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L’Italia al fianco del Libano

Nella drammatica situazione socioeconomica in cui versa il Libano, il supporto italiano può essere rilevante per la ripresa del Paese e per la stabilità nella regione. Il punto di Daniele Ruvinetti

La visita di inizio febbraio del ministro della Difesa Lorenzo Guerini a Beirut segna la continuità dell’impegno italiano al fianco delle istituzioni libanesi, a cominciare dalle Forze armate.

L’Italia ha consegnato due autobus da venti posti ciascuno, un battello pneumatico e un’autocisterna alla Difesa del Libano, nel corso di una solenne cerimonia che ha visto la partecipazione di ospiti di primo livello, tra cui il generale Ziad Nasr in rappresentanza delle LAF (Lebanese armed forces), Nicoletta Bombardiere, l’ambasciatrice italiana in Libano, e il generale Francesco Figliuolo, comandante del Comando operativo di vertice interforze (COVI).

Entro la fine dell’anno altre donazioni di mezzi italiani arriveranno a Beirut a sottolineare il profondo legame esistente tra Italia e Libano, e come “chiara testimonianza del nostro impegno per la pace e la stabilità di tutta la regione”, ha sottolineato il ministro Guerini.

Il tema è vasto: il Libano è posto sulla sponda levantina del Mediterraneo e traccia il perimetro di una delle dimensioni di interesse geostrategico di Roma. Il paese è in una condizione di indubbia difficoltà — economica, istituzionale, sociale —; una crisi sistemica che apre a scenari preoccupanti.

La penetrazione di interessi esterni, anche malevoli, potrebbe portare a un’ulteriore destabilizzazione e quindi innescare contraccolpi di carattere regionale che esploderebbero in tutto il Mediterraneo Allargato, toccando chiaramente il Medio Oriente e il Nord Africa. Le Forze Armate sono un gancio di tenuta per il Paese. Per tale ragione le LAF sono protagoniste di uno sforzo di assistenza internazionale avviato a giugno dello scorso anno nel corso di una videoconferenza internazionale che ha visto coinvolti venti Paesi oltre alle Nazioni Unite e l’Unione Europea. Conferenza co-presieduta dal ministro Guerini e dalla sua omologa francese, Florence Parly. Ruolo che testimonia come l’Italia e la Francia siano riconosciute, accettate e percepite da Beirut come interlocutori centrali.

Il dialogo e la cooperazione sul piano militare vanno al di là di questioni di carattere tecnico, ma, come spesso accade, innescano dinamiche diplomatiche che potrebbero essere utili anche per creare una dimensione interna in grado di dare una svolta all’incerto processo politico (non a caso, forse, il governo libanese si è riunito per la prima volta da ottobre dell’anno scorso nei giorni precedenti alla cerimonia in cui i vertici della Difesa italiana sono stati protagonisti).

Il ruolo italiano in Libano è peraltro riconosciuto in aree estremamente sensibili del Paese, come quelle del sud, dove il contingente di peacekeeping delle Nazioni Unite “UNIFIL” è guidato dal generale Stefano Del Col. La missione è delicatissima, perché la zona di contatto tra Israele e Libano è un’area molto calda dal punto di vista geopolitico, dove interessi di carattere energetico sui reservoir del Mediterraneo orientale si sommano alla guerra tra lo Stato ebraico e Hezbollah che dal 2006 non è ancora tecnicamente pacificata.

Se i mezzi donati da Roma sono “un segno tangibile della vicinanza dell’Italia e della Difesa italiana al Libano, al suo popolo e alle sue Forze Armate”, come detto da Guerini, altrettanto lo sono il contributo di capacità tattiche e di supporto alla popolazione che vengono unanimemente riconosciute ai Caschi Blu italiani. Il cui valore è stato certamente determinante nell’evitare che la crisi del Paese (le proteste del 2019, la devastante esplosione del porto nel 2020 e tutto ciò che ha rappresentato, il default tecnico del 2021) sfociasse in scontri armati.

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