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Il Sud-est asiatico cerca talenti immigrati

I Paesi dell'Asia Meridionale, a partire da Singapore, Tailandia e Malesia, hanno iniziato a competere per attrarre i migliori talenti immigrati. L'analisi di Guido Bolaffi

L’Asia meridionale, a partire da quella sud-orientale, ha deciso di partecipare alla “Talent War”, come anni addietro George Randle, Mike Sarraille e Josh Cotton avevano definito la crescente, spietata competizione tra nazioni per l’accaparramento dei migliori talenti immigrati.

Questa guerra oggi, differentemente dal passato, non è più condotta solo dalle nazioni più ricche del Pianeta, ma, grazie al loro importante balzo economico, anche da alcune di quelle fino a ieri relegate ai margini: Singapore, Tailandia e Malesia tra tutte.

Infatti, spiegava Tsubasa Suruga nell’articolo Asean stocks calm investors despite turmoil in other regions: “Southeast Asian stocks are giving investors some respite as regional economies reopen after the easing of COVID curbs, bucking a global downturn this year”.

E Cliff Venzon, commentando nel pezzo Emerging Asia growing faster than China for first time in 30 years gli importanti progressi economici dei paesi dell’ASEAN rilevati dall’ultimo Asian Development Outlook, aggiungeva: “Developing Asia as a whole is forecast to grow 4,3% in 2022 [...] Excluding China the region is projected to grow 5,3%, [...] Southeast Asia’s growth forecast for this year has been raised to 5,1% from 4,9%, and 5,0% expansion is projected for 2023”.

Dati che spiegano perché, scrivevano su NIKKEI Kentaro Iwamoto, Tsubasa Suruga e Apornrath Phoonohongphiphat "From Singapore to Thailand, Asia dangles visas to lure high-fliers". Una novità resa esplicita come meglio non si poteva dal Primo Ministro di Singapore Lee Hsien Loong: This is an age where talent makes all the difference to a nation’s success [...] We need to focus on attracting and retaining top talent in the same way we focus on attracting and retaining investments.

Infatti, secondo Jaya Dass, direttore operativo per la regione asiatica della società di collocamento Randstad, “Despite recession fears, many companies are backfilling from pandemic and hiring for new roles as part of their expansion plans [...] The evolution of business and digital transformation over the past two years have created a need for professionals armed with new skills. There is now greater focus on high-value jobs. Besides being digitally adept, employers are looking for talent who are agile, innovative and able to think critically”.

Se è vero che oggi è molto complicato per tutte le imprese del mondo reperire la manodopera di cui abbisognano, soprattutto quella ad alta qualificazione, è pur vero che questa difficoltà è di gran lunga maggiore per quelle dei paesi “emergenti” dell’Asia meridionale. Infatti, “A survey by MainpowerGroup found that 75% of about 40.000 globally reported challenges in hiring the employees they need [but] Companies in some Asian economies are struggling more than global average: 88% of Taiwanese employers reported such challenges, the highest among the 40 economies the survey covered. Singapore employers did not fare much better at 84%”.

Difficoltà che alcuni paesi, come ad esempio Singapore, hanno inizialmente sperato di superare varando programmi di drastica riqualificazione della forza lavoro nazionale: “Caught between a declining birthrate and rising anti-immigrant sentiment, Singapore has decided to retrain its own citizens for tech jobs that are expected to drive the country’s growth”. Programmi che però si sono dimostrati scarsamente efficienti e asincroni rispetto alla domanda di lavoro super qualificato di un’economia in rapidissimo decollo. Obbligando i governi ad aprire, dopo averle tenute sbarrate per decenni, le loro frontiere ai lavoratori stranieri e lanciando, attraverso gli immensi canali della moderna informazione, allettanti offerte di “tech visas to foreign talents”. Con il risultato che oggi, secondo un’inchiesta sull’argomento pubblicata da Nikkei ad inizio dello scorso ottobre, “From Thailand to Taiwan are heating up a competition to entice the best of the best and to fill hiring gaps with foreign people equipped to excel in today’s pandemic-altered workplace”.

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