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Il viaggio del Papa in Turchia, tra visione geopolitica e dialogo interreligioso

L’articolo di Giorgio Cella.

Un viaggio che arriva da lontano, quello del Pontefice XIV in Turchia, in quanto già programmato nella agenda 2025 dei viaggi apostolici di Papa Francesco, poi non più occorso a causa della sua dipartita nell’aprile scorso. Anche il Papa argentino, difatti, avrebbe voluto recarsi in terra turca in occasione del mille settecentesimo anniversario del Concilio di Nicea: fondamentale nonché primo concilio ecumenico che ha contribuito a consolidare l'unità dottrinale di un cristianesimo aurorale. Ciò non riduce in nessun modo l’importanza della scelta della Turchia come primo viaggio apostolico di Leone XIV, che ha ordunque voluto riprendere la meta prevista inizialmente dal suo predecessore, visitando, oltre alla capitale Ankara e alla storica Istanbul, anche la stessa Iznik, la antica Nicea.

I riflessi geopolitici nel viaggio apostolico: i punti di forza della Turchia e il dialogo multireligioso

La scelta del primo viaggio di Leone XIV è dunque ricaduta sul territorio dell’ex transcontinentale impero islamico ottomano fondato da Osman I alla fine del XIII secolo; l’attore statuale erede di quell’impero ha oggi un peso specifico preminente nella regione del Mediterraneo allargato, con una particolare rilevanza geopolitica in diversi quadranti geostrategici; cruciale per gli equilibri dell’area data la sua collocazione geografica che separa Europa e Asia e le conferisce lo storico controllo sugli Stretti e conseguentemente sulle rotte commerciali tra Oriente e Mediterraneo. La Turchia di Erdoğan è oggi la seconda forza militare della NATO e gode di una diplomazia efficace e di una proiezione estera di rilievo, con una forte dose di autonomia interna ai sistemi di alleanze, essendo storico membro dell’Alleanza Atlantica ma con una relazione particolare con Mosca e con il mondo BRICS. Tale posizionamento è stato plasmato tramite una efficiente miscela di diplomazia, forza militare (e relativa produzione di tecnologia bellica all’avanguardia come ad esempio i droni Bayraktar) e una proiezione estera panislamica e panturcica che conferisce ad Ankara uno status che le permette di influire sugli equilibri dello scacchiere globale: si ricordi a proposito il rilevante ruolo della Turchia nelle trattative diplomatiche tra Ucraina e Russia degli ultimi anni, una crisi ove la nuova Sublime Porta potrà plausibilmente giocare un ruolo anche nelle auspicate trattative per un negoziato finale, come lo potrà altresì avere nelle dimensioni securitarie e relative allo scenario post-bellico a Gaza.

La Turchia nell’ottica del dialogo multireligioso e di civiltà

Oltre alla promozione della pace e della convivenza multireligiosa, il Pontefice, con un ricevimento sontuoso da parte del presidente Recep Tayyip Erdoğan, ha altresì reso omaggio alla figura del Padre della Patria della Turchia moderna post-ottomana, Ataturk, riferimento massimo della convivenza religiosa e della struttura secolarizzata statuale e sociale. Una impostazione socio-culturale, quella di Ataturk, che nonostante gli impulsi più di matrice religiosa (islamica sunnita) e tradizionalista neo-ottomana (e nazionalista) presenti nella Turchia odierna del nuovo padre della patria, Erdoğan, continua a sussistere nella Turchia odierna. Oltre alla stessa sfarzosa e curata ospitalità riservata al Papa americano, un altro esempio plastico di questa visione multireligiosa, plurale, che accoglie oltre al portato islamico proprio dell’impero ottomano anche quello del passato cristiano bizantino, è la National Library della capitale turca, biblioteca che contiene i tesori della cultura sia ottomana che bizantina, e luogo dove il Pontefice ha tenuto il suo storico discorso d’esordio sulla scena internazionale, il primo al di fuori dei confini romani. In tale discorso, Leone XIV, davanti alle più alte autorità civili e religiose turche e al presidente Erdoğan, ha in un primo tempo ricordato la sacralità della terra turca per i cristiani, culla di grandi civiltà; rispetto a tale punto, conviene notare come il simbolismo cristiano e la protezione delle comunità cristiane sia un pilastro ideologico dell’amministrazione Trump, e come la protezione delle comunità minoritarie cristiane metta in buona luce agli occhi di Washington lo Stato in questione, in questo caso la Turchia. Da questa riflessione, si evince che la dimensione di Erdoğan quale protettore delle minoranze cristiane, in Turchia e nella regione, potrebbe in futuro rafforzarsi. Il Pontefice ha poi posto in un secondo tempo l’attenzione sulle drammatiche tensioni attuali in Medioriente, richiamando indirettamente la centralità di Ankara in Medioriente, con l’auspicio di una Turchia fattore di un futuro di pace e stabilità regionale. Sempre sul discorso della (in)stabilità regionale e globale, Leone XIV ha ripreso la notoria frase del suo predecessore Francesco circa la “guerra mondiale a pezzi”, spronando le grandi potenza a scongiurare tale tragica evenienza. Il Papa ha poi avuto colloqui privati con il presidente turco, incentrati sui due grandi archi di crisi odierni, Ucraina e Gaza: colloqui definiti produttivi dal leader turco. Spostandosi dalla capitale odierna Ankara a quella della passata realtà imperiale ottomana, Istanbul, Papa Leone XIV, ha visitato la splendida Moschea Sultan Ahmed, nota anche come Moschea Blu, ove ha ammirato le mirabili pareti e la cupola ricoperte dalle oltre 20.000 piastrelle di ceramiche turchesi. Lo ha fatto scalzo, nell’ottica del rispetto degli usi religiosi dei musulmani, ma ha declinato – differentemente dai suoi predecessori Francesco e Benedetto XVI – il discreto invito dell’Imam a unirsi alla preghiera. La Sala stampa vaticana ha in seguito precisato, azzerando qualsiasi eventuale strumentalizzazione o infima propaganda politica, che “il Papa ha vissuto la sua visita alla moschea in silenzio, in uno spirito di contemplazione e ascolto, con profondo rispetto per il luogo e per la fede di coloro che vi si riuniscono in preghiera”. Leone XIV ha poi reiterato il suo desiderio di unità, di uno spirito irenico che si leghi a quello di una fratellanza universale, sulla chiara scia impostata da Papa Francesco e, ancor prima di lui, dal primo grande fautore dell’arte del dialogo interreligioso, Giovanni Paolo II. Ricorda a tal riguardo lo storico corrispondente dalla Turchia di Radio Radicale, Mariano Giustino, come fu proprio Papa Francesco a determinare un cambio di passo decisivo nei rapporti tra mondo musulmano e cristiano - in specie dopo quello che taluni videro come uno strappo derivante dal discorso di Ratisbona di Benedetto XVI - frizione poi completamente risanata quando “il Vaticano e al-Azhar, la più autorevole istituzione sunnita, forgiarono un rapporto amichevole che culminò nella dichiarazione di Abu Dhabi incentrata sulla Fratellanza umana”[1].

Denominatore comune del viaggio di Leone XIV, reiterato nelle varie tappe in terra turca, oltre il principio della ricerca di unità - si rammenti il motto episcopale (di matrice agostiniana) dell’attuale pontefice: In Illo Uno Unum - è stato la ricerca della pace e stabilità, legata alla condanna dell’uso strumentale delle religioni per coprire e giustificare azioni di violenza terroristica o bellica. A tale riguardo, si ricordino le parole, in questo senso antesignane, di Monsignor Staglianò, Presidente della Pontificia Accademia Theologica del Vaticano il quale, nell’ormai lontano 2016, esortava la comunità globale a trovare “un’alleanza, tra cristiani, islamici e atei contro il mostro del nostro tempo: il terrorismo internazionale”[2].

Il Pontefice ha poi proseguito il suo iter con l’incontro privato con i capi delle Chiese e delle comunità cristiane alla Chiesa ortodossa siriaca di Mor Ephrem, nell’area occidentale di Istanbul: tale edificio religioso, inaugurato nel 2023, è la sola (e per ora unica) chiesa eretta in Turchia dal tempo della fondazione della Repubblica da parte di Ataturk. In questa occasione, Leone XIV ha esortato i fedeli cristiani di Turchia “a percorrere insieme il viaggio spirituale che conduce al Giubileo della Redenzione, nel 2033”. Il fatto che la chiesa siriaca di Mor Ephrem sia stato l’unico edificio religioso cristiano ad essere costruito nella storia repubblicana turca, è indice di una apertura alle varie confessioni non musulmane di Turchia da sviluppare: un’apertura che all’interno di questo nuovo corso verrà auspicabilmente rivista e potenziata. A ben vedere i rapporti tra lo Stato turco e le minoranze religiose furono regolati dal Trattato di Losanna del 1923, che venne tuttavia interpretato e sovente implementato dalle autorità del Paese, come tratteggiato in sintesi nel già citato articolo del corrispondente di Radio Radicale[3], con un’ottica restrittiva.

Il dialogo ecumenico: l’incontro con il Patriarca Bartolomeo I e l’impulso unitario con il mondo ortodosso

Altro evento di rilievo compiuto nella antica capitale del mondo bizantino, è stata la firma della dichiarazione congiunta con il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I di Costantinopoli. «Rifiutiamo qualsiasi uso della religione e del Nome di Dio per giustificare la violenza», si legge nel documento condiviso dal Pontefice e dal Patriarca, un incontro che segna altresì una continuità sinergica nei rapporti con il mondo ortodosso cristiano, nel progressivo superamento e ricucitura del Grande Scisma del 1054. Un passo avanti in questo cammino - un cammino anch’esso fortemente voluto e ricostruito dal papato di Francesco - con la firma di tale dichiarazione, nel quale il Vaticano conferma il riconoscimento, come già fatto da Papa Francesco, del capo ecumenico spirituale della Chiesa greco-ortodossa come primus inter pares nel mondo ortodosso, nella sua specifica preminenza spirituale e onorifica. Un traguardo concreto nella traiettoria di quell’unità dell’ecumene cristiana contenuta nel già citato motto scelto da Leone XIX tratto dal pensiero del Dottore della Grazia: In Illo Uno Unum.


[1] M. Giustino, Papa Leone e la "dichiarazione di unità ecumenica" con i greci ortodossi, Huffington Post

[2] Dialogo con l’Islam, i vescovi che tirano il freno, Il Quotidiano Nazionale, 2016, https://www.quotidiano.net/blo...

[3] Ibidem

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