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Così il Qatar progetta il suo ruolo globale

Sicurezza alimentare, energia, investimenti in infrastrutture e difesa quali cardini della nuova diplomazia proattiva del Qatar. Il punto di Emanuele Rossi.

Il Qatar potrebbe presto assumere un ruolo centrale nel sistema portuale egiziano, attraverso accordi di cooperazione tecnica e investimento nell’industria navale del Cairo. Doha ha messo tra gli obiettivi il cantiere per l’ampliamento del Canale di Suez, lo sviluppo dello scalo di Port Said e la collaborazione con la Alexandria Shipyard. Aspetti economico-commerciali accompagnati da una dimensione geostrategica, paradigmatici di come l’Emirato intende muoversi nel mondo.

Fino a due anni fa, egiziani e qatarini erano su un fronte opposto interno al mondo sunnita, ora con la riconciliazione segnata dalla Dichiarazione di Al Ula – uno dei passaggi più determinanti della fase di distensione in atto nel Mediterraneo allargato – il Qatar non solo ha ristabilito le relazioni con gli altri membri del Consiglio di cooperazione del Golfo e con l’Egitto, ma sta acquisendo sempre maggiore centralità negli affari regionali. Segnando attraverso di essi volontà strategiche ben più ampie; seguendo la volontà dell’emiro Tamin bin Hamad al Thani di essere un attore internazionale.

Un altro elemento a supporto di questa volontà di sviluppo qatarino sulla scena internazionale si può trovare nella spesa militare. Il budget del mercato della Difesa del Qatar vale 13,4 miliardi di dollari per quest’anno e si prevede che aumenterà a un tasso CAGR di oltre il 5% nel periodo 2024-2028. Per dare un valore di confronto, nel 2021 la spesa militare del Qatar è stata del 434% superiore a quella del 2010, l'ultima volta che lo Stato del Golfo aveva reso noti tali dati. Doha ha speso il 4,8% del suo prodotto interno lordo (PIL) per le forze armate, più del doppio rispetto a quello programmato dai membri dell’Alleanza Atlantica. Alleanza di cui per altro dallo scorso anno il Qatar è diventato “non-Nato Ally”, riconoscimento speciale promosso dall’amministrazione Biden per l’impegno dimostrato sul fronte sicurezza nel teatro mediorientale. Parte delle iniziative di modernizzazione pensate da al Thani riguardano in effetti nuovi investimenti in settori chiave del mercato della difesa come quello navale (anche underwater), aereo e missilistico.

Contemporaneamente, il Qatar si è impegnato in una diplomazia articolata, passata da forme di presenza e dialogo sulla guerra russa in Ucraina, tanto quanto contatti diretti con il mondo del cosiddetto Global South. Il pensiero strategico qatarino si è per esempio orientato verso l’Africa, dove gli effetti delle azioni di Mosca sono più pesanti per le complicazioni indotte sulla sicurezza alimentare.

A inizio marzo, la capitale qatarina ha ospitato la LDC5, la quinta conferenza dei Least Developed Countries, promossa dall’Onu e con il governo dell’emiro al Thani che ha facilitato gli incontro tra i leader di quei Paesi con il settore privato, la società civile, i parlamentari e i giovani interessati a promuovere nuove idee, raccogliere nuove promesse di sostegno e stimolare la realizzazione degli impegni concordati, attraverso il Doha Programme of Action.

Un successo anche nella scelta semantica per gli obiettivi dell’emiro qatarino, che trova negli intenti della LDC5 parte delle visioni che il Paese vuole trasmettere nel suo impegno internazionale: investire nelle persone, sradicare la povertà e costruire capacità; sfruttare il potere della scienza, della tecnologia e dell'innovazione; sostenere la trasformazione strutturale come motore della prosperità; rafforzare il commercio internazionale e l'integrazione regionale; affrontare il cambiamento climatico, il COVID-19 e costruire la resilienza; mobilitare i partenariati internazionali per la transizione (energetica, economica).

Se la questione alimentare è un gancio di queste cooperazioni, un ruolo importante ce l’ha anche la sicurezza energetica, dove Doha sfrutta la consapevolezza di gestire il più importante dei reservoir gasiferi sul pianeta, il North Dome. Il giacimento è geologicamente contiguo all’iraniano South Pars e per questo già di per sé oggetto di un altro fronte delle relazioni internazionali di Doha, orientata a non escludersi la possibilità di parlare con Teheran.

Sin dagli anni '90, la politica estera (e interna) del Qatar si è in effetti sviluppata lungo tre direttrici principali: l’ampliamento della produzione di gas naturale e delle forniture del prodotto liquefatto al maggior numero possibile di Paesi; la protezione militare degli Stati Uniti fornendo basi strategiche come al Udeid (l’hub del Central Command); la condizione di una campagna di soft power sotto forma di investimenti nei media e nello sport (su tutti al Jazeera e il Paris Saint Germain).

Questi tre filoni restano centrali nelle mosse di Doha, che però sta anche coltivando un’ambizione strategica di ordine superiore, cercando di muoversi con sempre maggiore determinazione ed efficacia all’interno della scena internazionale. Per esempio, il Qatar ha usato i buoni uffici curati per anni per farsi ambiente di mediazione tra Stati Uniti e Talebani ai tempi dell’uscita dall’Afghanistan (due anni fa). I diplomatici qatarini curano ancora le relazioni con l’Emirato talebano afghano per conto di diversi Paesi, soprattutto occidentali. Contemporaneamente questo ruolo ha permesso al Paese di aumentare la propria influenza all’interno della sfera centro-asiatica, con l’approfondimento delle cooperazioni bilaterali con Tajikistan, Turkmenistan, Kazakistan e Uzbekistan. Contemporaneamente, Doha mantiene aperto il canale di dialogo con Hamas (e per questo il rapporto con Doha è di interesse israeliano) e sostiene le istanze panarabe della Fratellanza Musulmana. Se quest’ultimo aspetto è stato tra le radici dell’isolamento imposto a Doha dai Paesi del Golfo, d’altro lato ha permesso la consolidazione del legame con Ankara.

I buoni rapporti del Qatar con i Fratelli Musulmani non sono per altro così rilevanti oggi come qualche anno fa, perché l'organizzazione ha perso in gran parte la sua influenza politica in Egitto, Tunisia, Libia e Siria. Come dimostrano gli accordi egiziani in costruzione (e l’avvicinamento tra Cairo e Ankara), o la stessa riconciliazione di al Ula, la vicinanza del Qatar alla Fratellanza è ormai un aspetto gestito e gestibile nelle relazioni tra Doha e Paesi come l’Egitto o l’Arabia Saudita – che considerano l’organizzazione un gruppo terroristico. Allo stesso modo lo sono i rapporti di Doha con Teheran, anche per effetto di una generale détente dei Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo verso l’Iran, che comporterà il rimodellamento di delicati equilibri regionali – su cui Doha ha sempre mantenuto rapporti con Teheran per interesse e pragmatismo, si trova in vantaggio rispetto agli altri attori regionali.

Il Qatar attualmente è dunque parte del sistema di distensione regionale e da esso cerca di trarre benefici e vantaggio strategico. È innanzitutto un importante player energetico, con le sue enormi riserve di gas e la sua flessibilità in termini di forniture (grazie al Gnl) che lo rendono uno dei pochi Paesi in grado di colmare le lacune nell'approvvigionamento di gas dell'Europa, almeno nel medio termine. Ma è anche un attore che in qualche modo partecipa alla nuova architettura di sicurezza europea, che passa dalla regione del Mediterraneo allargato e dalle collaborazioni che la Nato sta sviluppando in quel quadrante.

Nonostante questo nuovo protagonismo qatarino si sia accompagnato a situazioni critiche – per esempio la questione dei diritti dei lavoratori per i Mondiali 2022 o la vicenda del Qatargate – Doha sta lavorando per gestire le relazioni con il mondo occidentale in modo cooperativo e pacifico, pro-attivo e produttivo, dimostrandosi volonteroso in determinati dossier. Dossier su cui cura i propri interessi, ma con un’attenzione particolare anche alle volontà e necessità di Europa e Stati Uniti. Un altro esempio è la normalizzazione con la Siria: processo dove Doha, a differenza di altri Paesi del Golfo, sembra ascoltare in forma tattica le criticità espresse da Washington e Bruxelles – e per riaprire le porte a Damasco potrebbe chiedere in cambio forme di garanzia, fossero anche simboliche.

Il Qatar è quindi ormai un attore centrale nella politica regionale. L’Italia stessa ne riconosce questo ruolo, come emerso durante la visita dell’emiro al Thani a Roma di febbraio. Le relazioni Italia-Qatar si sono rafforzate molto negli ultimi anni, in particolare in diversi ambiti del settore economico, primo fra tutti quello degli investimenti nel settore della Difesa. Le forze armate qatariote hanno firmato diversi contratti con le compagnie italiane, e una collaborazione sul piano tecnico della sicurezza c’è stata anche in occasione dei Mondiali dello scorso dicembre (e potrebbe non restare unica). Allo stesso tempo, diverse forme di cooperazione riguardano il settore energetico, e attività in ambienti terzi che toccano tutta la regione del Mediterraneo allargato.

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