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Il Pakistan cerca il sostegno degli Stati Uniti contro il terrorismo

Washington risponde con freddezza alla richiesta di Islamabad: pesano le diverse priorità strategiche e il rapporto con la Cina. Il punto di Guido Bolaffi

All’inizio di febbraio il ministro degli Esteri pakistano Bhutto-Zardari è volato a Washington per chiedere al vecchio alleato – assai meno stretto rispetto al passato – di aiutare il suo Paese contro la crescente, minacciosa avanzata del terrorismo, culminata, alla fine di una serie di molteplici e sanguinosi avvertimenti, nella carneficina di Peshawar dello scorso 30 gennaio.

Dopo il ritiro americano dall’Afghanistan ed il trionfale ritorno al potere dei Talebani, il Pakistan è diventato terra di incontri e scontri di una variegata ma micidiale galassia di gruppi e sigle terroristiche. Tanto è vero che, riporta il quotidiano Dawn nell’articolo How dependable is U.S. offer of help with terror threat, “The Pakistani foreign minister said groups like Al Qaeda, the outlawed Tehreek-i-Taliban Pakistan (TTP) and the militant Islamic State-Khurasan (IS-K) group coordinated their activities”.

Il cuore del problema – spiega su The Print del 4 gennaio Ayesha Siddiqa, Senior Fellow presso il Department of War Studies del King's College di Londra – sta nel fatto che

In Pakistan the lobbying for the Taliban, after America withdrew from Afghanistan in 2021, hinged on an expectation that it would contribute to Pakistan’s security, which meant controlling the Tehreek-i-Taliban Pakistan (TTP). […] But while Afghan Taliban are Islamabad’s friends, they are unable to control the TTP. In fact, ever since America withdrew from Afghanistan the terrorist group’s attacks on Pakistan have increased […] because TTP’s suspicion of Pakistan’s involvement in Al Qaeda leader Ayman al-Zwahiri’s killing by U.S. and his death has enhanced infighting within the Taliban. […] The problem now is that the TTP is also gathering other insurgents under its umbrella”.

Spinto dall’urgente bisogno di sostegno politico e materiale – e, forse, anche dalla speranza di riuscire a sanare, andando a Canossa, la ferita inferta “all’amico americano” dalla sciagurata esultanza (They had broken the shackles of slavery) ostentata dell’ex Premier pakistano Imran Khan all’annuncio della resa di Kabul ai Talebani – Bhutto-Zardari ha cercato di smussare, ma da quanto è dato sapere con scarsi risultati, la riluttanza statunitense ad intervenire in aiuto dell’alleato di un tempo. Tanto è vero che, riferisce il quotidiano pakistano Dawn nel servizio dedicato al viaggio statunitense dell’esponente del governo di Islamabad,

Despite U.S. overtures of support in the wake of several terrorist incidents […] and deepest condolences to the families and loved ones of the victims, what they did not explain is the nature of United States-Pakistan cooperation, i.e., what could the two countries do together to defeat terrorism, other than issuing condemnations”.

A ben vedere la cautela al limite della freddezza con cui il Dipartimento di Stato americano ha accolto la richiesta di assistenza, perorata e sperata dal Ministro degli Esteri pakistano, non si spiega solo con il mai sopito rancore statunitense per il sospetto doppiogiochismo pakistano nella dolorosa vicenda afghana, bensì con due ben più pregnanti ragioni.

La prima attiene alla diversità tra Usa e Pakistan nella lettura e nelle priorità della lotta al terrorismo in quell’area dell’Asia meridionale. Basta leggere, al riguardo, quanto scrive un esperto di grande talento come Michael Kugelman, secondo il quale:

With U.S. forces out of Afghanistan, Washington does not have a strong strategic incentive to partner with Pakistan on counterterrorism issues [...]. IS-K was certainly a group that the U.S. has been trying to keep an eye on […] but the TTP issue is clearly a prominent concern for Pakistan […]. There is a bit of disconnect, a mismatch, between the U.S. and Pakistan on which terrorism threat constitutes the biggest concern. Obviously, for the U.S. it’s IS-K and what’s left of Al Qaeda, whereas for Pakistan, it's more TTP”.

La seconda, invece, concerne i seri, crescenti problemi posti all’America dal posizionamento geopolitico del Pakistan. In particolare per quanto riguarda, per ragioni opposte, l’India da un lato e la Cina dall’altro. La verità è che Islamabad, mentre non perde occasione per rinfocolare l’antica, feroce contrapposizione verso il governo di Delhi, che gli Usa giudicano vieppiù interessante sul piano economico ed affidabile su quello politico, non fa nulla per nascondere la sua stretta, deferenziale relazione con la Cina. Al punto tale che secondo un recente rapporto del Dipartimento della Difesa americano: “China not only ranks Pakistan as its only all-weather strategic partner, but also consider it as a location for PLA military logistics facility”.

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