Oman: hub energetico e mediatore geopolitico
Nel pieno della transizione energetica e di un contesto geopolitico frammentato, l’Oman sta emergendo come un attore chiave, capace di combinare ambizioni economiche con abilità diplomatiche di mediazione.

Grazie a una posizione geografica privilegiata, a una tradizione di neutralità attiva e a un’agenda nazionale centrata sulla diversificazione e la sostenibilità, Muscat si propone come un partner sempre più rilevante sia per le potenze occidentali sia per quelle asiatiche. La recente firma del primo accordo per la creazione di un corridoio commerciale su larga scala di idrogeno liquido tra l’Oman e l’Europa rappresenta un punto di svolta sia per il posizionamento economico del Sultanato sia per il suo peso geopolitico nella nuova architettura multipolare. Parallelamente, il consolidamento del ruolo omanita come mediatore credibile in alcuni dossier di sicurezza regionale – dalle tensioni tra Stati Uniti e Iran alla gestione della crisi yemenita – conferma l’efficacia di una strategia diplomatica basata sulla flessibilità, il pragmatismo e il rifiuto delle polarizzazioni settarie.
Nel corso della visita di Stato di Sua Maestà il Sultano Haitham bin Tarik nei Paesi Bassi, il Sultanato dell’Oman ha siglato uno storico accordo di sviluppo congiunto per l’istituzione del primo corridoio commerciale globale di idrogeno liquido, collegando Duqm ai porti europei di Amsterdam e Duisburg. Questo progetto si inserisce pienamente nelle priorità della transizione energetica europea e risponde alla crescente domanda di fonti energetiche pulite e sicure in un continente sempre più attento alla riduzione delle emissioni e alla diversificazione degli approvvigionamenti.
Il cuore del corridoio sarà rappresentato dal più grande terminale mondiale di liquefazione, stoccaggio ed esportazione di idrogeno verde, che sorgerà a Duqm, area già strategicamente posizionata lungo le principali rotte marittime globali. Questa infrastruttura contribuirà non solo alla sicurezza energetica europea, ma anche all'integrazione progressiva del Sultanato nelle catene del valore industriali e logistiche continentali.
L’accordo si inserisce in una strategia più ampia di diversificazione economica dell’Oman, che punta a ridurre la dipendenza dagli idrocarburi tradizionali investendo su settori ad alto valore aggiunto, come l’energia rinnovabile e i servizi logistici. Come sottolineato dal Ministro dell’Energia e dei Minerali, Salim bin Nasser Al Aufi, l’iniziativa contribuirà anche allo sviluppo industriale, alla creazione di posti di lavoro qualificati e al rafforzamento delle capacità tecnologiche nazionali, in linea con la Vision 2040 del Sultanato.
Parallelamente al suo ambizioso progetto di transizione energetica, l’Oman sta costruendo con discrezione ma determinazione le basi di una crescita economica più ampia, fondata sulla diversificazione delle relazioni commerciali, sull’attrazione di investimenti internazionali e sullo sviluppo del settore dei servizi. Un dato particolarmente emblematico è rappresentato dalla crescita del commercio non-oil con gli Emirati Arabi Uniti, che nel 2024 ha registrato un aumento del 9,8%, raggiungendo un valore complessivo di 15,3 miliardi di dollari. Questo risultato non solo rafforza il legame strategico tra due economie chiave del Golfo, ma dimostra anche come l’Oman stia ampliando la sua presenza commerciale in settori diversi dagli idrocarburi, puntando su logistica, manifattura leggera, agribusiness e tecnologie.
Il rafforzamento del settore fieristico e congressuale costituisce un ulteriore indicatore di questa apertura progressiva. L’Oman Convention & Exhibition Centre (OCEC) di Muscat, con oltre 200 eventi ospitati ogni anno, si è affermato come una delle principali piattaforme regionali per incontri internazionali, culturali e commerciali. Manifestazioni di rilievo come il Muscat International Book Fair, giunto alla sua 29ª edizione, non solo attraggono visitatori da tutto il mondo, ma contribuiscono anche a posizionare l’Oman come un hub culturale e commerciale nella Penisola Arabica.
La strategia perseguita con l’OCEC – incentrata sulla collaborazione stretta con organizzatori locali e internazionali, sulla promozione dell'ospitalità omanita e sulla qualità infrastrutturale – si inserisce perfettamente negli obiettivi di diversificazione economica del Sultanato. Attraverso il sostegno a piccole e medie imprese, il consolidamento di settori come il turismo congressuale e la creazione di sinergie con l’industria alberghiera e dei servizi, l’Oman punta a rafforzare il proprio tessuto economico interno e a migliorare il suo profilo globale.
Questi sviluppi economici, pur meno vistosi delle grandi iniziative energetiche, giocano un ruolo cruciale nel rafforzare la resilienza del paese di fronte alle sfide della competizione globale e della volatilità dei mercati, rappresentando le fondamenta di un futuro in cui l’Oman potrà contare su una base economica più solida, diversificata e interconnessa con il resto del mondo.
Contemporaneamente, nonostante alcune narrazioni recentemente alimentate per ritrarre l’Oman come un attore ambiguo a causa dei suoi rapporti con Ansar Allah (i cosiddetti Houthi), la realtà della politica estera omanita racconta una storia ben diversa: quella di un paese che, attraverso la neutralità e la diplomazia silenziosa, ha contribuito costantemente a ridurre le tensioni regionali. Le accuse di complicità con gli Houthi trascurano elementi fondamentali: la vicinanza geografica, la necessità di tutelare la sicurezza nazionale e il consolidato approccio omanita alla mediazione piuttosto che al confronto. Con oltre 300 chilometri di confine condiviso con uno Yemen instabile, l’Oman ha tutto l’interesse a prevenire un’escalation che potrebbe travolgere la sicurezza regionale e minacciare direttamente il proprio territorio. Il rischio di infiltrazioni armate, traffico di armi e destabilizzazione economica spinge Muscat ad adottare una strategia di coinvolgimento discreto, finalizzata a mantenere canali di comunicazione aperti con tutte le parti in conflitto.
Storicamente, l’approccio pragmatico dell’Oman ha offerto risultati tangibili: Muscat ha giocato un ruolo chiave nella risoluzione della crisi diplomatica del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC) del 2017 e ha favorito il processo di riconciliazione sfociato nel vertice di Al-Ula del 2021.
Ha supportato la reintegrazione diplomatica dell’Iraq nello scenario regionale attraverso accordi di cooperazione energetica e fiscale. Soprattutto, gli sforzi omaniti hanno gettato le basi per la normalizzazione tra Iran e Arabia Saudita, formalizzata poi da Pechino nel 2023, dimostrando la capacità di Muscat di avviare processi di dialogo anche nei contesti più polarizzati.
Ancora più delicato è il ruolo svolto nella gestione delle tensioni USA-Iran, con Muscat che ha facilitato canali di comunicazione. Il ruolo dei diplomatici omaniti nella stagione di confronto negoziale che si è riaperta a inizio aprile è cruciale. La capitale del sultanato ha ospitato il primo vertice tra funzionari iraniani e americani dal 2018 – quando durante il suo primo mandato Donald Trump ritirò gli Stati Uniti dal Jcpoa, acronimo dell’accordo per il controllo del programma nucleare iraniano. Se adesso si assiste a un tentativo non tanto di salvare quell’intesa, probabilmente irrecuperabile, ma di costruire qualcosa di simile e auspicabilmente funzionale, è anche grazie ai buoni uffici omaniti. Tanto che nonostante il secondo dei primi due appuntamenti sia stato spostato a Roma, sono stati sempre gli uomini di Muscat – guidati dal ministro degli Esteri Haytham bin Tariq Al Sa’id. – a condurre i colloqui, ospitati nella residenza dell’ambasciatore omanita nella capitale italiana. In modo del tutto simile a come Riad sta ospitando gli incontri tra Usa e Russia (e Ucraina), Muscat lavora su un altro enorme dossier internazionale, segnando una centralità che ormai la Penisola Araba ha acquisito come snodo non solo di commercio e sviluppo, ma anche della diplomazia.