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Le vite nella storia del Mediterraneo: Musa Sadr

Nella prima puntata della rubrica curata da Pietrangelo Buttafuoco la storia di Musa Sadr, uno dei più importanti protagonisti del risveglio intellettuale che ha caratterizzato il ramificato mondo sciita presente in molte nazioni del Medio Oriente.

Nato in Iran, educato a Qom, Teheran e Najaf, protagonista indiscusso della vita pubblica in Libano e nel più ampio mondo islamico, Imam Musa Sadr, venuto al mondo il 4 giugno 1928 a Qom e misteriosamente scomparso in Libia il 31 agosto 1978, è stato uno dei più importanti protagonisti del risveglio intellettuale che ha caratterizzato il ramificato mondo sciita presente in molte nazioni del Medio Oriente, nella seconda metà del XX secolo.

Per comprendere a fondo il suo universo intellettuale occorre soffermarsi sulla sua biografia, comune a tanti religiosi sciiti, che lo vide viaggiare e vivere tra Iran, Iraq e Libano, quasi a rifiutare gli odierni confini politici, riconoscendosi in una geografia spirituale più ampia, che rimanda al possente respiro dell’Islam medievale, quando i grandi storici, i filosofi, i giuristi vagavano tra le tante capitali spirituali mediorientali ad un tempo imparando ed insegnando.

Come spesso accade agli esponenti delle famiglie religiose che fanno risalire le loro origini al Profeta, Ahl al-Bayt, Sadr era ugualmente a suo agio nel mondo di lingua persiana e in quello di lingua araba. Rampollo di un'importante famiglia religiosa di origine libanese iniziò i suoi studi giuridici a Qom, dove ottenne la sua prima certificazione in giurisprudenza islamica (darajāt al-ijtihād). Con un atto davvero rivoluzionario per l’epoca, nel 1950 si iscrisse all'Università di Teheran, dove nel 1953 conseguì la laurea in Economia. Provata la sua capacità al di fuori delle sicure mura del seminario, nel 1954 si trasferì a Najaf per rimanervi sino al 1958, un fecondo periodo di studio e d’incontri con i maggiori rappresentanti del clero sciita nella città irachena, che rivaleggia con Qom per il prestigio dei suoi seminari. In quegli anni viaggiò due volte in Libano, dove visitò quella parte della sua famiglia che risiedeva nel paese, legandosi alla guida dei musulmani sciiti libanesi, Abd al-Husayn Sharaf al-Din al-Musawi, di cui avrebbe più tardi preso il posto. Ricordiamo qui che gran parte del clero sciita iraniano ha origini libanesi, paese dal quale i sovrani safavidi fecero giungere i religiosi necessari alla realizzazione del grande progetto di conversione dell’Iran, allora ancora a maggioranza sunnita, allo sciismo. Nel 1959 Musa Sadr si stabilì definitivamente in Libano per dare inizio a quell’opera di riorganizzazione e costruzione della comunità che avrebbe portato alla nascita di Amal e al progressivo ritorno degli sciiti, sino ad allora sottorappresentati, a giocare un ruolo di primo piano nelle dinamiche politiche nella “casa dalle molte dimore”, per parafrasare il titolo di un fortunato libro di Kamal Salibi dedicato alla storia del Libano. Passione e compassione, lungimiranza politica e carisma religioso lo avrebbero portato a diventare presto il più importante leader religioso degli sciiti libanesi, tanto che nel 1969 venne scelto a Capo del Supremo Consiglio Islamico Sciita, organismo nato per aumentare il peso della comunità nelle decisioni politiche. Occorre qui sottolineare che Musa Sadr differì dall’altro grande protagonista di quegli anni, Ruhollah Khomeini, nella concezione dell’Islam politico. A differenza di quest’ultimo egli non credeva nel velayat-e faqih , pietra angolare della politica iraniana dalla rivoluzione del 1979 in poi. In questo Sadr era in linea con alcuni marjaʿ al-taqlīd dell’epoca, quali Sayiid Hossein Tabataba’i Borujerdi e Mohsen Tabataba’i Hakim dei quali fu rappresentante in Libano. Come apprendiamo dal sito web della Fondazione Imam Sadr (http://www.imamsadrfoundation.org), tra il 1962 e il 1978, Musa Sadr creò molteplici centri, iniziative e istituti nel tentativo di ricostruire il collante della comunità sciita in Libano. In questo, la sua azione si pone nel solco della tradizione islamica e della strategia operativa di molti movimenti contemporanei, anche radicali, che fanno dell’assistenza sociale una chiave per costruire il consenso politico. Per quanto riguarda l’azione di Musa Sadr, tutto è iniziato nella città libanese di Tiro, da dove proveniva la sua famiglia, e nei suoi sobborghi degradati, dove l’Imam ha fatto nascere programmi di sostegno e aiuto ai poveri e alle comunità locali. Furono lanciati programmi per combattere l’analfabetismo e fondate istituzioni pie volte all’integrazione sociale, con particolare attenzione per la promozione del ruolo economico delle donne. Seppure tutto questo sia avvenuta in un contesto ancora per certi aspetti conservatore, l’impulso dato da Imam Sadr fu tale da far di lui ancor oggi un importante punto di riferimento per quanti credono in un Islam capace di sussumere tratti di modernità senza per questo perdere la propria identità.

Musa Sadr scomparì senza più dare notizia di sé il 31 agosto del 1978, mentre era in Libia su invito di Muammar Gheddafi. Senza voler entrare nei risvolti più nascosti di quello che rimane uno dei misteri più intricati della politica mediorientale, occorre soffermarci un attimo sulla dinamica dei fatti e sulle conseguenze. Benché la quasi totalità degli esperti attribuisca la colpa della scomparsa di Sadr al leader libico, che ne avrebbe ordinato l’assassinio, questi ha sempre negato, sostenendo che Sadr e i suoi compagni di viaggio avevano regolarmente lasciato la Libia per giungere in Italia. La famiglia di Musa Sadr, al contrario, è sempre stata convinta che l’Imam fosse prigioniero di Gheddafi, tanto che nel 2011, crollato il regime libico, si moltiplicarono gli sforzi diplomatici libanesi e iraniani per ottenere informazioni sulla sorte di Sadr col fine d’identificare il luogo della prigionia e la sorte dell’Imam.

Di certo la scomparsa di Sadr alla vigilia della rivoluzione iraniana e in un momento di grande tensione tra sciiti libanesi e i palestinesi guidati da Arafat, creò un grande vuoto nello scacchiere politico e ideologico mediorientale, indebolendo da un lato gli sciiti libanesi e rafforzando dall’altro quanti vedevano nella nascita di una Repubblica a guida islamica l’unica possibile soluzione atta a rimettere il clero al centro dei giochi di potere.

Più che leggere la sua figura in chiave meramente politologica, ritengo qui utile sottolineare alcuni aspetti dell’approccio di Musa Sadr alla guida della sua comunità. Egli credeva fortemente nell’opportunità e nella necessità di consentire alle persone di comprendere quali fossero i veri bisogni quotidiani, mettendo ognuno nella condizione di soddisfare da solo queste necessità e ridando così dignità a quanti erano stati a lungo trattati come figli di un dio minore. Nella sua visione questo vale in modo uguale sia per gli uomini che per le donne, dettaglio cruciale per le comunità rurali e urbane mediorientali, dove la presa di coscienza femminile è di per sé rivoluzionaria. Il progresso che ne deriva consente, anzi rafforza i valori della partecipazione, del dialogo e del riconoscimento degli altri e delle loro ragioni, aumentando le possibilità di ottenere una pace duratura e la costante cooperazione tra le diverse comunità. Questo è vero per la vita familiare e le attività locali, così come per le relazioni tra denominazioni, nazioni e popoli. La scelta di Sadr di fare del Libano prova vivente della validità della sua tesi che fa del raggiungimento della giustizia economica, sociale e politica la chiave di una virtuosa convivenza tra diversi, rimane un sogno che non sarà facilmente realizzabile, ma che ispira le azioni della Fondazione a lui intitolata e di quanti a lui si rifanno, tracciando una possibile ipotesi di futuro.

Tuttavia, l’aspetto più importante del pensiero di Musa Sadr è la sua visione religiosa che lo portò a compiere un costante sforzo per favorire la convivenza e la tolleranza tra i diversi gruppi religiosi. Un momento molto importante della sua vita fu la partecipazione alla proclamazione di Papa Paolo VI, nel 1963, proprio negli anni del Concilio Ecumenico Vaticano II, che ebbe su di lui un’importante influenza. Sadr fu l'unico dignitario musulmano ad essere ufficialmente invitato alla cerimonia, un fatto che mostra quanto fosse vicino alla Chiesa cattolica dell'epoca. Egli promosse costantemente il dialogo religioso e la convivenza tra le diverse fedi in Libano, tanto da chiudere un sermone alla Chiesa dei Cappuccini a Beirut il 18 febbraio 1975 con la seguente dichiarazione:

O’ uomini e donne credenti, troviamo allora un punto d’incontro negli esseri umani: sul piano degli esseri umani, di ogni essere umano. Ognuno deve essere, infatti, oggetto delle nostre parole e della nostra azione: quelli di Beirut, quelli del Sud, quelli del Hermel, quelli dell’Akkar e quelli delle periferie della stessa capitale, da Karantina a Hayy El Sullum. Nessuno è al di fuori di questa occasione né messo da parte né classificato. Difendiamo, perciò, gli esseri umani del Libano affinché possiamo difendere questo paese, il paese dell’essere umano, pegno della Storia e pegno di Dio.”[1]

Non è un caso che il volume recentemente pubblicato in italiano, che raccoglie alcuni discorsi e scritti di Musa Sadr sia intitolato “Le religioni al servizio dell’essere umano”. Questa scelta mostra come nel pensiero di Imam Sadr l’essere umano sia al centro di ogni riflessione, perché: “Tutte le energie dell’essere umano, così come le energie di tutti gli esseri umani, devono essere preservate e sviluppate” (op. cit. p. 17). Nel pensiero di Sadr, la centralità dell'essere umano è giustificata dalla sua idea del rapporto tra l'essere umano, il mondo e Dio, tanto che in un altro passo dello stesso sermone egli dice:

“Le religioni erano una sola, perché la genesi – Iddio – è una, e il fine – l’essere umano – è uno e il percorso – questo creato – è [anch’esso] uno. Quando abbiamo dimenticato il fine e ci siamo allontanati dal servire l’essere umano, abbiamo dimenticato Iddio ed ecco che Lui si è allontanato da noi. Ci siamo divisi in gruppi (firaq) e il male è stato gettato tra di noi. Così, ci siamo trovati in disaccordo, frammentando l’unico creato, servendo interessi particolaristici, adorando divinità diverse da Dio. E abbiamo logorato l’essere umano, che è finito con il lacerarsi. Ritorniamo alla Via, ora. Ritorniamo all’essere umano, perché Iddio stesso ritorni a noi. Ritorniamo all’essere umano afflitto dal tormento, affinché ci possiamo salvare dal tormento (al-‘aḏāb) divino. Troviamo il nostro punto d’incontro nell’essere umano oppresso, logorato e lacerato, affinché possiamo incontrarci in ogni cosa e incontrarci in Dio, di modo che le religioni siano una. (op. cit. p. 14)

Chiudo citando un passaggio tratto dal discorso pronunciato il 30 maggio 1966 ad una settimana dallassassinio del giornalista Kamel Mrowa, che illustra l’importanza della libertà e della dignità nel pensiero di Sadr:

“Quanto alla libertà, fratelli, come sapete, essa è il migliore strumento per mobilitare tutte le energie dell’essere umano: il servigio [reso dall’]individuo – qualsiasi individuo – in una società non governata dalla libertà, ammonta a una parte delle sue energie e non alla loro totalità. L’essere umano non è in grado di mobilitare tutte le sue energie e fare crescere tutti i suoi talenti, se non gli è concessa la libertà. Essa è il migliore strumento per investire le energie dell’individuo e per utilizzarle tutte al servizio della sua società”. (op. cit. p. 110).


[1] Traduzione italiana da Imam Mūṣā aṣ-Ṣadr, Le religioni al servizio dell’essere umano, cur. Mirko Colleoni, Rimini: Il Cerchio, 2019, p. 22.

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