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L’High Level Dialogue European House – Ambrosetti di Bangkok conferma: l’ASEAN conta, anche per l’Italia

Resta complesso misurare la rilevanza politica dell’ASEAN, ma, durante il settimo High Level Dialogue on ASEAN-Italy Economic Relations promosso da The European House – Ambrosetti, emerge chiaramente l’impatto economico del gruppo. L’analisi di Guendalina Dainelli

Nelle ore in cui la comunità internazionale invoca uno stop all’escalation in Medio Oriente, anche la Regione ASEAN si unisce al coro di appelli. Gli osservatori, però, non hanno mancato di notare il ventaglio di sfumature emerse. Singapore, che ha rapporti diplomatici con Israele dal 1965, anno della sua indipendenza, e Filippine hanno offerto un robusto statement di condanna degli attacchi di Hamas. Non sono passati inosservati, invece, i tweet del ministero degli Affari esteri indonesiani che indica le “radici del conflitto, l’occupazione dei Territori palestinesi da Israele” e i toni ancor più decisi della Malesia, che parla di “flagrante ipocrisia” verso “con regimi che praticano apartheid e violano diritti umani”.

A differenza dell’Europa, organizzazione almeno parzialmente sovranazionale, con istituzioni come il Parlamento, un articolato apparato giudiziario e una moneta unica, l’ASEAN, sorta nel 1967, è definita un’organizzazione intergovernativa. Dal prodotto interno lordo nazionale e pro capite, al numero di abitanti, fino alle religioni e ai gruppi etnici rappresentati, l’ASEAN dimostra gradi diversi anche in tema di libertà democratiche, con alcuni significativi inasprimenti registrati negli ultimi anni. In Cambogia il leader Hin Sen annuncia di passare il potere esecutivo al figlio. La Thailandia vede il rocambolesco ritorno dell’ex primo ministro Shinawatra, in auto esilio dal 2006 quando fu deposto da un colpo di stato dell’esercito, con cui sembra aver trovato nuove intese. Quanto al Myanmar, il colpo di stato militare del 2021 accende un riflettore sul principio di non interferenza del gruppo, espresso in qualche modo anche dalla cultura indonesiana della musyawarah e del mufakat, consultazioni e consenso.

Eppure “L’ASEAN conta” (ASEAN matters), indicava il titolo dell’ultimo vertice del gruppo, svoltosi a Giakarta nel settembre scorso. Se è più difficile misurare quello politico, certamente l'impatto economico del gruppo è evidente, come emerso anche durante il settimo High Level Dialogue on ASEAN-Italy Economic Relations promosso da The European House - Ambrosetti, con il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Come dimostrano i dati riportati nell’occasione, l’insieme dei dieci paesi costituisce la terza potenza economica dell’Asia, dopo Cina ed India, con una popolazione complessiva di oltre 600 milioni e una crescita economica prevista circa al +7,8% quest'anno (+42% nel decennio 2013-2022).

Con focus su SDG, il meeting ha portato in primo piano il tema della collaborazione su cambiamento climatico, digitalizzazione e supply chain per settori strategici, evidenziando che anche l’Italia può fare la sua parte, già ad oggi 15esimo partner economico globale, con 24,4 miliardi di euro di scambio import & export nel 2022 e 6,6 miliardi di euro di investimenti diretti dall’Italia nel 2021.

All’evento ha partecipato anche l’Ambasciatore d’Italia a Singapore Dante Brandi, che ha commentato: “Dall’osservatorio di Singapore, l’High Level Dialogue organizzato ogni anno dalla European House – Ambrosetti e dall’Associazione Italia-ASEAN offre alle aziende italiane un’occasione unica di approfondire le opportunità di questa regione. La Città-Stato, per grado di sviluppo e di integrazione nei mercati globali, ne costituisce un hub naturale, come dimostra la presenza di molte aziende italiane che da qui operano sui mercati limitrofi e nell’intera area Asia-Pacifico. Le priorità di sviluppo e di collaborazione con partner internazionali, come quelle della sostenibilità e della digitalizzazione, sono certamente stabilite dal contesto globale, ma Singapore se ne rende interprete con un approccio strategico e di lungo periodo sia nella definizione delle proprie politiche nazionali, che di contributo alle aspirazioni multilateralistiche dell’ASEAN”.

Sono tante le aziende italiane che guardano all’ASEAN con comprensibile interesse. L’accesso esponenziale alla vita capitalistica di una popolazione giovane rende, ad esempio, il settore del primary care estremamente appetibile per le nostre aziende farmaceutiche. E i documenti che emergono dalla riunione di Giakarta descrivono l’abilità nell’allacciare rapporti internazionali à la carte per grandi progetti infrastrutturali e innovativi che interessano i diversi paesi. Come quello da 92 milioni di dollari per un’infrastruttura elettrica che coinvolge la Francia con la governativa Electricite du Cambodge. L'emiratina Masdar è impegnata in Indonesia per il più grande impianto solare galleggiante del Sud-Est asiatico. Il Vietnam lavora al progetto Bac Ai Pumped Storage Hydropower con la Banca europea per gli investimenti (BEI), che dal 1997 ha sostenuto sette diversi progetti nel paese.

L'ASEAN ha sei free trade agreement con paesi esterni al gruppo e nel 2022 è entrato in funzione anche il Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP) che coinvolge Australia, Brunei Darussalam, Cambogia, Cina, Giappone, Laos, Nuova Zelanda, Singapore, Thailandia e Vietnam, la più grande zona di libero scambio al mondo. Dopo il ritiro americano dal CPTPP nel 2017, l’Indo-Pacific Economic Framework for Prosperity (IPEF) siglato l’anno scorso con gli USA non è un accordo che consenta di negoziare tariffe, ma il rapporto con l’America rimane solido soprattutto nel settore della difesa.

Certo le provocazioni sulle acque meridionali della Cina, principale partner commerciale dell’ASEAN, metteno a a dura prova il Code of conduct (COC), soprattutto per i paesi più esposti agli stress test cinesi, Vietnam, Malesia, Brunei e soprattutto Filippine. Ma proprio in questi giorni il diplomatico di Singapore Bilahari Kausikan è tornato ad offrire una lettura del quadro attraverso la lente della Città-Stato, forse interlocutore privilegiato per grado di sviluppo economico e istituzionale.

Diversamente dalla rivalità tra Usa e Unione Sovietica, Kausikan ritiene che quella tra Stati Uniti e Cina non deve essere considerata una guerra fredda che oppone blocchi rivali. Pechino e Washington operano nello stesso mondo globalizzato, interconnesso e interdipendente. La vulnerabilità dei paesi ASEAN non consente loro di confondere i piani storici e rimanere intrappolati in uno schema binario. Un aneddoto in particolare esprime la sua tesi. Durante la presentazione del suo ultimo libro, “Singapore is Still Not an Island” (appena pubblicato a sei anni da “Singapore is not an Island”) qualcuno tra il pubblico l’ha sollecitato a indicare da che parte stesse in caso di un’escalation tra le due potenze. Kausikan non ha avuto dubbi: “Dalla parte di Singapore.”

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