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Cambiamenti climatici ed eventi atmosferici estremi: una minaccia per la sicurezza

Alluvioni ed eventi atmosferici estremi sono eventi legati al cambiamento climatico, che possono avere serie ricadute per la sicurezza e la politica internazionale. Come dimostrato anche dal recente caso delle alluvioni che hanno colpito i paesi del Golfo.

Quello della Sicurezza è ormai un concetto molto ampio. Se per larga parte della storia umana la componente militare ha ricoperto il ruolo più importante all’interno delle logiche securitarie degli attori statuali, al giorno d’oggi una tale concettualizzazione rischierebbe di apparire incompleta. È vero che nell’arco degli ultimi mesi e anni sono stati numerosi gli esempi che testimoniano un significativo ritorno all’uso delle armi su larga scala: dai golpe e le guerre civili in Africa, all’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa. Gli attentati terroristici in Israele e a Mosca, così come gli attacchi al commercio marittimo da parte degli Houthi yemeniti chiarificano al contempo che anche gli attori non statali possono arrecare seri danni ad un paese. Eppure, a questo genere di minacce alla sicurezza, si uniscono in via sempre maggiore nuovi eventi e ambiti che possono provocare gravi conseguenze per le attività umane, al pari di attentati e guerre.

Il principale esempio di questa nuova realtà è stato il Covid-19. La pandemia da coronavirus ha dimostrato, infatti, come le questioni sanitarie possano degenerare fino a mettere in ginocchio intere filiere economiche, vaste fasce della popolazione e paesi che non dispongono di tecnologie e strumenti in grado di gestire efficacemente e contrastare questo genere di emergenze.

Similmente alla componente sanitaria, vi è tuttavia un altro elemento destinato a condizionare le agende politiche, economiche e – dunque – securitarie degli stati: il clima e più in generale l’ambiente. In particolare nel momento in cui si sono rese sempre più evidenti le ricadute dei cambiamenti climatici in corso in questa fase storica e il lor impatto anche sugli ecosistemi e gli ambienti terrestri. Del resto fin dagli albori della storia umana il clima ha rappresentato un fondamentale elemento condizionante dello sviluppo e del progresso umano. A fasi di crisi climatiche hanno spesso corrisposto periodi di crisi o cambiamenti radicali anche nelle società umane colpite.

Per quanto attiene gli eventi atmosferici collegati ai cambiamenti climatici e i loro effetti sulle persone e le infrastrutture, il caso più recente è dimostrato da quanto avvenuto in Medio Oriente e in particolare nei paesi del Golfo. Ta il 15 e 16 aprile una violenta tempesta si è abbattuta sulla penisola arabica, colpendo in modo particolare Oman ed Emirati Arabi Uniti e in via più lieve Bahrein, Qatar e Arabia Saudita.

La regione desertica del Golfo ha assistito alla caduta incessante di pioggia e a raffiche di vento per oltre 24 ore. In alcune aree a sud di Dubai, come ad Al Ain, è stato registrato il dato di oltre 250 mm di pioggia nel giro di qualche ora – quantità che la zona riceve solitamente nell’arco di un anno e mezzo. La tempesta ha provocato ingenti danni economici e, soprattutto, la morte di oltre 20 persone tra Oman ed Emirati. Basti pensare che l’aeroporto di Dubai, il secondo al mondo per numero di passeggeri annui, ha dovuto interrompere le attività. Qui sono stati, infatti, registrati 145 mm in un giorno, a fronte dei 97 mm di media annua e degli 8 mm medi di aprile. Soltanto il 23 aprile è stata annunciata la piena operatività dell’aeroporto, con il ripristino dei 1400 voli giornalieri.

In realtà la regione ha già assistito a fenomeni atmosferici estremi, ma nulla di simile era però mai accaduto dal 1949, anno in cui sono iniziate le registrazioni metereologiche nel paese. Gli esperti sono concordi nel ritenere sempre più probabili questo genere di eventi. Il riscaldamento globale e il conseguente cambiamento climatico trovano negli eventi atmosferici estremi una delle loro più palesi manifestazioni. Ma se è chiaro che la componente ambientale può avere delle conseguenze di ordine economico e sociale, è altrettanto vero che può compromettere anche la situazione securitaria di un paese.

Sempre rispetto alle alluvioni nel Mediterraneo, si pensi a quanto avvenuto a settembre 2023 in Libia. L’area della Cirenaica è stata attraversata da un ciclone di natura tropicale, che ha portato al crollo delle principali infrastrutture stradali, idriche ed elettriche della regione. Il bilancio è stato pesantissimo: oltre 11.000 morti e circa 9.000 dispersi. In Libia, come nel Golfo, gli istituti di ricerca metereologica nazionale avevano avvisato del rischio imminente. Non essendoci piani securitari per contenere questo genere di avvenimenti di ampia portata, l’impatto è stato significativamente grave, con l’intero paese in ginocchio e con l’emergenza che si è protratta anche nei giorni successivi.

Rispetto alle conseguenze del cambiamento climatico e del riscaldamento globale, gli eventi atmosferici estremi sono, tuttavia, solo una delle calamità naturali che possono avere delle ricadute, sempre più gravi, sulla sicurezza. L’innalzamento del livello del mare, l’acidificazione degli oceani e la modificazione delle correnti possono avere delle ripercussioni sulle città costiere – dove vive la stragrande maggioranza della popolazione mondiale – e sulle risorse ittiche, necessarie ad assicurare un regime stabile di sicurezza alimentare soprattutto nelle regioni più povere del pianeta. Dal punto di vista sanitario, le temperature più alte sono associate positivamente alla maggiore diffusione di malattie e di specie infestanti. Queste a loro volta possono inficiare la disponibilità di prodotti agricoli e di allevamento, tanto nei paesi più sviluppati quanto in quelli più fragili rispetto all’avanzamento e alla modernità delle tecniche e degli strumenti impiegati. Vi sono poi le questioni della desertificazione e della siccità, che aumentano notevolmente il rischio degli incendi.

L’impatto di tutti questi fenomeni di ordine climatico, oltre ai danni diretti, può indirettamente favorire la creazione di movimenti migratori – si parla in tale contesto di climate migrants –, la proliferazione di attività criminali dettate dalla mancanza di risorse economiche o l’inasprimento delle relazioni tra due o più paesi. In Africa vi è il caso emblematico della contesa tra Etiopia, Sudan ed Egitto per le acque del fiume Nilo, mentre in diverse aree dell’Asia centro-occidentale la carenza idrica ha più volte provocato tensioni internazionali, cicliche crisi alimentari e conseguenti proteste della popolazione.

Nel quadro appena descritto il Mediterraneo non è esente da rischi, ma appare anzi come una delle regioni maggiormente esposte alle conseguenze violente del riscaldamento globale. I paesi possono limitare i danni con piani emergenziali e avvisi imminenti, ma non sempre è possibile mettere in sicurezza popolazione e asset principali. Questo deve spingere verso una migliore opera di monitoraggio di tali fenomeni in modo multidisciplinare, sfruttando al massimo anche tutte le possibilità e gli strumenti oggi offerti in questi settori anche dalle moderne tecnologie digitali e satellitari sia per quanto riguarda la prevenzione degli eventi che il loro contrasto e la lotta contro gli effetti dei cambiamenti climatici.

Inoltre, proprio per le ricadute che simili eventi e fenomeni hanno sul piano economico, sociale e securitario, è fondamentale la realizzazione di attività di lungo periodo per lo sviluppo delle aree e dei paesi più esposti e più a rischio.

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