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A Roma la Conferenza dei Capi di Stato Maggiore della Difesa in Africa

Dalla Conferenza dei Capi di Stato Maggiore in Africa a Roma, alla quale hanno partecipato i generali USA Milley e Langley, emerge il tema del contenimento del Wagner Group. L’analisi di Daniele Ruvinetti

Una decina di giorni fa, Roma ha ospitato un incontro dal valore strategico di cui sono stati protagonisti alti funzionari del Pentagono. Nella capitale italiana il generale Mark Milley, Capo degli Stati Maggiori congiunti, e il collega Michael Langley, Capo del Comando Africa statunitense, hanno incontrato i leader militari di 43 paesi alla Conferenza dei Capi di Stato Maggiore della Difesa in Africa.

La scelta di Roma non è casuale. L’Italia è il Paese alleato statunitense più prossimo al territorio africano, e in quanto tale è una piattaforma operativa ottimale per qualsiasi genere di intervento nel continente. L’Italia ha ottime relazioni con svariati Paesi africani e dunque è anche in grado di attivare i canali military-to-military della diplomazia. Non a caso Milley ha voluto incontrare il suo omologo, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, e il ministro della Difesa, Guido Crosetto, il quale dopo il vertice ha ribadito che “i rapporti tra Italia e Stati Uniti rivestono un’alta rilevanza strategica. L’attuale quadro generale di sicurezza, inoltre, richiede oggi più che mai saldi rapporti bilaterali”.

La cronaca di questo incontro è utile per inquadrarne il tema centrale: il contenimento delle attività russe nel continente africano, soprattutto quelle prodotte attraverso l’uso del Wagner Group, la società militare privata vicina al Cremlino e diretta da Yvegeni Prigozhin, uno dei gerarchi più vicini al presidente Vladimir Putin.

La Wagner, protagonista dell’invasione russa dell’Ucraina e in precedenza dell’intervento russo in Siria, è fortemente attiva in Africa ed è considerata dagli Stati Uniti come un’entità criminale internazionale produttrice di “effetti destabilizzanti in ogni Paese in cui ha messo piede”, attraverso “tattiche brutali” e “violazioni dei diritti umani”. È inoltre promotrice di “pratiche predatorie” che gli hanno permesso di mettere le mani sui beni di diversi Paesi con cui ha stretto accordi di cooperazione per la sicurezza.

Washington ha promosso ultimamente una serie di iniziative per contenere l’espansione delle attività della Wagner e possibilmente per tagliarla fuori dai Paesi nei quali è presente. L’approccio che il Pentagono promuove è definito “olistico” in un recente documento. Questo approccio, che il generale Langley ha chiamato “3D”, è costituito da Diplomacy, Development, Defense: attività guidate rispettivamente dal Dipartimento di Stato, dall’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale e dal Dipartimento della Difesa.

È all’interno di questo quadro che Washington chiede agli alleati di essere presenti, di cooperare in modo proattivo, perché l’arretramento della Wagner è un fattore di interesse strategico che accomuna Usa e Unione Europea. E in quest’ottica l’Italia ha la possibilità di partecipare sia ad attività militari in senso stretto (esercitazioni, dispiegamenti e addestramenti), sia in termini di diplomazia e di facilitazione di investimenti per lo sviluppo.

Roma ha un interesse diretto nel contrastare la Wagner, perché essa è un elemento di destabilizzazione all’interno del già complesso quadro libico – dossier di altissimo valore nella proiezione di politica estera dell’Italia. In Libia, i contractor di Prigozhin sono acquartierati nell’Est del Paese, avendo fornito sostegno alle forze miliziane di Bengasi quando cercavano di conquistare Tripoli e la Tripolitania, rovesciando l’allora governo onusiano, noto come Governament of National Agreement (GNA).

Stabilizzare la Libia e contrastare la Wagner sono pezzi dello stesso puzzle. Se è vero che l’interesse italiano è quello di portare nel Paese nordafricano stabilità e prosperità – per poter beneficiare di un partner più sicuro e anche per contenere le ondate migratorie –, allora è necessario togliere dal campo forze “destabilizzanti” – per usare lo stesso termine di Langley.

Anche in quest’ottica, l’impegno italiano sulla questione libica dovrebbe continuare a essere considerevole, sfruttando questo rinnovato interessamento statunitense. Liberare il Paese dalla Wagner sarebbe di primaria importanza perché la forza russa è presente attivamente, essendosi creata una rete di contatti e soffiando sul fuoco delle divisioni per complicare il dossier a detrimento degli interessi dell’Europa – e dunque dell’Italia.

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