Mauritania

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Mauritania: report di marzo 2024

Il governo di transizione del Niger ha annunciato il ritiro del contingente americano dal proprio territorio. L’esecutivo al potere a Niamey ha dichiarato che gli accordi militari con gli Stati Uniti sono sospesi, a seguito di una settimana di intensi incontri diplomatici tra le autorità dei due paesi con la visita della delegazione guidata dall’assistente segretario di Stato, Molly Phee. Nel comunicato che annuncia la sospensione degli accordi, la giunta di Niamey denuncia una mancata osservanza dei protocolli diplomatici da parte della delegazione americana e l’ostruzionismo da parte di Washington rispetto alla volontà del Niger di scegliere liberamente i propri partners internazionali – un chiaro riferimento all’avvicinamento di Niamey alla Russia. Nonostante l’annuncio, fonti di Washington riferiscono come il dialogo con il governo di transizione stia però proseguendo. Fatto confermato anche dall’assistente segretario alla Difesa, Celeste Wallander, nel corso di un’audizione al Congresso in merito alla presenza americana in Niger. Wallander ha, inoltre, dichiarato che al Dipartimento alla Difesa non è pervenuta nessuna richiesta formale di ritiro.

Si aggrava la crisi securitaria in Burkina Faso. Sono 170 i morti registrati in seguito agli attacchi nei villaggi di Komsilga, Nodin e Soroe, nella regione dello Yatenga. Le autorità locali riferiscono anche di importanti danni alle infrastrutture civili, ma non hanno fornito ulteriori in merito agli autori degli attacchi. In questo contesto il capo di stato maggiore, Célestin Simporté, ha dichiarato come tutti i segnali lascino presagire un possibile aumento delle violenze armate e in particolare di attacchi kamikaze, invitando la popolazione a restare vigile e a collaborare con le autorità e le forze di sicurezza. Nel frattempo, ha aperto nel paese la prima base degli Africa Corps, gli eredi del Wagner Group russo. Fonti locali confermano l’apertura dell’installazione militare a Loumbila, a 20 chilometri dalla capitale Ouagadougou, con i lavori di ampliamento di una caserma dell’esercito burkinabé che sarebbero iniziati a dicembre 2023. Il governo di transizione per il momento non conferma le indiscrezioni trapelate, ma l’installazione degli Africa Corps nel paese sarebbe in linea con il recente avvicinamento tra il paese saheliano e Mosca. Nel frattempo, l’aggravamento della crisi è confermato dai dati. Secondo le rilevazioni diffuse dall’Institute for Economics and Peace, all’interno del Global Terrorism Index, il paese è quello che ha registrato il maggior numeri di morti in attacchi terroristici per il secondo anno di fila (1,907). Il governo di Ouagadougou informa anche della contrazione della produzione d’oro nel paese, crollata dell’11,7% nel corso del 2023, per un totale di 57,3 tonnellate totali. Il Ministero delle Miniere incolpa l’aggravamento della crisi securitaria per la contrazione dell’offerta, su cui tuttavia pesa anche la gestione delle licenze da parte dell’esecutivo, che ha portato alla chiusura di almeno sei imprese attive nel settore minerario. Infine, in ambito umanitario, sarebbero 500.000 le persone bisognose di assistenza umanitaria che non riescono ad essere raggiunti dagli aiuti a causa dei blocchi implementati dai gruppi armati nel paese, secondo i dati diffusi dal Forum delle ONG internazionali.

Prove di disgelo nelle relazioni tra USA e Mali. Il ministro degli Esteri, Abdoulaye Diop, ha ricevuto una visita di alti ufficiali americani guidata dalla direttrice per il Sahel del National Security Council, Aditi Vira. Le due delegazioni hanno discusso del processo di transizione in corso in Mali così come della crisi securitaria nella regione, in un incontro definito da Diop come “un passo nella giusta direzione”. Il disgelo con Washington, tuttavia, non intacca l’alleanza tra Bamako e Mosca, con quest’ultima che ha promesso di consegnare all’aeronautica maliana 15 nuovi elicotteri da combattimento a seguito di un incontro tra i rispettivi ministri degli Esteri. In questo contesto non si placano le polemiche interne al governo di transizione in merito alla crisi energetica che sta colpendo il paese. Il primo ministro, Choguel Maïga, ha respinto tutte le critiche in merito alla gestione della crisi, sottolineando come la politica di approvvigionamento faccia parte delle competenze del presidente della Transizione e che quindi l’esecutivo non vada ritenuto responsabile per i blackout che colpiscono il paese. Il governo risponde alle critiche con un nuovo giro di vite sul dissenso. Il principale sindacato studentesco del paese, lo AEEM, è stato sciolto con l’accusa di aver perpetrato violenze e devastazioni. Nel comunicato che annuncia lo scioglimento dell’organizzazione, il governo fa riferimento ad alcuni scontri dello scorso 28 febbraio tra opposte fazioni all’interno del gruppo, che avrebbero portato alla morte di uno studente. Successivamente, la giunta ha anche bandito la “Coordinazione delle Associazioni e dei Movimenti simpatizzanti dell’Imam Dicko”, coalizione dei sostenitori della più nota guida religiosa del paese, emerso come una delle principali figure di opposizione alla giunta.

Nuove turbolenze riguardo alla transizione in Ciad. Lo storico leader dell’opposizione, Yaya Dillo, capo del Partito Socialista Senza Frontiere, è stato ucciso dalle forze di sicurezza ciadiane durante alcuni scontri occorsi nella capitale. Secondo quanto dichiarato dalle autorità locali, Dillo avrebbe comandato l’attacco al quartier generale dei servizi segreti ciadiani e per questo motivo la sede centrale del suo partito sarebbe stata circondata dall’esercito. L’assedio è quindi culminato nell’uccisione del leader politico. La morte di Dillo appesantisce il clima politico intorno al processo di transizione, che dovrebbe culminare nelle elezioni presidenziali del prossimo maggio. Nelle ore successive alla notizia della morte di Dillo, il presidente del governo di transizione, Mahamat Déby, ha sciolto la riserva e dichiarato che correrà come candidato per la coalizione “Per un Ciad Unito”. La settimana successiva, anche il primo ministro Succés Masra ha lanciato la propria candidatura alle presidenziali per “curare i cuori e unire il popolo”. Masra ha risposto ai suoi critici, che hanno definito la sua candidatura come “di facciata”. Nel suo intervento il premier ha rivendicato l’accordo con il presidente Déby come un’ulteriore prova della volontà de Les Transformateurs di cambiare il Ciad senza cercare nessuna vendetta. Masra ha anche annunciato il lancio di un’inchiesta “di livello internazionale” per “chiarire le responsabilità a tutti i livelli” in merito ai fatti di N’Djamena.

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