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Le elezioni parlamentari in Iraq

L’11 novembre 2025 i cittadini iracheni sono tornati al voto per eleggere il nuovo Parlamento federale dando il via ad una complessa ed articolata fase che culminerà nell’avvio di una nuova legislatura e nella nomina delle principali cariche dello stato

L’11 novembre 2025 si sono svolte in Iraq le elezioni generali per il rinnovo del Consiglio dei Rappresentanti (il Parlamento federale iracheno) giunto ormai al termine della sua quinta legislatura, avviata nell’ottobre 2021. Il voto si colloca a distanza di due decenni dalle prime elezioni multipartitiche organizzate dopo la caduta di Saddam Hussein e si è tenuto nei tempi stabiliti dalla Iraqi Independent High Electoral Commission (IHEC), che richiede l’avvio del processo elettorale con almeno 45 giorni di anticipo sulla scadenza del mandato, fissata per gennaio 2026. La tornata rappresenta, inoltre, un momento politicamente sensibile per un paese ancora alle prese con rilevanti fragilità politiche, istituzionali e sociali.

Seguendo quanto stabilito dal sistema elettorale proporzionale vigente – oggetto anche di alcune revisioni nel 2023 –, le elezioni si sono svolte con un meccanismo di voto che tiene conto dell’eterogeneità etnico-religiosa dell’Iraq suddiviso principalmente tra sciiti, sunniti e curdi. Dei 329 seggi disponibili, ripartiti in diciotto circoscrizioni elettorali cui corrispondono a livello amministrativo altrettante province, nove sono destinati ai rappresentanti delle minoranze nazionali – cristiani (5), turcomanni (1), shabak (1), curdi fayili (1) e yezidi (1) – mentre il 25% è riservato alle donne. [1]

Terminato lo scrutinio, si apre una procedura costituzionale complessa che idealmente dovrebbe concludersi in circa quattro mesi, anche se, come dimostrato nel 2021, può protrarsi oltre l’anno. Secondo tali previsioni normative, che integrano anche prassi ed interpretazioni consolidate nel tempo, dopo la ratifica dei risultati da parte della Corte Suprema federale, il Consiglio dovrebbe eleggere in prima seduta il proprio speaker insieme ai due vicepresidenti. Successivamente, entro trenta giorni è prevista la nomina del presidente ed in seguito quella del primo ministro scelto dalla coalizione parlamentare maggioritaria – a tal riguardo è opportuno segnalare come tale formazione non corrisponda nella maggior parte dei casi ai vincitori delle elezioni, ma sia il risultato di complesse negoziazioni in aula. Il primo ministro incaricato dovrà poi presentare al Parlamento la propria formazione di governo per la fiducia (individuale) che una volta ottenuta permette al governo di entrare formalmente in carica. [2]

Da notare, inoltre, alcune forme di bilanciamento previste sia dalla Costituzione del 2005 che dagli usi e dalle consuetudini interne, come l’assegnazione dei poteri su base etnico-settaria – la cosiddetta muhasasa ta’ifiyya – che assegna informalmente ai curdi la presidenza, ai sunniti la direzione del Parlamento e agli sciiti quella del governo. Si tratta, più in generale, di meccanismi, concepiti per promuovere inclusione ed evitare situazioni di blocco istituzionale, che tuttavia si scontrano con una partecipazione elettorale spesso bassa, con frequenti divergenze tra le principali forze politiche e con logiche consociative di tipo prettamente notabilare. Ne deriva un processo negoziale lungo e complesso che porta alla formazione di coalizioni eterogenee e fragili, con ricadute sulla stabilità e sull’efficacia dell’azione di governo.

I dati della tornata elettorale di novembre 2025 hanno registrato un’affluenza media del 56% – in crescita rispetto alle precedenti elezioni del 2021 quando si raggiunse il minimo storico del 41% –, nonostante gli inviti, rivolti, anche in questa occasione, al boicottaggio da parte di alcune fazioni politiche come quella del leader sciita Moqtada Sadr.

Per quel che concerne i risultati finali, pubblicati nei giorni successivi dall’IHEC di Baghdad, la coalizione del premier uscente Mohammed Shia al-Sudani “Reconstruction and Development” si è affermata al primo posto con 46 seggi, seguita dal partito sciita “State of Law” (29 seggi), dal partito sunnita “Taqaddum” (27 seggi) e dai due partiti curdi “Kurdistan Democratic Party” (26 seggi) e “Patriotic Union of Kurdistan” (15 seggi)[3]. Complessivamente è comunque il grande blocco sciita filoiraniano del Coordination Framework (CF) che, raccogliendo sotto di sé diversi partiti (come il già citato “State of Law”), controllerebbe la maggioranza (non assoluta) dei seggi del parlamento (116).

Già nel 2021 il primo ministro in carica, Mohammed Shia al-Sudani, si impose, dopo mesi di negoziazioni, principalmente grazie al sostegno del già citato Coordination Framework. Anche in questo caso, considerato come nessuna delle liste candidate abbia ottenuto la maggioranza assoluta, si ricorrerà a forme di alleanza simili per poter governare. Determinante sarà, infatti, la capacità di tutti gli attori in campo di formare vaste coalizioni in grado di assicurarsi la maggioranza necessaria per governare.

In questo senso sarà da vedere soprattutto l’orientamento del Coordination Framework, che pur rimanendo la principale coalizione parlamentare, necessiterà di ulteriori alleanze (come già avvenuto nel 2021), così come la possibilità che si formino eventuali coalizioni alternative. In questo caso, più remoto, sarebbe necessario però non solo ridimensionare il ruolo quasi egemone del CF sulla politica nazionale ma anche individuare nuovi e complessi equilibri interni. Tutto questo influirà poi sulla posizione del premier in carica che sembrerebbe oscillare tra una possibile riconferma e l’estromissione dal futuro governo.

In conclusione, le elezioni di novembre 2025 rappresentano un passaggio significativo nel percorso di stabilizzazione dell’Iraq. Tuttavia, come visto, il voto rappresenta solo l’inizio di un più complesso processo negoziale, fortemente condizionato da dinamiche interne e pressioni esterne. A tal riguardo, sarà importante capire anche il ruolo dell’Iran, attore particolarmente influente nel processo politico iracheno sin dal 2003, per il quale – soprattutto nell’attuale fase di difficoltà nella regione – mantenere un saldo radicamento nel paese rappresenta un obiettivo strategico.

In questo contesto sarà dunque l’esito delle trattative per la formazione del nuovo governo a delineare con maggiore chiarezza la direzione che assumerà l’Iraq nei prossimi anni.


[1] https://www.chathamhouse.org/2...

[2] Ibidem

[3] https://www.reuters.com/world/...

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