Approfondimenti

La diplomazia di Trump e il ruolo della Bielorussia

L’incontro Kellog-Lukashenko e la liberazione di Tikhanovsky. L’analisi di Giorgio Cella

Tra le pochissime note positive che giungono dalle martoriate lande degli Slavi orientali, troviamo senza dubbio quella che riguarda la liberazione del detenuto politico bielorusso Sergei Tikhanovsky. Oltre ai ciclici scambi di prigionieri di guerra - l’unica fiamma di distensione rimasta sempre accesa in tre anni di guerra, l’ultima, frutto dei colloqui diplomatici tenutisi nella capitale turca, è avvenuta una settimana fa - la notizia principale in questo contesto riguarda la liberazione del blogger, attivista politico e figura apicale dell’opposizione al presidente bielorusso Lukashenko, al potere dal 1994. Proprio in Bielorussia, nella capitale Minsk - città che si conferma capitale di importanti eventi diplomatici dell’emisfero centro-orientale europeo, in un continuum sin dai tempi sovietici e financo nei secoli precedenti - il leader dell’opposizione è stato liberato dopo anni di detenzione, dopo che nel 2020 fu condannato a una pena di 18 anni di prigionia. Le accuse all’ex candidato dell’opposizione nel contesto delle controverse elezioni del 2020, riguardavano l’aver ostacolato il processo elettorale e l’organizzazione di rivolte e disordini di massa - le più imponenti rivolte popolari nella decennale storia della Bielorussia di Lukashenko -, elezioni in seguito vinte con la consueta schiacciante maggioranza dal presidente in carica. La natura di tali accuse va letta evidentemente in una chiave autoritaria di gestione del potere: nel 2020 Tikhanovsky aveva difatti intrapreso una traiettoria politica come candidato principale dell’opposizione al decennale potere di Aleksander Lukashenko, ora al suo settimo mandato consecutivo. In seguito alla condanna e alla detenzione, il testimone della lotta politica in Bielorussia passò nelle mani della moglie, Svetlana, divenuta poi il volto internazionale dell’opposizione bielorussa. Al fine di evitare l’arresto al tempo del turbolento contesto politico-elettorale del 2020, Svetlana Tikhanovskaya lasciò il Paese per raggiungere il Baltico, dove, come mostrato dai media internazionali, ha potuto rincontrare suo marito nella capitale lituana Vilnius.

Passando oltre le recenti cronache politiche bielorusse, è interessante osservare il retroscena diplomatico che si staglia sullo sfondo di tale evento. La liberazione è infatti occorsa dopo che, nei giorni precedenti, l’inviato speciale dell’amministrazione Trump per l’Ucraina, Keith Kellogg, ha tenuto colloqui diretti col presidente bielorusso e col suo entourage diplomatico nella capitale Minsk. Durante l’incontro, avvenuto in un clima visibilmente disteso e cordiale[1], le due delegazioni hanno toccato vari dossier di politica internazionale che concernono la Bielorussia, andando oltre il tema del conflitto russo-ucraino, affrontando ad esempio la questione dei rapporti di Minsk con Mosca, Pechino, Bruxelles e quella delle sanzioni. Ad ogni modo, il lavorio diplomatico statunitense ha evidentemente portato come primo immediato risultato a tale positivo epilogo riguardo la liberazione del leader dell’opposizione. Le dichiarazioni della portavoce di Lukashenko, Natalya Eismont, hanno poi confermato come tale sinergia sia stata espressamente voluta dal presidente statunitense. Da parte sua, la già citata moglie del dissidente liberato, ha infatti subito indirettamente confermato il ruolo dell’amministrazione Trump in questa circostanza, esprimendo la sua gratitudine in primis all’amministrazione statunitense, e poi a Bruxelles.

Se nel contesto mediorientale l’amministrazione Trump ha ottenuto alcuni successi - quantomeno di breve termine - riuscendo a imporre una tregua nella guerra tra Israele e Iran, rinominata dallo stesso presidente statunitense la guerra dei 12 giorni, è il complicatissimo contesto geopolitico e bellico della crisi russo-ucraina che si è rivelato essere quello di più difficile gestione e risoluzione: in tale quadro conflittuale il presidente statunitense non è difatti per ora riuscito a raccogliere risultati di rilievo, con una tregua che si allontana e un conflitto che procede senza sosta.

In conclusione, è dunque possibile leggere la liberazione dei detenuti politici - insieme a Tikhanovsky sono state liberate altre tredici persone, di varie nazionalità, compresa quella statunitense - come un primo frutto concreto dei tentativi negoziali aperti da Trump con il potere russo, in questo caso mediato dagli alleati bielorussi? La risposta è affermativa, sebbene per ottenere analoghi risultati nel campo della guerra in Ucraina ci vorrà ancora molto. Trump dovrà partire proprio dalla ricerca di un meccanismo per giungere a quella agognata tregua che, per ora, non si intravede negli orizzonti di una guerra protratta e dai destini tuttora oscuri.


[1] Eismont reveals details of six-hour talks between Lukashenko, Kellogg, Belta, https://eng.belta.by/president...

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