Approfondimenti

La nuova Siria di Ahmad al-Shara’ e l’incontro con Trump a Riad

Tra discontinuità col passato e nuove complessità geopolitiche, come cambiano i nuovi scenari in Siria. L’analisi di Giorgio Cella

La traiettoria della Siria negli ultimi quindici anni, forse ancor più di altre nazioni del mondo arabo-islamico coinvolte dalle primavere arabe, ha rappresentato una cartina di tornasole per comprendere i rapporti di forza di quegli attori che, nei loro calcoli geopolitici, hanno sovente incluso il Medioriente e specificamente l'antichissima terra del Levante.

Il territorio della Siria ha infatti un passato della massima importanza storica e da sempre violentemente conteso: nei tempi antichi le civiltà eblaite e aramee, il dominio dei grandi regni assiri e babilonesi; poi romani, bizantini, arabo-islamici, crociati europei e poi ancora i turchi ottomani. Per non parlare del ruolo di Damasco come capitale storica e simbolo dell'apice della civiltà islamica, in quanto sede del califfato omayyade.

Dal 2011, all'interno del pericoloso vortice di instabilità creato dalle cosiddette primavere del mondo arabo, la Siria è entrata in una terrificante e sanguinaria guerra civile interna. Chi scrive può altresì condividere i ricordi di quei tempi, avendo vissuto in prima persona un'altra fase di grande instabilità, di poco precedente a quella siriana, ossia l'abbattimento del decennale potere del regime di Mubarak e il conseguente cambio di regime in Egitto. Nei concitati e difficili giorni passati all'aeroporto del Cairo nel tentativo di uscire dal Paese, rimangono i ricordi di chi scrive circa i festeggiamenti e il giubilo dei cittadini siriani all'arrivo dell'atteso volo che dal Cairo li avrebbe portati a Damasco, pensando di allontanarsi dai pericoli, dalle violenze, dalle proteste di massa e dall’insicurezza che in quei giorni infuriava nella capitale egiziana. Non potevano sapere tuttavia che di lì a poco, in un effetto domino epocale per il Vicino Oriente, invece di trovare pace e sicurezza, sarebbero incorsi in un autentico inferno in terra con l'inizio della guerra civile siriana.

Ed è proprio da quell'humus di movimenti armati islamisti che mossero guerra al regime di Bashar al Assad che emerse la figura ora centrale della nuova Siria: Aḥmad Ḥusayn al-Sharaʿ, noto col suo nome jihadista Abu Muhammad al-Jolani, dal nome della regione contesa tra Siria e Israele da cui proviene la famiglia al-Shara’. Il nuovo leader del Paese, infatti, nato nella capitale saudita ma di borghesi origini siriane, era al tempo della guerra civile siriana al comando del gruppo armato islamista Jabhat al-Nusra, al tempo alleato con Al-Qaeda. Dal gruppo terroristico di Obama Bin Laden divorzierà in seguito, consensualmente, nel 2016, divenendo in seguito il capo di un’altra organizzazione islamista armata, Hayʾat Taḥrīr al-Shām (Organizzazione per la liberazione della Grande Siria), identificata da Washington al tempo della guerra all’ISIS come una formazione terrorista islamista. Si rammenti come lo stesso Ahmad al-Sharaʿ, nel suo tempestoso passato, fu anche detenuto per cinque anni, dal 2005 al 2010, nella base militare statunitense di Camp Bucca ai tempi della guerra in Iraq.

A distanza di vent’anni da quegli eventi - passando di battaglia in battaglia, prima contro l'esercito arabo siriano, poi contro le unità dell'esercito russo in supporto al regime siriano - nessuno ha potuto prevedere che quell’ex guerrigliero sarebbe divenuto il capo di Stato dell’odierna Siria. Nella fulminea offensiva (sostenuta dalla Turchia di Erdogan) delle milizie guidate da Al-Shara’ contro il regime siriano, iniziata nel novembre del 2024 e terminata nel dicembre dell’anno corrente, si sono aperti scenari inediti e di forte discontinuità col passato, a partire dalle più immediate conseguenze; in primo luogo, l’abbattimento del regime siriano, la detronizzazione dello stesso Bashar al Assad e la sua fuga in Russia. Oltre a questi singoli eventi, la vittoriosa offensiva militare contro il regime degli Assad ha demolito quel meccanismo di sfere di influenza e controllo della Siria sul quale si erano accordati russi e turchi col cessate il fuoco del 2020, e anche la fine dell’influenza iraniana.

Il Paese, in seguito a questo storico rovesciamento del regime siriano a maggioranza alauita (di derivazione sciita) a fronte di una netta maggioranza sunnita, è stato oggetto di accelerati mutamenti geopolitici e delle sfere di influenza di potenze esterne. La vittoria militare di Hayʾat Taḥrīr al-Shām ha portato in primis a uno smacco per lo status di Mosca nel Vicino Oriente, a un notevole rafforzamento di Ankara e a una incrementata presenza israeliana nel Golan e nelle aree a sud di Damasco, sulle quali torneremo. Paradossalmente, l’ascesa politico-militare di Al-Shara è stata resa possibile anche dalle azioni belliche israeliane che hanno pesantemente indebolito la forza militare di Hizb’ Allah in Libano e del regime degli Ayatollah in Iran, impedendogli di intervenire a lato dell’alleato siriano dell’asse sciita. Con il destino incerto della base navale di Tartus e quella aerea di Hmeymim, Mosca ha conseguentemente aumentato gli sforzi per consolidare ulteriormente il peso della sua presenza in nord Africa, (Libia) e nel corno d’Africa (Sudan), portando a una incrementata competizione strategica nel Mediterraneo[1]. Rimanendo sul tema delle relazioni con Mosca, Al-Shara’ ha sinora mostrato un comportamento sostanzialmente pragmatico, affermando di volere financo ripristinare un dialogo con la Russia, al fine di costruirsi un consenso diplomatico che sia il più ampio possibile.

In questo orientamento pragmatico e improntato a una classica Realpolitik, un primo passo significativo è stato l’accordo attuato con le autorità curde (siglato con il comandante Mazloum Abdi delle Syrian Democratic Forces), al fine di portare a una pacificazione e normalizzazione con i curdi nel nord-est del Paese, alla fusione delle forze curde nell’esercito siriano e, soprattutto, al ritorno di quasi il 30% di territorio al confine tra Iraq e Turchia sotto il controllo centrale di Damasco. Tale soluzione diplomatica con i curdi di Siria, avrà del resto anche conseguenze sui rapporti che Ankara dovrà gestire con le comunità curde, sia interne alla Turchia che, più in generale, con le fazioni curde presenti in Medioriente. Le sfide e le problematiche per la nuova amministrazione siriana rimangono tuttavia molte: dalla reale tenuta unitaria statuale, al controllo e al contenimento delle fazioni islamiste, al rapporto con le minoranze del paese - si vedano le pesanti repressioni contro gli alawiti a Latakia e dintorni occorsi tra marzo e aprile per mano delle forze governative - così come sarà determinante anche la posizione che la nuova Siria saprà costruirsi in uno scenario regionale assai volatile e convulso. Difatti, da un punto di vista eminentemente geopolitico, un’altra criticità è la questione dei rapporti con Israele, nello specifico l’attività bellica che l’esercito israeliano sta incrementando nel sud del Paese: oltre alla annosa contesa delle alture del Golan, ora Israele è sempre più incline a crearsi una più vasta sfera di influenza in quella zona meridionale della Siria che viene giustificata, nella prospettiva di Israele, dalla difesa della comunità dei Drusi dalle fazioni islamiste.

Venendo in conclusione all’importante incontro diplomatico occorso il 14 maggio in Arabia Saudita ai margini dell’imperiale tour diplomatico di Trump nei Paesi del Golfo, Al-Shara’, sotto lo sguardo del potente principe saudita Muhammad Bin Salman - facilitatore di tale rilevante incontro - ha potuto consolidare la legittimità della sua figura politica tramite l’incontro diretto con il presidente americano, il primo vertice tra i presidenti di Stati Uniti e Siria degli ultimi venticinque anni. Una legittimazione che, oltre che da parte degli Stati Uniti, si è così confermata, implicitamente, anche da parte saudita. Oltre alle dichiarazioni - Trump ha definito Al-Shara’ "a young, attractive guy - tough guy, with a "strong past" - i frutti concreti dell’incontro sono emersi fin da subito, con la dichiarazione del presidente statunitense circa la cancellazione delle sanzioni statunitensi alla Siria, fatto fondamentale per la rinascita di un Paese da ricostruire, non solo sul piano istituzionale, statuale e geopolitico, ma anche e soprattutto su quello economico-finanziario. Implicitamente, tale legittimazione da parte statunitense, segna anche un cambio di policy di Washington riguardo il dossier siriano, marcando una nuova attenzione strategica verso la Siria; si rammenta che solo qualche mese fa, al tempo dell’avanzata delle truppe di Al-Shara’, Trump aveva dichiarato che gli Stati Uniti dovevano tenersi tassativamente fuori dagli affari interni in Siria. Considerando l’imprevedibilità del presidente statunitense, bisognerà vedere, nel tempo, se vi sarà un reale e coerente seguito a questo cambio. Sullo sfondo, più in generale, la difficile scommessa di Trump resta quella dell’implementazione di una roadmap verso la realizzazione degli Accordi di Abramo - resa sempre più ardua dalla sempre più deteriorata situazione umanitaria a Gaza - nei quali anche l’Arabia Saudita di Muhammad Bin Salman risulta centrale. Tout se tient, dunque, le interconnessioni si moltiplicano e gli interessi strategici dei vari attori si sovrappongono, convergono e divergono allo stesso tempo, in un quadro mediorientale preda di una inedita e rapida evoluzione, dove la Siria di Al-Shara’ potrà progressivamente giocare un ruolo non irrilevante.


[1] N. Gbadamosi, After Assad’s Fall, Russia Looks to Libya and Sudan, Foreign Policy, https://foreignpolicy.com/2025...

Notizie

“Syria Forward: Building Foundations to Address the Political, Security, Economic and Social Challenges” – il forum di Med-Or

L'evento è stato promosso da Med-Or Italian Foundation in collaborazione con il Global Institute for Strategic Research.

Leggi la notizia
Approfondimenti

L’Africa dei migranti interni. Un fenomeno multidirezionale

Il punto di vista di Ginevra Leganza su un fenomeno in costante crescita, in particolare nel continente africano

Leggi l'approfondimento
Approfondimenti

Il Canada sceglie il liberale Mark Carney come nuovo premier

Già alla guida della Banca Centrale canadese e della Bank of England, il neoeletto primo ministro dovrà gestire il nuovo corso delle relazioni con gli Stati Uniti. Il punto di Stefano Marroni

Leggi l'approfondimento