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La guerra russo-ucraina fa vacillare la Tunisia

Come gli effetti economici della crisi russo-ucraina potrebbero avere pesanti ricadute sui paesi del Nord Africa, a partire dalla Tunisia. Il punto di Alessandro Giuli

A due settimane dall’inizio del Ramadan (aprile), anche il Maghreb sembra destinato a pagare un considerevole prezzo economico-sociale per gli effetti della guerra russo-ucraina. In modo particolare la Tunisia, già afflitta da una crisi finanziaria durissima che s’incastona nel quadro di una perdurante instabilità politica dovuta alla torsione autoritaria del presidente Kaïs Saïed. Da qui ai prossimi appuntamenti elettorali di quest’anno (il referendum costituzionale a luglio e le presidenziali a dicembre 2022), il Paese sarà chiamato a realizzare diverse riforme alle quali è vincolato il prestito da 4 miliardi di dollari richiesto al Fondo monetario internazionale; ma presto dovrà fronteggiare un innalzamento dei prezzi sui beni di prima necessità causati da una prevedibile “sindrome da accaparramento”. In alcuni supermercati a nord di Tunisi sono irreperibili farina e semola, mentre le vendite di zucchero sono contingentate. Nel caso della semola la domanda è cresciuta del 700 per cento in pochi giorni, la farina per dolci ha triplicato il proprio prezzo (18 dinari per 10 kg). Al momento le istituzioni locali assicurano di avere immagazzinato riserve per tre mesi, oltre a continuare nella politica dei prezzi calmierati (per il pane il prezzo è fisso da circa 10 anni a 6 centesimi). Anche l’Ufficio algerino interprofessionale dei cereali (OAIC) mostra cauto ottimismo, assicurando che i vettori di grano continuano a trasportare grandi carichi verso il porto di Algeri.

Ciononostante, con i prezzi già in salita per via dell’innalzamento nel costo degli idrocarburi sui mercati internazionali, il quadro prefigurato dagli analisti non è incoraggiante. Lunedì scorso la banca centrale tunisina ha mantenuto invariato il tasso di interesse al 6,25 per cento, preannunciando che la guerra in Ucraina avrà forti ripercussioni sulle finanze pubbliche e aumenterà ulteriormente l'inflazione, che a gennaio si è attestata sul 6,7 per cento. “Questa situazione aggraverà il deficit di bilancio e le esigenze di finanziamento aggiuntive”, ha affermato l’Istituto in una nota, invitando le autorità a rafforzare la vigilanza e adottare un approccio proattivo per mitigare le ripercussioni della crisi russo-ucraina sull’attività economica nazionale e sugli equilibri complessivi del sistema nazionale.

Sulle basse previsioni di crescita incombe l’incognita dei costi d’acquisto del petrolio, stimato a 75 dollari al barile. Un mese fa, il ministero dell'Energia ha affermato che ogni aumento di un dollaro costerà allo Stato fino a 140 milioni di dinari (48 milioni di dollari), il che rende già periclitante un budget 2022 nel quale il deficit previsto oscillava intorno al 7 per cento. Le conseguenze avranno una ricaduta sensibile sui costi dell’energia elettrica, colpendo la competitività delle imprese minate dagli effetti della pandemia.

Di fronte a tale quadro, l’unità di crisi istituita dal governo sta esaminando le possibili opzioni per diversificare le fonti di approvvigionamento di cereali, il cui fornitore principale resta l’Ucraina. La Tunisia importa attualmente l’84 per cento di grano tenero e il 50% di grano duro e orzo. Malgrado la guerra alla speculazione dichiarata da Saïed con la minaccia di pesanti pene detentive, le stime dello IACE (Institut Arabe des Chefs d’Entreprises) prevedono un disavanzo aggiuntivo di circa 439 milioni di dollari sui 743 previsti nel budget. In assenza d’interventi tempestivi, la fiammata nei prezzi della filiera agricola rischia di toccare a breve il 20 per cento.

Un ulteriore motivo di allarme proviene dal settore del turismo. Il ministro competente, Mohamed Moez Belhassine, ha istituito un’altra unità di crisi per sostenere gli operatori di un settore piagato dal Covid e che fino al 2019 vedeva transitare annualmente in Tunisia quasi 650mila turisti russi e circa 30mila ucraini.

Al momento la popolazione reagisce con inquietudine e spaesamento, ma alla frenesia di acquisto dei beni di prima necessità si è aggiunta subito una nuova “denuncia dell’accaparramento del potere” praticato dal presidente Saïed, contro il quale hanno manifestato a Tunisi alcune migliaia di persone convocate da Abir Moussi, la leader del Partito Desturiano Libero nostalgico di Ben Ali.

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