Approfondimenti

Aumento del livello del mare: un rischio per le coste del pianeta

Come l'innalzamento del livello del mare rischia di impattare sull’ambiente e sulle attività umane delle zone costiere. Il punto di Silvia Camisasca

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Non occorre l’impietosa sintesi dei più recenti report (AR6 del 2021-2023) dell’Intergovernmental Panel of Climate Change (IPCC) su cause, evidenze ed effetti dei cambiamenti climatici, per riconoscere quanto già ampiamente documentato da centinaia di studi scientifici. Un’analisi lucida e realistica dei fenomeni in corso, con tutte le loro varie manifestazioni, lascia presagire per i prossimi anni scenari caratterizzati da importanti e gravi evoluzioni, in particolare, se le temperature globali tenderanno ad aumentare oltre la soglia di 1.5°C. “Più ci avvicineremo al limite critico di 5°C di aumento medio globale, più la portata della crisi climatica sarà di difficile gestione: saremo, infatti, costretti a fronteggiare siccità diffusa, eventi meteorologici estremi sempre più ravvicinati, alterazioni degli ecosistemi e aumento del livello dei mari”, ammonisce Marco Anzidei, Primo Ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, nonché Coordinatore dei progetti europei Savemedcoasts e Savemedcoasts2, sottolineando che proprio il continuo aumento del livello marino rappresenta il fattore di maggior criticità per la conservazione delle coste, l’integrità delle infrastrutture che le occupano, la tutela delle aree naturali e dei beni culturali e per la sicurezza di quel miliardo circa di persone residenti nelle maggiori 570 città costiere dei continenti, di cui ben 500 milioni attorno al solo bacino del Mediterraneo: ebbene, costoro si troveranno, di anno in anno, sempre più esposti ad un rischio altamente probabile. Esposti e disarmati: “L’innalzamento del livello del mare si manifesta in modo particolarmente subdolo, trattandosi di un processo impercettibile da un anno all’altro, ma, al contrario, evidente nell’arco di tempo della vita umana”, sottolinea Anzidei. Lento e insidioso, minaccia senza distinzione tutte le coste, anche se le aree maggiormente suscettibili alle erosioni sono quelle poco sopra il livello del mare, che, in un futuro affatto lontano, potrebbero essere sommerse. “I dati acquisiti dalle reti di monitoraggio terrestri e dai sistemi di osservazione spaziale indicano un aumento del livello del mare continuo e accelerato: si è passati da un incremento annuo di 1.4 mm nel periodo compreso tra il 1901 e il 1980, fino a circa 4.5 mm in soli 8 anni, tra il 2013 e il 2021”, precisa l’esperto. Dal 1880, del resto, il livello medio del mare globale è salito di circa 22 cm, di cui ben 10.3 cm dal 1993, e oggi sta aumentando alla velocità di quasi 40 cm per secolo, con conseguenze drammatiche, e solo parzialmente calcolabili, per le popolazioni costiere. “I più recenti studi geo-archeologici relativi al bacino del Mediterraneo mostrano che negli ultimi 2000 anni il mare ha progressivamente sommerso insediamenti costieri di epoca fenicia, etrusca, greca e romana; non solo: dopo un periodo di relativa stabilità, da poco oltre un secolo l’incremento ha ripreso ad accelerare, tanto da aver assunto il ritmo dell’innalzamento del livello del mare globale”, spiega Anzidei, individuando la causa di questo andamento accelerato nel tempo proprio nel riscaldamento globale, figlio delle attività antropiche sviluppate a partire dal 1880, con l’avvento dell’era industriale, e che ha portato alle temperature più calde degli ultimi 100.000 anni. Da qui la conseguente produzione di gas serra, la cui concentrazione in atmosfera è oggi circa il 40% più alta di quella desunta dagli studi per gli ultimi 800.000 anni, passando da valori di 260 - 300 parti per milione a circa 421 parti per milione. Tra gli effetti innescati da un’alterazione di tale portata rientrano il processo di fusione dei ghiacci del pianeta e l’espansione termica degli oceani, con relativo aumento di livello delle acque. Più di ogni altra considerazione valgono i numeri, a cominciare dai dati forniti dalla NASA: ogni anno il nostro pianeta perde circa 427 miliardi di tonnellate di ghiaccio con una riduzione del 13% ogni 10 anni di estensione di superficie ghiacciata. Nel 2021 l’anomalia di temperatura media globale è stata di 1.1°C rispetto al periodo preindustriale e il mese di giugno del 2022 è stato il più caldo degli ultimi 139 anni: in Kuwait si è raggiunta la temperatura di +63 °C, in Spagna di +53°C e, in un solo giorno, la Groenlandia ha perso 2 km3 di ghiaccio. “Se le emissioni di gas serra continueranno senza alcuna mitigazione (business as usual), con ogni probabilità nel 2100 il livello medio del mare sarà aumentato di circa un metro rispetto ad oggi”, anticipa Anzidei; e non sono esclusi scenari ancora più estremi: se, infatti, le calotte di ghiaccio della Groenlandia e dell’Antartide dovessero accelerare la loro fusione oltre i valori aspettati, l’aumento del livello raggiungerebbe circa 1.7 metri. Considerando che la tendenza in corso caratterizzerà i prossimi secoli, il livello del mare potrebbe aumentare di circa 7 metri rispetto ad oggi, raggiungendo un valore simile a quello di 125.000 anni fa, quando la temperatura globale era circa 1°C più alta rispetto al periodo preindustriale. “Occorre, tuttavia, ricordare, oltre all’aumento eustatico - determinato dalle variazioni delle temperature globali - l’effetto della subsidenza - ovvero, il movimento verso il basso della fascia costiera, dovuto a cause naturali (come i movimenti geologici) o antropiche (come l’estrazione di fluidi dal sottosuolo)”, spiega lo scienziato. Dal momento che la subsidenza tende ad accelerare l’aumento del livello marino, in zone costiere specifiche ne amplifica gli effetti con conseguenti impatti sull’ambiente e sulle attività umane: per questo, grandi città costiere, come New York e Miami negli USA, Bangkok, Manila e Shangai in Asia o Calcutta e Bombay in India, stanno risentendo delle conseguenze dell’azione combinata di questi processi. Addirittura, si sta spostando l’intera città di Jakarta in Indonesia: letteralmente investita dall’avanzare del mare, si sta progressivamente rilocalizzando in aree interne lontano dalla costa. Emblema di quanto questo fenomeno riguardi anche il bacino mediterraneo è la laguna veneta con la città di Venezia. Storica città marittima, unica al mondo per bellezza e fragilità, il suo ecosistema è drammaticamente minacciato dal cambiamento climatico e dalla subsidenza naturale e antropogenica. Rischiamo di assistere, così, alla progressiva ‘morte annunciata’ della laguna, alla sua inesorabile sparizione, contro la quale, ad oggi, ci siamo limitati a misure ‘contenitive’, come il Mose. Alla luce delle ricadute dell’innalzamento del mare sul piano socio-economico, soprattutto nelle aree costiere, in diversi Paesi europei si sta diffondendo una maggior consapevolezza in merito ad una problematica non più derogabile. Da qui lo stanziamento da parte della Protezione Civile Europea (DGECHO) di finanziamenti destinati a progetti specifici, come SAVEMEDCOASTS e SAVEMEDCOASTS2, coordinati dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia nel periodo 2016-2022. “Da questi studi abbiamo tracciato un quadro degli effetti attesi per la fine del secolo nel Mediterraneo, così da dotare le popolazioni costiere di nuovi strumenti utili ad affrontare con prontezza e consapevolezza i rischi connessi all’aumento del livello marino”, chiarisce Anzidei, esplicitando uno scenario alquanto cupo: “Le zone costiere basse sono le più esposte al fenomeno e una superficie totale circa pari a quella della Svizzera potrebbe venire sommersa dal mare entro un secolo. Aree naturali importanti, come il delta del Rodano, potranno essere quasi totalmente sommerse già nei prossimi 70-80 anni”.

Mentre gli accordi sul clima di Parigi e le ultime Conferenze delle Parti (COP) falliscono l’obiettivo di accordo tra tutti i Paesi industrializzati ad imboccare convintamente la strada della transizione ecologica, la concentrazione di gas serra nella nostra sottile e delicata atmosfera continua ad aumentare, come il livello del mare e la capacità aggressiva dell’erosione. Così, a dispetto delle crisi alimentari e sanitarie del pianeta, le falde acquifere contaminando le acque marine, le rendono salmastre e inutilizzabili a scopi agricoli. Eppure, nonostante tutto, la governance globale stenta ad attuare misure drastiche di contrasto alla crisi climatica. Dietro l’angolo non appare ancora la ‘svolta’.

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