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Arabia Saudita: a Gedda il primo festival internazionale del cinema

In Arabia Saudita la rivoluzione culturale passa anche per il cinema. A Gedda si è tenuto il primo festival internazionale cinematografico. Il racconto di Rossella Fabiani

Nel primo weekend del dicembre 2021 sui giornali di tutto il mondo – per non parlare delle tv – dominavano le immagini e i reportages sul Gran Premio di Formula 1 che si è corso nel circuito cittadino di Gedda. Per la sfida all’ultimo giro tra Hamilton e Verstappen, certo. Ma anche perché era la prima volta che una gara del genere veniva disputata in Arabia Saudita dove, fino a due anni prima, le donne non potevano nemmeno guidare un’auto. Era un altro segnale della politica di “modernizzazione” del Regno, fortemente voluto e reclamizzato. Così come l’apertura al turismo internazionale, con il lancio del sito archeologico di AlUla e la concessione di visti via internet. E un’altra lunga lista di eventi-simbolo dell’apertura al nuovo: dalla finale della Supercoppa di calcio italiana tra Juventus e Milan del 2018, sempre a Gedda, fino al Rally Dakar nel deserto che ha solcato le sabbie saudite, fino al 14 gennaio di quest’anno appena cominciato, per la terza volta da quando è nata la corsa che, in origine, si chiamava Parigi-Dakar.

Ma, con meno clamore mediatico, in Arabia Saudita c’è stata anche un’altra prima volta, un altro avvenimento che, per la verità, è più significativo dell’ormai pur lunga serie di eventi “importati” dall’Occidente. È il primo Festival del Cinema che si è tenuto nel dicembre scorso in un Paese dove, per 35 anni, le proiezioni dei film erano vietate e la sale cinematografiche erano semplicemente chiuse. Per assistere a questo evento a suo modo storico, l’organizzazione – guidata da Mohamed Al Turki e da Shivani Pandya Malhotra – ha invitato un numero ristretto di giornalisti da tutto il mondo (dall’Italia solo due, tra cui chi scrive). “Waves of change” era la scritta che appariva sull’invito alla cerimonia inaugurale. E le “onde del cambiamento” si avvertivano ovunque perché il Red Sea International Film Festival di Gedda (dal 6 al 12 dicembre 2021) ha davvero rotto un tabù e ha segnato un passo importante nella storia del Paese.

Sul reale valore dei tanti gesti di apertura del Regno saudita si può discutere a lungo. Ma un fatto è certo: il primo Festival del Cinema non è stato soltanto una kermesse, ha investito direttamente anche la società saudita con la gente che è tornata nelle sale e ha visto, sullo schermo, realtà diverse, lontane, con modi di fare differenti. Ma anche i temi e i problemi della propria vita di tutti i giorni. Compresi argomenti finora vietati, come lo stupro e l’aborto. E l’empowerment femminile concretamente è stato celebrato con il premio alla prima regista araba, Haifaa Al Mansour. Dieci anni fa non era stato facile per lei girare il suo film “Wadjda” (titolo italiano “La bicicletta verde”) dove raccontava, in modo quasi autobiografico, di una bambina a cui era vietato salire in sella a una bici perché si pensava che quel gesto potesse provocare piacere nelle donne e quindi era considerato impuro.

Adesso Haifaa Al Mansour si dichiara “incredibilmente onorata di tornare a casa in Arabia Saudita per la prima edizione del Red Sea International Film Festival. Chi di noi ha lavorato instancabilmente con il sogno che il cinema potesse trovare casa anche qui – ha detto la regista – sa che evento monumentale è questo per il Regno, la regione e il mondo. Credo fermamente nel potere dell’arte di promuovere lo sviluppo e le opportunità nella nostra comunità e spero che questo festival serva da solida base anche per un’industria fiorente che alimenterà e amplificherà le nostre storie e i nostri sogni in futuro”.

E ancora. “Quando ho iniziato a fare film anni fa, l’idea di lavorare come regista sembrava stravagante. Ma sapevo che il mondo era curioso di sentire la nostra opinione, di ascoltare la nostra versione della storia e che i film dalla nostra parte del mondo avrebbero colpito il pubblico di tutto il mondo. Ora, tornare a casa tra i vincitori del nostro primo festival cinematografico, mi sembra altrettanto incredibile. È un onore per me e una meravigliosa opportunità per vedere il meglio dei talenti emergenti che ci sono della regione. Il mondo è ancora ansioso di ascoltarci e sono entusiasta di assistere alla nascita di un’industria cinematografica che potrà realizzare le nostre visioni. Sono soprattutto molto curiosa di vedere che cosa verrà dopo.”

Altrettanto entusiasta era il presidente del festival, il produttore saudita Mohamed Al Turki, che ha studiato cinema a Londra ed è approdato a Hollywood dove ha prodotto già nove film tra i quali “La frode” con Richard Gere e “A qualsiasi prezzo” con Dennis Quaid. Mohamed Al Turki ha definito il festival “un momento storico” per la svolta moderna della nazione che ha convogliato a Gedda non soltanto il meglio del cinema del Medio Oriente ma i titoli più acclamati a livello mondiale. L’apertura è stata affidata al musical-capolavoro “Cyrano”, ma sul red carpet ha sfilato mezza Hollywood.

Presente, naturalmente, anche il gotha del cinema del Medio Oriente. E c’erano soprattutto i registi sauditi che nei loro film hanno parlato dei problemi dei sauditi, della vita di tutti i giorni, delle donne e del grande cambiamento in atto. Anche il principe Turki bin Muhammad bin Fahd Al Saud, già direttore dell’Intelligence e oggi presidente del “Centro per la ricerca e gli studi islamici Re Faysal”, è intervenuto di persona dando un segnale importante da parte della famiglia reale saudita e ha assistito alla prima del film “Heroes”.

L’Italia è stata rappresentata da Giuseppe Tornatore, presidente di giuria, che ha mostrato al pubblico il suo documentario sul maestro Morricone, “Ennio”. Tutti consapevoli di partecipare a un momento di svolta. E contagioso è stato l’entusiasmo di Jack Lang, presidente dell’Istituto del mondo arabo (Ima) di Parigi, che ha condiviso con noi i suoi pensieri sul festival. Per Lang era inimmaginabile appena due anni fa che un evento cinematografico internazionale come questo si potesse svolgere a Gedda. “Era un’idea assurda, eppure ora è in atto una vera rivoluzione culturale in Arabia Saudita. E questo è straordinario”, ha detto Lang che, in particolare, ha elogiato il ruolo svolto dal ministro della Cultura, il principe Badr bin Abdullah bin Farhan.

“Da quando i cinema hanno riaperto quasi tre anni fa – ha detto Lang – c’è stata una grande rinascita culturale nel Regno a tutti i livelli. Uno sviluppo nelle arti, in particolare nel cinema attraverso questo festival che è un segno dei venti di cambiamento che stanno attraversando l’Arabia Saudita negli ultimi anni, e questo è qualcosa che non si perde. Le autorità del Regno si rendono conto che cultura, istruzione, conoscenza e scienza rappresentano il futuro e una fonte di sviluppo umano ed economico per i cittadini”.

Jack Lang ha un rapporto importante con il Paese che vanta una storia antichissima e un patrimonio ancora in gran parte da scoprire. Lang è, infatti, membro del consiglio consultivo della Commissione reale per AlUla e ha tenuto a sottolineare di “apprezzare molto gli sforzi che le autorità saudite stanno facendo per preservare, rinnovare e sviluppare questo importante sito storico e culturale non solo per il Regno ma per il mondo intero”. La Commissione sta organizzando una mostra su AlUIa che progetta di diventare itinerante con tappe in Russia, negli Stati Uniti e in altri Paesi. Secondo Jack Lang, che è stato ministro del presidente socialista francese, Francois Mitterrand, “nel Regno saudita c’è ambizione, c’è una visione. C’è anche una nuova libertà di incontrarsi e di condividere. Non sto dicendo che tutto sia perfetto, ma ho fiducia nell’umanità e nella capacità di inventare una nuova società e a Gedda, con il festival del cinema, un passo in questa direzione è stato fatto”.

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