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Conquistare la Luna. Come la sfida per lo spazio passa anche dal ritorno sulla Luna

L’India diventa il quarto paese a raggiungere il satellite naturale terrestre dopo USA, Russia e Cina. Mentre crescono le ambizioni spaziali di molti paesi, la Luna torna ad essere centrale nel futuro della conquista del sistema solare

La storia della corsa allo spazio si lega all’ambizione dell’umanità a conquistare il suolo dell’unico satellite naturale della Terra. Un’ambizione che nel corso dei secoli ha ispirato la fantasia e la creatività di poeti e scrittori, oltre che di grandi inventori e scienziati, che hanno reso la Luna la protagonista dei loro studi e delle loro opere, fossero esse di natura artistica o scientifica.

Del resto, il rapporto strettissimo e per certi versi ancora misterioso, che lega la Terra alla Luna si riflette – e non potrebbe essere altrimenti – anche nei sentimenti, nei sogni, nelle aspirazioni dell’uomo verso lo spazio infinito. La Luna, il corpo celeste più prossimo alla Terra, è diventato così nel tempo anche il principale obiettivo della corsa allo spazio che durante il Novecento ha permesso di rendere realtà molti dei sogni coltivati per millenni dagli uomini, tra cui quello di raggiungere e sbarcare sul suolo selenico. Nel tempo questa ambizione ha perso in parte molto del suo fascino “romantico”, per guadagnare invece, come ci restituiscono anche le cronache odierne, un’importanza strategica in ottica non solo di conquista dello spazio ma anche di rapporti di forza geopolitici sulla Terra.

Grazie alle missioni Apollo, dal 1969 ai primi anni Settanta, dodici uomini hanno potuto calpestare la superficie della Luna. Dopo Amstrong e Aldrin altri astronauti (tutti americani) sono riusciti in un’impresa a lungo considerata impossibile e rimasta confinata, appunto, alla fantasia di scrittori e poeti. Un’impresa che ha avuto un impatto storico e politico enorme, vista la sua difficoltà e unicità, che rappresentò infatti il coronamento di una lunga corsa, che aveva investito e coinvolto il sistema accademico, politico e industriale americano per anni, in risposta allo shock successivo all’invio dello Sputnik sovietico in orbita intorno alla Terra nel 1957. Il celebre “momento Sputink”, che aveva suonato come una sorta di sveglia per l’America, rivelando quanto le capacità dei sovietici fossero allora diventate solide e importanti nella corsa allo spazio, dopo quelle nel campo nucleare e missilistico. Una corsa che ha anche prodotto nel tempo ricadute in termini di investimenti e di sviluppo tecnologico probabilmente senza eguali. Molto del nostro mondo odierno deriva dalle innovazioni, dagli studi e dalle ricerche messe in campo dagli anni Cinquanta in poi per la conquista delle stelle.

Lo spazio, insieme alla corsa atomica e alla costruzione di arsenali nucleari sempre più potenti e devastanti, divenne nel giro di poco tempo il principale terreno di competizione strategica e geopolitica tra America e Unione Sovietica, tra Est e Ovest. Una vetrina delle capacità scientifiche, tecniche e politiche in cui per decenni furono investite ingentissime risorse economiche e umane, con l’obiettivo di conquistare un vantaggio, rispetto ai diretti rivali, tale da assegnare il dominio dello spazio intorno alla Terra all’una o all’altra potenza. Anche i Sovietici avevano avviato le loro missioni lunari, con cui riuscirono a far sbarcare il primo rover della storia nel 1970 (missione Luna-17) pur non riuscendo mai ad inviare un uomo sul suolo selenico. Di fatti, dopo la sospensione del programma Apollo, nessun paese ha più inviato uomini sulla Luna e per un certo periodo i programmi di conquista lunare hanno subìto una flessione. Al contrario, anche dopo la fine della Guerra fredda, la corsa allo spazio è continuata con nuove conquiste e nuovi programmi, vedendo via via aggiungersi altri protagonisti in più a Russia e Stati Uniti: dai paesi europei alla Cina, dal Giappone alla Corea del Sud, fino a contare l’India, Israele e altri importanti paesi emergenti del Medio Oriente. Senza dimenticare i numerosi attori privati che oggi popolano ogni ambito del settore spaziale e che spesso forniscono un contributo fondamentale alle attività statali: dalle telecomunicazioni, alla ricerca scientifica, dai trasporti al turismo passando per le future attività estrattive e agricole.

Già oggi gli attori che danno forma alla space economy rappresentano una parte fondamentale del nostro presente, molto di più di quanto sia a conoscenza l’opinione pubblica; così come molte delle tecnologie, sia civili che militari, da cui dipende la nostra vita quotidiana, la nostra sicurezza, e la nostra economia esistono grazie ai programmi spaziali e agli strumenti messi in orbita intorno alla Terra nel corso degli ultimi 70 anni. Senza lo spazio, probabilmente, la stessa rivoluzione digitale che sta trasformando il nostro mondo e il nostro modo di vivere non sarebbe stata possibile.

La space race, come la politica internazionale, vive oggi una complessità e una varietà di attori, statuali e non, che con progetti, programmi e risorse differenti, puntano ugualmente ad assicurarsi tutti un pezzo del dominio cosmico. Ma nello sfondo di questa costante corsa alle stelle, in cui ormai si sommano decine di programmi, spesso molto ambiziosi, di altrettante agenzie spaziali, la sfida per la Luna rimane ancora uno degli obiettivi più presenti. Negli ultimi tempi proprio la conquista dell’unico satellite terrestre sembra essere tornata di grande attualità, come ci ha confermato di recente lo svolgimento in contemporanea della missione lunare russa Luna-25 e di quella indiana Chandrayaan-3, dagli esiti opposti.

Accomunate dall’obiettivo di esplorare il Polo Sud lunare – dove si presume siano presenti minerali preziosi e soprattutto riserve di ghiaccio, fondamentali nell’ipotesi di una presenza umana stabile e duratura – entrambe le sonde sono riuscite ad entrare nell’orbita del satellite, ma solo quella indiana ha compiuto correttamente l’allunaggio e il conseguente rilascio del rover sul suolo selenico. Al contrario, l’Agenzia Spaziale russa ha perso ogni contatto con la sua sonda, che successivamente sembra essersi schiantata sulla superficie del corpo celeste. In origine, la missione Luna-25 era stata progettata insieme all’Agenzia Spaziale Europea, ma dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina la collaborazione tra i due enti è stata sospesa a data da destinarsi, anche rispetto alle future missioni Luna-26 e Luna-27. Non sono ancora chiari i motivi dello schianto, ma è presumibile che il mancato apporto tecnico-scientifico europeo abbia privato Luna-25 di un significativo expertise pratico e teorico, tanto da minare la riuscita stessa della missione. Con il fallimento di Mosca, la cui sonda era partita qualche giorno prima di quella di Nuova Delhi, l’India è invece diventata il primo paese a sbarcare nel Polo Sud nonché il quarto nella storia a raggiungere la Luna.

Si noti, inoltre, come a breve avrà luogo la missione lunare giapponese Moon Sniper, nata con l’obiettivo di far allunare la sonda ad alta precisione Slim con un margine di errore di 100 metri, mentre la Cina, dopo essere riuscita per prima a compiere un allunaggio sul lato nascosto del satellite nel 2019 (Chang’e 4) e a recuperare diversi campioni selenici nel 2020 (Chang’e 5), ora programma una seconda missione di recupero materiali nel 2024 (Chang’e 6). Pechino, che già possiede la stazione spaziale Tiangong, ha poi recentemente annunciato l’intenzione di voler far sbarcare i suoi taikonauti sul suolo lunare entro il 2030.

Rispetto a ciò l’Occidente risponde con il programma Artemis, sviluppato dalla NASA in collaborazione con le agenzie spaziali di Europa, Canada e Giappone oltre a diverse società private, il cui obiettivo di fondo sarebbe l’instaurazione di una presenza umana stabile sulla Luna. Dopo la pima missione senza equipaggio nel 2022, seguirà Artemis-2, che nei piani dovrebbe portare un equipaggio nell’orbita lunare nel 2024 e successivamente Artemis-3, nel 2025, dove si prevede anche lo sbarco degli astronauti. In parallelo, è nei piani la creazione di una stazione spaziale nell’orbita lunare (Lunar Gateway), il cui lancio è previsto per il 2024, mentre entro il 2030 si dovrebbero avviare i lavori per il primo villaggio sulla superficie del corpo celeste.

La conquista dello spazio non si limita però, ovviamente, al solo ritorno sulla Luna o all’esplorazione scientifica. Allo stesso tempo, si assiste anche ad una crescente militarizzazione del dominio spaziale, con il rischio, visto da non pochi analisti, che nel prossimo futuro le guerre possano essere combattute sempre più anche oltre l’atmosfera. La guerra in Ucraina, ad esempio, ha dimostrato l’impatto delle tecnologie satellitari (anche private) nel comparto delle comunicazioni, sia civili che militari. In modo analogo, sempre più stati stanno investendo sulle capacità A-SAT che, attraverso attacchi cinetici e non, permettano di neutralizzare i satelliti avversari. Gli stessi Stati Uniti possiedono dal 2019 la United States Space Force (USSF), una forza armata responsabile per il solo dominio spaziale, al pari della marina o dell’aeronautica nei loro rispettivi domini di riferimento.

Tornare sulla Luna e, magari, chissà, rendere il satellite la piattaforma della futura conquista del Sistema Solare, il sogno rimasto per ora confinato alle pagine di alcuni dei più grandi scrittori di fantascienza, sembra essere un possibile obiettivo che avanza nei progetti futuribili di molti paesi. Certamente, tanto più nei prossimi anni lo spazio diverrà il campo del confronto tra le grandi potenze terrestri, Usa, Cina, Europa, Russia e tutte le altre potenze emergenti, quanto probabilmente anche la Luna tornerà al centro di questo confronto. Non sarà una riedizione della corsa allo spazio della Guerra Fredda, ma qualcosa di diverso, in cui anche i privati avranno sempre di più un ruolo. Da ciò potrebbero dipendere gli equilibri e le alleanze che si definiranno tra i paesi e soprattutto i destini dell’umanità intera.

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