Nouakchott, Mauritania. Storia e cultura di una capitale
Racchiusa tra le propaggini occidentali del Sahara e il delta del fiume Senegal, la Mauritania rappresenta una parte rilevante del panorama storico e culturale del Mediterraneo allargato
Racchiusa tra le propaggini occidentali del Sahara e il delta alluviale del fiume Senegal, la Mauritania – a volte in ombra rispetto agli emergenti dossier geopolitici nordafricani e saheliani – offre l’occasione di far luce su parte del vasto mosaico storico e culturale del Mediterraneo allargato. Terreno di incontro e scontro tra paradigmi politici, culturali, religiosi, quello mauritano è un retaggio ibrido, germogliato sulle piste carovaniere che fino al diciassettesimo secolo connettono il Maghreb, tramite il deserto del Sahara, all’Africa occidentale e subsahariana.
Fluisce attraverso queste ultime, nel corso dei secoli, il commercio di immense realtà politiche. Tra settimo e dodicesimo secolo domina l’impero soninke del Ghana, le cui origini mitiche affondano nella tarda antichità e la cui estinta capitale nell’odierna Mauritania sudorientale, Kumbi Saleh, schiudeva ai mercanti arabo-berberi del Maghreb i cancelli del Senegal e della valle del Niger, ricchi di risorse minerarie. Un crocevia strategico ereditato in seguito dai ricchissimi mansa dell’impero del Mali, consegnati alla storia dal geografo arabo Ibn Battuta. Nel controllo di questi tracciati – linfa vitale, e lucrativa, dell’economia trans-sahariana – trova radici il consolidamento dell’influenza araba e islamica sulla regione: prima attraverso l’ascesa della dinastia berbera almoravide di scuola malechita – sotto i cui colpi crolla il dominio ghanese – quindi dei successori almohadi e merinidi, destinati a stabilire il proprio dominio su gran parte del Maghreb e a rallentare, per qualche tempo, il graduale processo di reconquista cristiana della penisola iberica[1].
Oro, avorio, sale, gomma arabica: su queste fondamenta fiorisce nell’entroterra mauritano una cultura raffinata e cosmopolita, che mescola le elaborate tradizioni degli imperi africani di lingua mande con il retaggio arabo affermatosi negli ultimi secoli dell’Età d’oro islamica, tramite l’insediamento di successive confederazioni tribali destinate a inglobare l’elemento berbero in posizione dominante. Gli avamposti commerciali sorti sulle principali vie carovaniere – Walala, Tishit, Wadan, Shinqit – diventano sede di biblioteche e centri di apprendimento al crocevia commerciale di due mondi, tra Fez e Timbuktu. Ma si tratta di un’eredità fragile: lo sviluppo del commercio marittimo, inaugurato dalle esplorazioni portoghesi del quindicesimo e sedicesimo secolo, e la successiva espansione delle potenze europee spostano il baricentro politico della regione, favorendo il declino delle antiche vie di terra. La Francia consolida il proprio dominio coloniale a partire dal 1860 a fronte degli emirati arabo-berberi di Trarza e Brakna, e definisce i confini di un protettorato ufficiale nel 1904: creazione, questa, volta a collegare i possedimenti francesi in Africa occidentale con l’Algeria, costituendo al tempo stesso un deterrente alle ambizioni territoriali del Marocco.
Dopo la conquista dell’indipendenza, nel 1960, il volto della neonata Repubblica islamica muta ancora, forse irreversibilmente. Il susseguirsi di cronici periodi di siccità a partire dagli anni Settanta, esacerbato dai cambiamenti climatici, conduce al rapido inurbamento di oltre metà della popolazione, cui si uniscono i flussi dei profughi sahrawi sfollati a seguito del conflitto per il Sahara occidentale (1975-79) che coinvolge Marocco, Mauritania e le milizie indipendentiste del Fronte Polisario. Nell’arco di pochi anni, la capitale costiera Nouakchott – attestata attorno ai duecento abitanti al termine del governo coloniale francese – subisce uno sviluppo urbano senza precedenti, che mina fatalmente le basi del tradizionale stile di vita seminomade e ne mantiene il ricordo, al tempo stesso, nello sviluppo urbano spontaneo e diffuso sul modello degli accampamenti sahariani.
Nata virtualmente ex nihilo e proliferata, negli ultimi cinquant’anni, tra la nascente green belt che separa le periferie dal deserto e le dune della riserva naturale del Banc d’Arguin protese nell’Atlantico, Nouakchott non è, tuttavia, una capitale senza memoria. Con il suo milione e mezzo di abitanti, la città è cardine di un ecosistema politico e socioculturale altrettanto complesso, bilanciato sulla – spesso delicata – convivenza degli elementi di ascendenza arabo-berbera Hassani (essi stessi divisi in un articolato sistema di caste, polarizzato dal divario tra “mauri bianchi” Beydan e “neri” Haratin) e delle componenti subsahariane di etnia Wolof, Soninke, Fulani, Halpulaaren[2]. Un crogiolo di difficile gestione (e spesso caratterizzato da politiche governative di radicale arabizzazione) la cui storia sopravvive nei manoscritti custoditi, ancora oggi, nelle “biblioteche del deserto”: ultime vestigia dei grandi ksour sahariani, minacciati dal graduale avanzare delle sabbie e considerati dal 1996 patrimonio dell’umanità[3].
Patrimonio, questo, solo in parte tangibile. A Nouakchott trova piena espressione la tradizione letteraria mauritana, quasi sempre trasmessa per via orale – non casuale l’epiteto land of a million poets – ispirata dagli stilemi della letteratura araba classica e redolente delle raffinate influenze andaluse. Nonché in quella musicale, codificata secondo crismi tramandati oralmente attraverso i secoli e ad oggi innovati dalle ultime generazioni di iggawen, artisti itineranti sul modello dei griots dell’Africa occidentale[4].
Un paese ben lontano, dunque, dal soprannome di Grande Vide coniato in epoca coloniale, che vanta un patrimonio all’insegna di secolari sincretismi culturali. Ma anche un mondo che, riesumando l’importanza strategica del commercio transahariano attraverso i progetti di interconnessione stradale con Marocco e Algeria, sembra affacciarsi nuovamente al bacino mediterraneo. Un mosaico da custodire, e arricchire, per i giorni futuri.
[1] Bennison, A.K. (2016) The Almoravid and Almohad Empires. Edinburgh University Press. https://www.jstor.org/stable/10.3366/j.ctvhrczbp
[2] Melly, P. (2019) Mauritania’s Unfolding Landscape. Chatham House. https://www.chathamhouse.org/2019/04/mauritanias-unfolding-landscape/3-mauritanias-societal-complexities
[3] Ancient Ksour of Ouadane, Chinguetti, Tichitt and Oualata. UNESCO 2009. https://whc.unesco.org/en/list/750
[4] Shoup, J. (2007) The Griot Tradition In Ḥassāniyya Music: The "Īggāwen". Quaderni di Studi Arabi, vol.2, pp. 95-102. https://www.jstor.org/stable/25803021?read-now=1&seq=3#page_scan_tab_contents