Approfondimenti

Quale futuro politico per il Pakistan?

Imran Khan è determinato a riprendere il premierato perduto alle ultime elezioni e invoca le urne anticipate. Le sue prossime mosse potrebbero condizionare il futuro politico del Pakistan. L’analisi di Guido Bolaffi

Il futuro politico del Pakistan potrebbe essere legato a quello del suo ex Primo Ministro Imran Khan, il quale, dopo non essere riuscito ad evitare il 9 aprile la sfiducia del Parlamento, sembra ora intenzionato a riprendere ad ogni costo il premierato perduto, pretendendo la fine anticipata della legislatura, per ottenere la quale ha “spinto”, in violazione del sacro principio dell’autonomia del mandato parlamentare, cento deputati della sua ex maggioranza a dimettersi dall’Assemblea Nazionale ed ha organizzando nel paese una campagna di delegittimazione politico-morale dei suoi avversari e delle istituzioni. Di ciò dà conto nell’articolo Days after ouster, Imran Khan is back on the trail in Pakistan il corrispondente da Islamabad del New York Times: “Days after being forced to step down, Khan was back on campaign trail, embracing the inflammatory tactics he used for years to whip up unrest and keep his predecessors off balance, leaving many in Pakistan bracing wearly for a new chapter of political turmoil”.

Un atteggiamento che sa più di vendetta che di legittima voglia di riscatto politico. Non a caso, scrive C. Raja Mohan nell’articolo Imran Khan has done what no civilian leader in Pakistan has done before, “Prime Minister Imran Khan, like the Biblical character Samson who destroyed the temple of Dagon in Gaza killing his Philistine captors and himself, appears determined to bring down the house of Pakistan [...] challenge the deep state by mobilizing the street”.

Ecco perché il Pakistan potrebbe rischiare, purtroppo, di pagare a caro prezzo l’azzardo politico di Imran Khan: perché se l’ex premier non riuscisse ad ottenere il voto anticipato, è chiaro che ne potrebbero seguire mesi di tensioni politiche tali da aggravare le difficoltà di un’economia come quella pakistana da tempo in profondo rosso. Al riguardo, ed a sicura smentita del complotto che secondo l’ex campione di cricket sarebbe stato perpetrato ai danni della sua premiership, vale forse la pena rammentare che molti mesi addietro, esattamente il 21 ottobre del 2021, l’editoriale dello stimato quotidiano pakistano Dawn, analizzando lo stato penoso in cui versava l’economia del Paese, scriveva: “The impending economic crisis (temporarily postponed due to a critical injection of $3.2 billion from Saudi Arabia) is now raising the same question that arises whenever one affair like this gets going: will the government survive?”.

Tanto più se, come sostiene il direttore del Boston University’s School of Global Studies Adil Najam, “A country where many wounds of division were already deep and deeply felt has now become even more divided with new lines of polarization having emerged [...] What we are seeing is not just preelection rhetoric, but a deep societal division which is not going to go away.”

Scenario forse ancor più fosco nel caso in cui l’attuale governo provvisorio guidato da Shehbaz Sharif decidesse, cedendo alle pressioni di Imran Khan, di chiamare i pakistani alle urne. Infatti, se dovesse vincere Khan, potrebbe essere scontata una ritorsione nei confronti di quanti – militari, giudici e parlamentari – sono stati da lui ripetutamente additati, nelle pubbliche piazze e sulla stampa, come traditori al servizio degli americani e delle nazioni straniere ostili alla politica di indipendenza del Pakistan. Tanto è vero che “Khan – per usare le parole del giornalista della BBC Secunder Kermasni – alleges he is victim of a US-led attempt to affect regime change in Pakistan, because of the anti-Western tilt in his foreign policy [...] a narrative that does appear to be resonating with Mr. Khan’s supporters, tapping into a reservoir of anti-Americanism in the country [...] He says he’s victim of an international conspiracy attempting to bring about regime change in Pakistan.”

Se al contrario Khan finisse sconfitto, è altrettanto sicuro che potrebbe non accettare (con tutte le conseguenze del caso) il verdetto delle urne, visto quanto da lui stesso dichiarato non più tardi di mercoledì scorso di fronte a decine di migliaia di fan assiepati nelle piazze di Peshawar: “Do we want to be slaves of the United States or do we want real freedom? My youth, get ready, I will be out on the street with you in every city”.

E che le cose in Pakistan potrebbero volgere al peggio lo confermano due recenti articoli pubblicati da Indian Express, il primo, e da Foreign Policy Briefs, il secondo.

Il primo, Imram Khan tried to sack Army chief Gen. Bajwa before ouster: According to a new report, the Prime Minister had issued orders an hour ago to remove one of the high officials who came to meet him. So, the uninvited arrival of these guests was unexpected for Prime Minister. Imran Khan was waiting for a helicopter but those arriving on the helicopter were against his estimate and expectations.”

Il secondo, Pakistan-Afghanistan tensions: “Pakistan’s foreign ministry has accused the Taliban government in Afghanistan of allowing terrorists to act with impunity within its borders and threatening Pakistan’s security in the process. The statement marks a departure of the new Prime Minister Shehbaz Sharif from former Prime Minister Imran Khan’s warmer tone toward the Islamist group and comes after Pakistan reportedly killed more than 47 people in air strikes on the Afghan provinces of Khost and Kunar”.

Approfondimenti

Cosa ci racconta l’ultima riunione della SCO

La Shanghai Cooperation Organization, pur avendo le sue diverse sensibilità interne, anche con l’ultima riunione ha dimostrato l’interesse a diventare un blocco sempre più antioccidentale. L’analisi di Emanuele Rossi

Leggi l'approfondimento
Approfondimenti

Coalizioni e network in Yemen: l’impatto della politica interna sulla regione del Mar Rosso

La guerra civile yemenita, ormai decennale, è profondamente influenzata dagli equilibri regionali. Le potenze esterne, in particolare Arabia Saudita ed Emirati Arabi, sostengono attivamente le fazioni avverse agli Houthi, mentre questi ultimi cercano di ampliare la loro rete di alleanze al di là dell'asse iraniano. All'interno del Paese, le varie fazioni politiche e militari continuano a negoziare e ridefinire le proprie posizioni, in un contesto di grande instabilità.

Leggi l'approfondimento
Approfondimenti

In Pakistan la lotta al terrorismo volta pagina

In Pakistan la lotta al terrorismo volta pagina, dopo le decisioni assunte dal governo per contrastare la minaccia di nuovi attentati. Il punto di Guido Bolaffi

Leggi l'approfondimento