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Vita di Mohammad Mossadeq

La vita di Mohammad Mossadeq nel racconto di Fausto Cereti. Settimo appuntamento con “Vite nella storia del Mediterraneo”, la rubrica a cura di Pietrangelo Buttafuoco

Mohammad Mossadeq nacque a Teheran nel 1882[1], figlio della nobiltà qajara. Fervente nazionalista decise di trasferirsi a Parigi nel 1909, in seguito alla repressione del movimento costituzionalista persiano, per studiare Economia salvo poi interrompere gli studi in seguito al sopraggiungere di una malattia psico-fisica che lo accompagnò per l’intera durata della sua vita. Tornato in Iran per curarsi egli assistette alla sconfitta della repressione anti-costituzionalista e, una volta guarito, decise di ritornare a Parigi per continuare gli studi. Avendo deciso di far studiare i propri figli presso Neuchatel decise di sospendere il soggiorno parigino e di trasferirsi in Svizzera dove conseguì la laurea e il dottorato in Giurisprudenza. In seguito al conseguimento del dottorato egli decise di ritornare a Teheran salvo poi scegliere di ritornare in Svizzera, dopo aver declinato la possibilità di co-operare con il nuovo esecutivo iraniano, per presunti motivi famigliari; poco dopo il suo ritorno in Svizzera, nell’agosto del 1919 venne firmato l’accordo anglo-persiano che prevedeva importanti concessioni petrolifere per l’allora Anglo Persian Oil Company oltre che modifiche dell’apparato militare e finanziario persiano. In seguito alla firma dell’accordo del 1919 egli decise di avviare le pratiche per la cittadinanza svizzera convinto di rimanere lì per tutta la durata della sua vita. Alla caduta del governo di Vusuq al-Dawleh, decise di accettare di ritornare in Persia per ricoprire la carica di Ministro della Giustizia del nuovo Esecutivo[2] ma nel viaggio verso Teheran, convinto dai notabili locali, accettò l’incarico di Governatore della provincia persiana del Fars. In seguito al colpo di stato del 1921 guidato da Reza Kahn e Sayed Zia Tabatabai, dopo una breve esperienza come Ministro delle Finanze, venne nominato Governatore della provincia dell’Azerbaijan. Eletto nel IV Majlis egli si oppose nel 1925, con un celebre discorso, all’autoproclamazione a sovrano di Reza Khan, ora Reza Shah. In seguito alla sua opposizione alla monarchia egli si convinse di non poter essere eletto alle elezioni parlamentari del 1928 e, di conseguenza, decise di ritirarsi a vita privata, presso la sua residenza di Ahmadabad, fino al 1940 anno in cui venne arrestato salvo poi essere scarcerato per intercessione di Henri Perron, amico del principe Mohammad Reza Pahlavi, come ringraziamento per le cure ricevute dal figlio di Mossadeq presso l’ospedale Najmeh di Teheran. Nel 1941 Reza Shah venne deposto dalle potenze alleate per le sue simpatie naziste e per la necessità di fornire approvvigionamenti all’Unione Sovietica durante l’invasione tedesca. Le potenze alleate decisero di designare come nuovo sovrano il figlio di Reza Shah, Mohammad Reza Pahlavi.

Il profondo sentimento nazionalista di Mossadeq caratterizzò la sua intera carriera politica, come visto precedentemente, ma raggiunse il suo apice negli anni in cui divenne Primo Ministro e implementò la nazionalizzazione della Anglo-Iranian Oil Company. In seguito al fallimento dell’Accordo Supplementare del 1949, volto a salvare la concessione stipulata tra Anglo Iranian Oil Company e Iran del 1933, il Parlamento iraniano approvò la nazionalizzazione dell’AIOC con voto unanime nel 1951. Poco prima, il 7 Marzo 1951, era stato assassinato il Primo Ministro iraniano Ali Razmara, deciso sostenitore di una mediazione tra Gran Bretagna e Iran riguardo alla concessione petrolifera.[3] In seguito alla nazionalizzazione della compagnia petrolifera lo Shah Mohammad Reza vide spegnersi definitivamente le possibilità di approvare l’Accordo Supplementare e fu costretto a nominare, in quanto leader indiscusso del Fronte Popolare, Mohammad Mossadeq nuovo Primo Ministro.[4] Una volta divenuto Primo Ministro egli perseguì con ancora maggiore intensità e determinazione il processo di nazionalizzazione dell’azienda petrolifera divenuta ora National Iranian Oil Company (d’ora in avanti NIOC). Con l’avvenuta nazionalizzazione dell’AIOC il governo britannico laburista, in aperto contrasto con le politiche di Mossadeq, iniziò a ritirare i suoi tecnici e i suoi dirigenti dal territorio iraniano facendoli confluire, per la maggior parte, presso la città irachena di Bassora dall’altro lato dello Shatt-Al-Arab. Nonostante il ritiro del personale britannico[5], il governo di Sua Maestà continuò ad opporsi in maniera intransigente all’avvenuta nazionalizzazione, non riconoscendola in quanto considerata contraria al diritto internazionale data la legittimità dell’accordo stipulato dal governo iraniano con l’AIOC.[6] L’allontanamento e la partenza del personale tecnico britannico comportò una necessaria ricerca da parte della neocostituita NIOC di personalità in grado di poter far proseguire il funzionamento delle raffinerie, ricerca che venne fortemente boicottata dal governo britannico mediante pressioni diplomatiche anche nei confronti dell’alleato statunitense. Il continuo fallimento delle trattative per il raggiungimento di un accordo tra Gran Bretagna e Iran, nonostante il tentativo di mediazione statunitense, non giunse a nessun risultato tangibile data l’intransigenza totale di Mossadeq, da un lato, e del governo laburista di Attlee, dall’altro.[7] Non riuscendo a giungere ad un accordo, il Governo britannico decise di sottoporre la questione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, convinto di riuscire a portare alla luce le debolezze e il presunto fanatismo del primo ministro iraniano; il risultato evidenzierà, invece, un successo diplomatico totale di Mossadeq e del suo governo. Mossadeq, stupendo l’opinione pubblica internazionale e lo stesso governo britannico, decise di sostenere personalmente la difesa delle posizioni iraniane a New York. Il Primo Ministro, dopo uno scalo a Roma, giunge a New York il 14 Ottobre del 1951. I suoi problemi di salute non gli permisero di sostenere per intero le tesi difensive, da lui preparate, presso il Consiglio di Sicurezza e fu coadiuvato, nella loro esposizione, dall’ambasciatore iraniano presso l’Onu, Allahya Saleh. Al termine delle tre sessioni dedicate alla questione petrolifera iraniana, il Consiglio di Sicurezza deliberò la sospensione della questione, di fatto riconoscendo una vittoria diplomatica tout court di Mossadeq. Prima di tornare in Iran il Primo Ministro iraniano fu invitato da Truman a Washington in un ultimo tentativo di mediazione statunitense. Il tentativo fallì e Mossadeq lasciò gli Stati Uniti senza un accordo ma con una mai così ampia fama internazionale. In questo contesto internazionale fu nominato dalla rivista The Time come personalità dell’anno 1951, con un articolo che, nonostante i toni poco lusinghieri, lo definì come “un George Washington iraniano”. Nel suo viaggio di ritorno verso l’Iran Mossadeq fece tappa in Egitto dove venne accolto come un eroe, quasi fosse un segno premonitore, di quello che sarebbe poi divenuta la crisi di Suez del 1956.

Solo otto mesi dopo il suo viaggio presso gli Stati Uniti, nel Luglio 1952, Mossadeq chiese allo Shah Mohammad Reza ciò che nessun Primo Ministro aveva mai chiesto prima: il diritto di nominare il Ministro della Guerra. Sin dalla rivoluzione costituzionale del 1906 una convenzione non scritta prevedeva che la nomina di suddetto ministro fosse di competenza dello Shah, in quanto comandante a capo delle Forze Armate. La richiesta di Mossadeq, una volta respinta dallo Shah, lo portò a dimettersi, il 17 Luglio, di fatto aprendo al sovrano l’agognata possibilità di sostituire l’ormai ingombrante e popolare Primo Ministro. Lo Shah, su decisiva influenza britannica, decise di nominare come suo sostituto Ahmad Qavam, già Primo Ministro negli anni ’40 e principale protagonista della risoluzione dello scontro tra Iran e Unione Sovietica riguardo alla provincia dell’Azerbaijan. Le motivazioni alla base delle dimissioni di Mossadeq potrebbero essere molteplici: in primis la sempre più difficile situazione economica iraniana dovuta al vertiginoso crollo delle entrate petrolifere in seguito all’embargo britannico; secondariamente la tendenza di Mossadeq di ritirarsi dalla scena politica in seguito alla manifestazione di impedimenti apparentemente insuperabili.[8] Le dimissioni di Mossadeq e la nomina di Qavam, intanto approvata dal Majlis con il supporto di parlamentari filo-britannici, comportarono una importante e determinante reazione della popolazione iraniana. Il 21 Luglio vi furono generali manifestazioni di piazza invocanti il ritorno di Mossadeq che determinarono le dimissioni di Qavam e, oltre alla nuova nomina di Mossadeq a Primo Ministro, la facoltà di nominare il Ministro della Guerra. Nella stessa settimana del 21 Luglio giunse a Teheran la notizia della vittoria iraniana presso la Corte dell’Aia. In seguito alla sconfitta diplomatica presso il Consiglio di Sicurezza, il Governo britannico decise di sottoporre la questione presso la Corte dell’Aia. Mossadeq si recò presso l’Aia per sostenere le posizioni del governo iraniano salvo poi ripartire per Teheran lasciando la difesa della causa iraniana ad un professore di diritto internazionale belga, Henri Rolin. La necessità di assentarsi dal Paese per recarsi presso L’Aia, oltre alle numerose irregolarità elettorali avvenute principalmente nelle località rurali, comportò la controversa decisione di sospendere il processo elettorale in maniera inizialmente temporanea ma successivamente divenuta permanente.[9] La sospensione del processo elettorale del 1952 fu insieme alla richiesta dei “pieni poteri” approvata in Parlamento, e poi rinnovata nuovamente nel 1953, la dimostrazione, soprattutto agli occhi degli oppositori di Mossadeq, di una sempre più evidente e preoccupante deriva autoritaria. Questo sempre maggiore accentramento di potere sulla sua persona, oltre alle sempre più deleterie conseguenze economiche dell’embargo petrolifero, determinarono un sempre maggiore smembramento del Fronte Popolare (Jabeh-e-Melli) che aveva determinato l’ascesa al potere di Mossadeq. La principale rottura in questo senso avvenne con l’Ayatollah Kashani, fondamentale per la riuscita della rivolta popolare del 21 Luglio e sempre più in contrasto con la politica riformista di Mossadeq. Questo sempre maggiore scontento interno al Fronte Popolare, oltre alle sempre più preoccupanti condizioni economiche dell’Iran furono elementi di primo piano e spesso trascurati della deposizione di Mossadeq nell’Agosto del 1953. Oltre alle manifeste problematiche interne, due eventi determinarono la caduta di Mossadeq ed il successo dell’operazione TPAjax da parte dei servizi segreti statunitensi e britannici: l’elezione nel 1951 di Winston Churchill a Primo Ministro inglese, da un lato, e quella di Dwight Eisenhower come Presidente degli USA nel 1952, dall’altro. La nuova amministrazione conservatrice britannica, guidata da Winston Churchill e che aveva Anthony Eden come ministro degli Esteri, era disposta ad utilizzare qualsiasi mezzo necessario a riaffermare la grandezza imperiale britannica e in questo senso ideò l’operazione Boot, poi divenuta in seguito al coordinamento con la Cia, operazione TPAjax. Dopo un iniziale fallimento, dovuto probabilmente ad una fuga di informazioni, l’operazione riuscì ad organizzare importanti manifestazioni di massa, che insieme alla collaborazione di numerose personalità iraniane di spicco, riuscirono a deporre definitivamente Mossadeq nell’agosto del 1953 e a sostituirlo con il Generale Zahedi, figura di spicco individuata da Usa e Gran Bretagna come maggiormente adatta a ricoprire il ruolo di Primo Ministro. La caduta di Mossadeq venne infine sancita dal ritorno dello Shah in patria, dopo che in seguito al fallimento inziale dell’Operazione aveva lasciato l’Iran alla volta di Baghdad per poi trasferirsi presso l’hotel Excelsior di Roma, e alla condanna di Mossadeq agli arresti domiciliari presso la sua abitazione di Ahmadabad.

La figura di Mohammad Mossadeq necessita di una importante analisi in quanto egli ha rappresentato il primo leader in grado di determinare ed incarnare quel fenomeno di anticolonialismo e nazionalizzazione che ha caratterizzato la seconda meta del XX secolo. Una compiuta e definitiva analisi sul personaggio non è ancora emersa in quanto per molti è stato un leader nazionalista e democratico che aveva come obbiettivo l’indipendenza della propria nazione e per altri un pericoloso leader autoritario che tentò di instaurare una dittatura. Ciò che è certo è il fatto che Mossadeq rappresenti una delle più importanti personalità politiche del XX secolo, in grado di innovare internamente il proprio Paese e di essere un pioniere dell’opposizione nazionalista e patriottica alle superpotenze globali. Altrettanto sicura è l’attrazione che la sua figura ha, ancora oggi, per molti iraniani, che vedono nel suo breve governo un’occasione perduta per far nascere e crescere un governo democratico.


[1] H. Katouzian, Mussadiq and the struggle for power in Iran, I.B. Tauris, 1990. Secondo l’Enciclopedia Britannica nasce nel 1880 mentre nel celebre articolo del The Time nel 1979

[2] Secondo Katouzian egli accettò l’incarico solo per ottenere un visto per l’India, H. Katouzian, op. cit.

[3] Da notare come l’autopsia del corpo del Primo Ministro evidenzino come la pistola che ha inflitto i colpi mortali evidenzino una partecipazione dello Shah nell’assassinio. S. Kinzer, All the Shah’s Men, John Wiley & Sons, Inc, 2003

[4] Quest’ultimo aveva condizionato la sua accettazione dell’incarico ad una votazione sull’implementazione della nazionalizzazione della Anglo Iranian Oil Company.

[5] Ritiro che verrà completato nell’Ottobre del 1951 in concomitanza del viaggio di Mossadeq presso gli Usa.

[6] Interessante notare come il ministro delle finanze firmatario dell’accordo del 1933, Hassan Taqizadeh, abbia successivamente evidenziato come fu costretto a firmare. H. Katouzian, Mossadeq and the Power Struggle for Power in Iran, I.B. Tauris, 1990 e S. Beltrame, Mossadeq; l’Iran, il petrolio, gli Stati Uniti e le radici della Rivoluzione Islamica, Rubbettino Editore, 2009.

[7] Kinzer evidenzia come l’unico “paletto” posto dal governo laburista è quello del ricorso ad una soluzione che implichi l’utilizzo della forza. S. Kinzer, All the Shah’s Men, John Wiley & Sons, Inc, 2003

[8] Una ulteriore motivazione potrebbe essere la convinzione di Mossadeq stesso di aver perso la causa presso la Corte dell’Aja. Quest’ultima motivazione viene evidenziata da H. Katouzian dopo uno studio delle memorie del Primo Ministro Iraniano. H. Katouzian, Mossadeq and the power struggle in Iranian Politics, I. B. Tauris, 1990

[9] Il processo elettorale fu sospeso quando erano stati nominati 80 parlamentari su 136

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