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L’Africa tra pandemia, vaccini e geopolitica

Gli ultimi sviluppi della pandemia in Africa e le evoluzioni della geopolitica sanitaria nel Continente: dall’emergenza sanitaria alla sfida della produzione e della distribuzione dei vaccini. L’analisi di Alessandro Giuli

La geopolitica sanitaria africana si arricchisce di nuovi numeri e nuovi capitoli. Al dinamismo crescente della Cina, che ha appena annunciato l’arrivo in Tunisia entro fine mese d’un milione e mezzo di dosi di vaccino Sinovac (dopo i duecentomila sieri donati allo Stato maghrebino nel marzo 2021), fa riscontro la prima massiccia campagna mondiale per dotare il Continente d’una sua “sovranità sanitaria”, secondo le parole dell’Eliseo che si è fatto parte attiva nel recente accordo euro-africano per la produzione in situ di vaccini anti-Covid a mRna. Lo ha annunciato l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) a margine di un vertice UE-Unione Africana, nell’ambito di una cerimonia organizzata assieme al Consiglio europeo, alla Francia e al Sud Africa. I primi sei Paesi che riceveranno le tecnologie necessarie per la produzione di vaccini sono Egitto, Kenya, Nigeria, Senegal, Sud Africa e appunto la Tunisia oggetto della particolare “benevolenza” di Pechino assieme al Marocco, dove il laboratorio Sothema lavora alla realizzazione mensile di cinque milioni di sieri Sinopharm con l’obiettivo (ancora lontano) di raggiungere una “autosufficienza vaccinale” e fornire aiuto anche agli altri Stati africani.

Il dato di partenza è che oltre 10,4 miliardi dosi di vaccino anti Sars-Cov-2 sono state inoculate nel mondo e di queste soltanto l’11,3 per cento in doppia dose nell’Africa. Attualmente, soltanto l’1 per cento dei vaccini viene prodotto in un Continente che conta 1,3 miliardi di abitanti e incontra serie difficoltà anche soltanto nel censimento dei contagi. L’obiettivo è di realizzare un centro di eccellenza – affidato alla società AfriGen – nella formazione, nella ricerca e nella produzione di tecnologia vaccinale a Città del Capo, in Sud Africa. La tecnologia in questione è quella di cui si sono avvalse Pfizer, BioNTech e Moderna per realizzare i rispettivi sieri destinati alle nazioni più ricche. La particolare enfasi con la quale il presidente Emmanuel Macron ha accompagnato la dichiarazione dell’Oms segnala qualcosa di più d’un episodica sollecitazione a “fornire alle regioni e ai Paesi i mezzi per responsabilizzarsi durante i momenti di crisi così come in tempi di pace”. Dopotutto, la regia europea dell’iniziativa panafricana è esplicita ed è stata doviziosamente sottolineata dalle parole della presidente della Commissione Ursula von der Leyen: “Abbiamo spesso parlato della produzione di vaccini mRna in Africa, ma qui si va più lontano; si tratta di una tecnologia concepita in Africa, amministrata dall’Africa e appartenente all’Africa”.

Nel frattempo, i dati dell’Università John Hopkins di Boston ci consentono di valutare nel dettaglio un “paesaggio pandemico africano” altamente squilibrato a beneficio del Maghreb, in cui tuttavia soltanto il Marocco è riuscito a realizzare una campagna vaccinale d’una certa rilevanza, con oltre 39,5 dosi amministrate per 17,9 milioni di persone completamente inoculate con doppia dose (49,2 per cento della popolazione). Seguono a una certa distanza la Tunisia con 3,42 milioni di abitanti completamente vaccinati (29,2 per cento della popolazione) e l’Algeria con una copertura vaccinale per 4,17 milioni di cittadini (9,7 per cento della popolazione). In area nordafricana le cose vanno assai peggio in Egitto, dove si registra un tasso di vaccinazione del 5,1 per cento.

Nel sud del Continente, la questione si complica drasticamente per carenza e veridicità d’informazioni accessibili: Ghana (2,5%); Guinea (4,2%); Senegal (3,5%); Mali (0,2%); Niger (0,4%) Ciad (0,2%); Nigeria (0,9%); Camerun (0,3%); Angola (3,1); Kenya (1,7%); Uganda (0,9%); Etiopia (0,7%). Particolarmente temibile è la situazione nell’Africa centrale, basti pensare che la Repubblica democratica del Congo ha vaccinato soltanto 135 mila dei suoi 89 milioni di abitanti. Perfino nel Sud Africa, epicentro della strategia europea per la produzione dei vaccini anti-Covid a mRna di cui si è detto sopra, la campagna vaccinale progredisce con eccessiva lentezza: 16,8 milioni di dosi iniettate a beneficio del 14,3 per cento della popolazione. Decisamente meglio rispetto al Mozambico (3,64 milioni di dosi per il 5,7 per cento della popolazione), ma pur sempre troppo poco per immaginare a breve che l’Africa, di là da qualsiasi velleità di protettorati internazionali, possa proteggere sé stessa e il resto del mondo dal rischio d’essere l’incubatore di nuove varianti virali.

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