibile”, seppur la stessa Onu riconosca in un report confidenziale del novembre 2024 che le informazioni raccolte “failed to meet evidentiary standards regarding evidence of arms transfers” per il periodo dell’investigazione.
Tre nodi irrisolti
Nel Mar Rosso, vecchi e nuovi fattori alimentano l’instabilità della regione impattando, in parte, sulla sicurezza marittima, dunque commerciale ed energetica, globale. Dal novembre 2024, gli Houthi non hanno più effettuato attacchi contro le navi civili, ma la libertà di navigazione rimane vulnerabile e potrebbe tornare a rischio, dato lo scontro aperto con Israele e il fragile cessate il fuoco con gli Stati Uniti. Gli attacchi droni attribuiti ai paramilitari delle RSF sudanesi a Port Sudan proiettano ora il conflitto nel cuore marittimo del paese. In questo quadro, tre nodi appaiono più che mai lontani da un possibile ´scioglimento`. Il primo è il controllo di territori costieri da parte di attori armati non statali (Houthi), o la loro capacità di colpire centri portuali e infrastrutture marittime (RSF), con ricadute sugli equilibri di potere regionali. Il secondo, che si lega al primo, è l’utilizzo di missili e droni sempre più avanzati da parte di attori armati non statali. Il terzo nodo è la mancanza di una strategia, da parte degli stati, per il contrasto agli attori armati non statali e delle minacce da essi portate a interessi collettivi come la sicurezza marittima. A un anno e mezzo dall’inizio della crisi nel Mar Rosso-Bab el-Mandeb-Golfo di Aden, e nonostante meritorie missioni di mitigazione del rischio come EUNAVFOR Aspides, come ripristinare la deterrenza nel quadrante rimane un interrogativo aperto e ancora attuale per le potenze regionali e internazionali.