Continua lo scambio ininterrotto di fuoco tra le forze israeliane e quelle di Hezbollah che, “a sostegno dei fratelli palestinesi”, colpiscono giornalmente le comunità e gli avamposti israeliani; i contrattacchi dell’IDF sono sempre puntuali. Ad oggi, le schermaglie sulla frontiera hanno causato, la morte di 10 civili e di 15 militari israeliani, oltre allo sfollamento di migliaia di persone. Sono stati uccisi, invece, circa 340 miliziani di Hezbollah, 62 di altri gruppi terroristici e dozzine di civili libanesi. In tale, pericoloso quadro di possibile escalation, l’11 giugno, le forze armate israeliane hanno sferrato un attacco aereo nel sud del Libano, nel quale è rimasto ucciso Taleb Abdullah, un alto comandante delle forze di Hezbollah. Si tratta del membro più importante del gruppo eliminato da Israele in questi otto mesi ostilità. In risposta al raid israeliano, il movimento sciita ha lanciato oltre confine più di 200 razzi e numerosi missili, l’attacco più massiccio sferrato in questo periodo contro Israele, promettendo di intensificare l’offensiva. L’uccisione di Abdullah non ha fatto che inasprire le relazioni già tesissime tra i due contendenti. Più volte, il governo israeliano e l’IDF si sono detti pronti ad intervenire con forza in Libano. Il pericolo di una diffusione nel paese dei cedri del conflitto a Gaza è una delle principali cause di preoccupazione per i paesi della regione e per l’intera comunità internazionale. Durante il suo recente viaggio in Medio Oriente, il Segretario di Stato americano Blinken ha dichiarato che “nessuno sta cercando di dare inizio a una guerra e che molti sono convinti che seguire la via della diplomazia sia il modo migliore per risolvere la questione”. Le minacce reciproche tra Israele e Hezbollah sono comunque continuate per tutto il mese. Il leader di Hezbollah Nasrallah ha avvisato lo stato ebraico che, in caso di guerra, tutto il suo territorio verrebbe colpito. Il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, in visita negli Stati Uniti, ha invece dichiarato che il suo paese potrebbe riportare il Libano all’età della pietra, anche se non vuole farlo. E nessuno vuole una guerra totale tra lo stato ebraico e il paese dei cedri, anche se i toni tra i contendenti suggeriscono altrimenti. Non la vuole la comunità internazionale, tanto preoccupata, però, che la Germania, l’Olanda e il Canada hanno invitato i propri cittadini a lasciare il Libano. Non la vuole l’ONU, che dichiara che il conflitto sarebbe un’apocalisse. Certo non la vogliono gli USA, che temono un coinvolgimento più diretto dell’Iran e il fallimento dell’Iron Dome israeliana se ci dovesse essere un attacco ad alta intensità dal Libano. Il segretario per la Difesa statunitense, Lloyd Austin ha detto alla controparte israeliana Gallant che un’altra guerra con Hezbollah potrebbe avere terribili conseguenze per il Medio Oriente e ha ribadito l’importanza di una soluzione diplomatica. Anche i politici libanesi sono preoccupati. Samir Geagea, leader del Partito Forze Libanesi, il più numeroso in parlamento, ha dichiarato che il movimento sciita, spalleggiato dall’Iran, sta portando il paese in un territorio pericoloso e che il governo ha abbandonato la nazione. Ha aggiunto anche che il conflitto nel Libano meridionale non è collegato soltanto alla guerra a Gaza perché, a causa dei legami di Hezbollah, il paese si trova oggi “invischiato” anche nel Mar Rosso, nello stretto di Hormuz e in quello di Bab al-Mandab, in Iraq e in Siria. Intanto, però, la Lega Araba dichiara di non considerare più Hezbollah gruppo terroristico e si prepara a riprendere i contatti con il gruppo sciita.
Il Libano è al centro di molteplici crisi simultanee, che rendono il paese a rischio di instabilità. L’analisi di Claudia De Martino
Lo scontro a media intensità al confine libanese rischia di risentire delle evoluzioni in corso, ma i diversi interessi in gioco potrebbero mantenere intatto l’equilibrio. Il punto di Emanuele Rossi
Quali possibilità restano aperte per Hezbollah, dopo il discorso del suo leader e le incognite sui rischi di un allargamento del conflitto. L’analisi di Daniele Ruvinetti
Capo di stato | Najīb Mīqātī (ad interim) |
Capo del Governo | Najīb Mīqātī |
Forma Istituzionale | Repubblica Parlamentare confessionale |
Capitale | Beirut |
Potere Legislativo | Assemblea nazionale unicamerale (Majlis al Nuwab, 128 seggi) |
Potere Giudiziario | Corte di Cassazione o Corte Suprema (organizzata in 4 sezioni, ciascuna con un Presidente e 2 giudici associati); Consiglio Costituzionale (composto da 10 membri) |
Ambasciatore in Italia | Mira Daher |
Area Totale | 10.400 km2 |
Terra | 10.230 km2 |
Clima | Mediterraneo: inverni da miti a freschi e umidi con estati calde e secche; le montagne sperimentano forti nevicate invernali |
Risorse Naturali | Petrolio, gas naturale, calcare, gesso e sale |
Sintesi Economica | Un sistema economico libero che garantisce il diritto alla proprietà privata. La maggior parte dell’economia è dollarizzata e il paese non pone restrizioni alla circolazione di capitali stranieri. L’intervento del governo libanese nel commercio estero è minimo. |
Pil | $18.08 miliardi (Dic. 2021) |
Pil pro capite (Parità di potere di acquisto) | $4577 (Dic. 2021) |
Esportazioni | $4.24 miliardi (2020) |
Export partner | Svizzera 26%, Emirati Arabi Uniti 13.6%, Arabia Saudita 5.5%, Stati Uniti 4.29%, Qatar 3.81%, |
Importazioni | $12.9 miliardi (2020) |
Import partner | Turchia 7.3%, Cina 7.1%, Germania 6.93%, Stati Uniti 6.62%, Grecia 6.16%, Italia 4.78%, Russia 4.61%, Francia 3.57% (2020) |
Interscambio con l'Italia | $ 639,61 milioni (2021) |
Popolazione | 5.296.814 (2022 est.) |
Tasso di crescita della popolazione | +0,66% (2022 est.) |
Etnie | Arabo 95%, armeno 4%, altro 1% |
Lingue | Arabo (lingua ufficiale), francese, inglese, armeno |
Religione | Islamica 67,8% (31,9% Sunniti, 31,2% Sciiti, percentuali minori di alawiti e ismailiti), Cristiani 32,4% (i Cattolici maroniti sono il più grande gruppo cristiano), Drusi 4,5%, un numero molto piccolo di Ebrei, Baha'i, Buddisti e Indù (2020) |
Urbanizzazione | 89,3% (2022 est.) |
Alfabetizzazione | 95.1% |
Situato sulla sponda orientale del Mar Mediterraneo, il Libano confina a nord e ad est con la Siria e a sud con Israele. La popolazione ammonta a circa 5 milioni di persone. Il paese ha ottenuto l’indipendenza nel 1943.
Il Libano è nato da una spartizione della Lega delle Nazioni del mandato francese per la Siria e istituzionalmente si basa su una ripartizione politica delle cariche tra le diverse comunità religiose presenti nel paese (sunniti, sciiti e cristiani maroniti). La presenza di Hezbollah, gruppo filoiraniano, e la sua attività politico-militare hanno creato problemi a livello sia internazionale che interno. Dal 1982, l’Italia è presente nel sud del Libano con la missione UNIFIL, di cui è stata al comando per 4 volte ed ha svolto importanti iniziative di cooperazione umanitaria per la stabilizzazione del paese.
Il 4 agosto 2020, una potente esplosione distrusse completamente il porto di Beirut e parte del centro della città, uccidendo oltre 200 persone, ferendone 7 mila e dislocandone 300 mila. Subito dopo l'esplosione, l'Italia è stato uno dei paesi più attivi nel fornire aiuto alla popolazione locale e ha inviato due aerei dell'Aeronautica Militare con otto tonnellate di attrezzature mediche e un team di esperti. Poche settimane dopo, questo fu seguito dall'arrivo al porto di Beirut di un'unità navale logistica che trasportava un ospedale da campo completamente attrezzato con personale specializzato e altre risorse.
I rapporti diplomatici tra l’Italia e il Libano sono sempre stati positivi e rilevanti. Dal punto di vista commerciale, nel 2021 l'interscambio tra i due paesi è stato di circa 640 milioni di dollari.