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Il viaggio di Biden in Europa e la sfida della competizione indo-pacifica

Una riflessione di Guido Bolaffi sul viaggio di Joe Biden in Europa, dal G7 al vertice di Ginevra con Putin

Sul significato del viaggio europeo del Presidente americano Biden si è detto molto. Ma si è taciuto su un aspetto politico, anzi geopolitico, di fondamentale rilevanza. Infatti, come spiegava sul Financial Times dello scorso fine settimana il lungo ed argomentato pezzo di Edward Luce, che di queste cose s’intende come pochi, “the larger purpose behind Biden’s trip – which began with the G7 gathering in Cornwall and wrapped up with Vladimir Putin in Geneva – had more to do with the Indo-Pacific than Atlantic …His overriding preoccupation is China… Biden’s much-hyped Summit of Democracy, which received rote citation from G7 has been put off until next year…By contrast, the China challenge appeared three times in the G7 communiqué and was for the first time cited by Nato, an alliance supposedly about defending the North Atlantic”.

Un tema che, invece, Bruxelles ed i governanti europei hanno voluto o fatto finta di ignorare. Dando invece massimo ed esclusivo rilievo alla pur importante ripresa del dialogo, tra gli storici alleati delle due sponde dell’Atlantico. Per loro, notava con un pizzico di perfidia Jeremy Shapiro, direttore del European Council of Foreign Relations: “Biden’s language and tone was everything Europeans wished for”.

La verità è che nel momento stesso in cui America ed Europa, riavvolgendo il filo della Storia, tornano a parlare di un’amicizia rock solid e della sicurezza come di una sacred obligation, confermano, purtroppo, di avere sensibilità e visioni geopolitiche tra loro distanti. Perché, spiega con anglosassone chiarezza Robin Niblett, direttore del think-thank londinese Chatham House: “Biden’s basic message to his European friends was: don’t worry guys, I’ve got your back. Now let me go and do my real business in the Indo-Pacific”.

Per l’Europa, all’opposto di come a suo tempo Marco Bellocchio titolò uno dei suoi grandi film, la Cina è lontana. Mentre è vicina, oggi più che mai, per l’America. Tanto è vero che la Casa Bianca, anche se cambia inquilino, non cambia, se non nella forma, la sua strategia per fronteggiarne e contenerne il montante potere. Basta leggere, al riguardo, l’articolo pubblicato lo scorso 24 maggio da The Reality of Aid Network: “The revival of the Pivot to Asia strategy by the Biden administration signals the resurgence of the United States’ influence on the Asia Pacific region and its readiness to face the Chinese threat with plans for an intensified military and economic presence to forward US interests…The Pivot to China strategy was originally conceptualized by the Obama administration...Trump’s policy for the region, as detailed in the Indo-Pacific Strategy, essentially shares the same goals of Obama’s Pivot to Asia, in terms of containing China’s influence through intensified US military assistance, and the promotion of private sector-led development in the region…While the US never abandoned its Pivot to Asia strategy, President Biden effectively declared its revival with the appointment of Kurt Campbell, the former Assistant Secretary of State for East Asian and Pacific Affairs under Obama, to be his Senior Official for Asia”. Ma non basta.

Perché c’è anche un altro “passaggio” della trasferta transatlantica di Biden che conferma la sua attenzione strategica per l’area dell’Oriente indo-pacifico: l’incontro a Ginevra con Vladimir Putin. Un tête-à-tête da lui cercato e voluto non, come invece malignamente sussurrato a Washington dai suoi avversari, in vista di un possibile ma pericoloso appeasement con Mosca. Ma con l’obbiettivo di offrire una sponda “dialogante” alla Russia per consentirle di sottrarsi alla crescente egemonia della Cina. Ed evitare al gigante russo di legarsi, come si dice, mani e piedi ai voleri di Pechino. Una strategia che Fiona Hill, l’ex consigliere per la Russia dell’amministrazione Trump, ha splendidamente riassunto con queste parole: “The more Biden treats Russia with respect, which is what Putin craves, the easier it will be for him to loosen Russia from China’s embrace”.

Prima di concludere vale forse la pena notare che la mossa di Biden ricalca, alla rovescia, quella genialmente ordita anni addietro da Henry Kissinger. Il famoso Consigliere per la Sicurezza di Richard Nixon. Che nei primi anni ’70 del secolo scorso avviò, prendendo in contropiede le cancellerie del Pianeta, un positivo e fruttuoso dialogo tra l’amministrazione statunitense e quella cinese. Al punto che sfruttando le divergenze in atto tra i comunisti di Pechino e quelli della allora super potente Mosca, convinse il governo di Mao ad uscire dalla sfera di influenza sovietica.

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